di Sonia Ricci
“Il tempo è il vero segreto di Stato in Italia. Più passa e più le verità si annacquano, più spariscono, più diventano impotenti e meno sono capaci di incidere in un processo democratico di un Paese. Il tempo è il vero segreto che si vuole imporre”.
Manlio Milani, presidente dell’associazione dei caduti di piazza della Loggia, in conferenza stampa alla Camera con gli altri rappresentanti dei familiari delle vittime delle stragi italiane, commenta, a due anni di distanza dalla sua approvazione, l’attuazione della cosiddetta “direttiva Renzi“, ovvero il provvedimento che ha disposto la declassificazione della documentazione relativa alle stragi degli anni ’60, ’70 e ’80.
Secondo i rappresentanti delle associazioni l’invio dei documenti da parte delle amministrazioni statali coinvolte mostra delle “importanti criticità“.
La direttiva Renzi “viene boicottata dalle amministrazioni“, ha detto Paolo Bolognesi, deputato Pd e rappresentante delle famiglie delle vittime della strage di Bologna. “La presidenza del Consiglio si dia una mossa se vuole farla funzionare e i ministeri che fanno i furbi la smettano altrimenti si sappia che qui la faccia la perde Renzi”.
Anche “il metodo tecnico di ‘versamento’ dei documenti nell’Archivio di Stato sembra fatto apposta per boicottare la direttiva”. Il versamento “è caotico e disorganico”. Oltre a Milani e Bolognesi hanno partecipato all’incontro Ilaria Moroni, responsabile della Rete degli archivi per non dimenticare, e Daria Bonfietti, presidente dell’associazione parenti delle vittime della strage di Ustica.
“Siamo stati costretti a fare una conferenza pubblica – ha spiegato Bolognesi – perché nonostante i nostri richiesta di incontro alla presidenza del Consiglio e al sottosegretario, Claudio De Vincenti, non abbiamo avuto nessuna risposta. Rendiamo pubbliche le nostre dimostranze per spiegare i problemi che ci sono dietro al versamento degli atti all’Archio generale dello Stato”.
Non è stata applicata “letteralmente” la direttiva, che prevedeva – ha spiegato Bolognesi – la creazione di una commissione per coordinare il versamento dei vari enti e ministeri che hanno prodotto documenti. “Questa commissione non è stata fatta”, ha detto il deputato Pd.
Come non è stata fatta la relazione periodica sullo stato dell’attuazone della direttiva del 2014. Il provvedimento – ha spiegato Moroni intervenendo in conferenza stampa – “è nata da una lunga battaglia condotta dalle associazioni per la consultazione della documentazione e la ricerca storica” sugli eventi. Ma la direttiva non ha risposto alle domande delle associazioni.
Tra le criticità, secondo Moroni, la mancata omogeneità della documentazione (molti atti sono stati “estrapolati” dai propri contesti) e la mancata informazione sul numero degli atti possedutai dalle amministrazioni statali che hanno l’obbligo di inviare all’Archivio centrale.
“Non abbiamo nessun indice”, ha continuato la responsabile degli archivi della memoria. “E non sapendo quanti sono non possiamo nemmeno chiedere al ministero dell’Interno cosa declassficare”.
Non solo, Moroni ha poi sottolineato, oltre alla frammentarietà della documentazione, che anche la consultazione degli stessi risulta critica. “Molti documenti sono dei file pdf che contengono immagini. Un file che ho consultato aveva al suo interno 800 pagine di immagini di documenti, impossibile consultarlo ho poter fare una ricerca all’interno“.
Inoltre, come detto, “i documenti sono stati estrapolati dal contesto, mancano dei buchi enormi di documentazione. In questo modo – ha concluso Moroni – certe storie non potrsanno mai essere ricostruite”.
Milani intevenendo ha invece ricordato che l’Archivio centrale due mesi fa ha presentato un progetto “che prevede che entro un anno può provvedere alla digitalizzazione, il coordinamento complessivo e lettura trasversale dei vari documenti”, ma necessità “di un finanziamento”.
Una delle ragioni “dell’incontro che abbiamo richiesto” al premier Renzi “è anche questo, siamo delusi della mancata risposta“. “Ci aspettavamo qualcosa di più da questa direttiva”, ha detto Bonfietti.
“Quando nel 2014 è stata emanata ci era piaciuta, ci era piaciuto il tono e il linguaggio utilizzato. L’avevamo interpretata come una voglia di trasparenza sugli eventi stragistici del nostro Paese. Ma abbiamo trovato, non so se per scelta o per disinformazione, nessun tipo di orgine. Il versamento dei documenti ha mostrato tutte le sue criticità”. (Public Policy)
19 febbraio 2016
@ricci_sonia