Foto Piero Cruciatti / LaPresse 23-12-2015 Milano, Italia Incontro di Giuseppe Sala, candidato Sindaco di Milano al Teatro Franco Parenti di Milan Nella foto: Giuseppe Sala Photo Piero Cruciatti / LaPresse 23-12-2015 Milan, Italy Meeting with Giuseppe Sala In the Photo: Giuseppe Sala
di Gianni Barbacetto e Gaia Scacciavillani
Per la prima volta un documento ufficiale di Expo spa certifica che il bilancio dell’esposizione è in perdita, smentendo Giuseppe Sala, commissario Expo e ora candidato sindaco di Milano per il centrosinistra. Il buco 2015 è di 32,6 milioni (30,2 se si conteggiano gli ultimi aggiornamenti sul recupero crediti). Se poi però si considerano partite messe a bilancio ma che difficilmente saranno recuperate, il buco potrebbe addirittura essere di alcune centinaia di milioni. Che il bilancio sia in rosso (contrariamente a quanto proclamato finora da Sala) è scritto nero su bianco nel verbale dell’assemblea dei soci di Expo spa del 9 febbraio 2016. In verità, l’assemblea era stata convocata il 29 gennaio, poi aggiornata e tenuta aperta fino al 9 febbraio, guarda caso dopo le primarie (6 e 7 febbraio).
Il documento ribadisce la rilevanza del dato finora sbandierato da Sala, cioè il patrimonio netto, che è positivo per 14,2 milioni. Ma un inequivocabile grafico allegato mostra la “proiezione della chiusura del conto economico 2015”, con 736,1 milioni di ricavi gestionali e 721,2 milioni di costi; se si aggiungono gli ammortamenti (-47,6), gli accantonamenti per il fondo rischi (-12,8), l’impatto opere (13,5) e le rettifiche di valore (-0,6), il totale è una perdita di 32,6 milioni.
Ma i documenti che il Fatto quotidiano ha potuto consultare contengono una informazione ancor più clamorosa: “In considerazione delle spese strutturali previste nei primi mesi del 2016 (quantificabili in 4 milioni mensili), è probabile una ricaduta nelle previsioni dell’articolo 2447 del codice civile durante il mese di marzo”. Significa che con febbraio le disponibilità liquide di Expo spa si sono esaurite, ma non le spese. E andando avanti così, da marzo la società accumulerà perdite superiori a un terzo del suo capitale: una situazione in cui la legge impone l’abbattimento del capitale e il suo contemporaneo aumento per riportarlo al minimo legale. Insomma: o si ricapitalizza o la società salta.
La drammaticità della situazione non è sfuggita al collegio sindacale che nell’assemblea che ha deliberato la messa in liquidazione della società ha chiesto “chiarezza in relazione alla necessità di risorse per la liquidazione”. Richiesta condivisa dal magistrato della Corte dei conti, Maria Teresa Docimo, presente all’assemblea, che ha sottolineato come la messa in liquidazione risponde “a uno solo dei temi inseriti nella relazione degli amministratori, mentre non sono fornite risposte, nel merito, in relazione alla copertura dei costi sopportati dalla società successivamente alla data di chiusura dell’evento”.
Lo stesso Sala ha ammesso che “le risorse sono sufficienti per le prossime 3-4 settimane” e che “è importante rendere chiara la situazione al nominato organo di liquidazione”. Anche perché i liquidatori, freschi di nomina, hanno 90 giorni per elaborare un progetto di liquidazione. Alla scadenza, stando alle stime del cda, la società avrà una carenza di liquidità di oltre 80 milioni di euro. La sorte di Expo finora ipotizzata è la chiusura, con contestuale vendita ad Arexpo delle attività, come ramo d’azienda. Arexpo ha gli stessi soci (finora Comune di Milano e Regione Lombardia) a cui dovrebbe aggiungersi il ministero delle Finanze, che però per metterci i suoi capitali pretende patti parasociali che gli permettano il controllo operativo della società. È una situazione ingarbugliata, con corsa contro il tempo, prima che Expo finisca i soldi e collassi.
25 febbraio 2016