Nel 1986 un commissario di Trapani trovò gli elenchi degli affiliati e fu sospeso dal questore
di Gianni Barbacetto
È il commissario Montalbano (quello vero) a scoprire le logge del Centro Studi Scontrino. È il 6 aprile 1986 quando Saverio Montalbano (in foto), vicequestore di Polizia e capo della Squadra mobile di Trapani, fa irruzione nel palazzetto di via Carreca dove ha ufficialmente sede il circolo culturale Scontrino. Sequestra molte carte, tra cui anche gli elenchi degli affiliati a sette logge massoniche attive dietro il paravento del centro: Iside, Iside2, Osiride, Hiram, Ciullo d’Alcamo, Cafiero, più una misteriosa Loggia C. Negli elenchi degli affiliati, i nomi dei potenti locali: funzionari pubblici, politici, imprenditori, professionisti; e boss mafiosi.
IL GIORNO dopo, Montalbano viene sospeso dal suo capo, il questore di Trapani Mario Gonzales, ufficialmente per contrasti organizzativi. I gruppi massonici del Centro Scontrino vengono comunque considerati dagli investigatori una sorta di super-loggia riservata, punto d’incontro tra politica, affari e mafia. Una sorta di P2 siciliana, con al suo interno uomini di Cosa nostra come Mariano Agate, Calogero Minore, Gioacchino Calabrò, Natale L’Ala, Pietro Fundarò…
Dietro la facciata barocca del palazzo di via Carreca si svolgevano due livelli d’attività. Il primo, visibile e pubblico: dibattiti politici, incontri culturali, tavole rotonde, a cui erano invitati personaggi noti e notissimi dei partiti e della cultura. Il secondo livello era invece riservato e sotterraneo: gli incontri di loggia in cui si stringevano la mano i politici, gli amministratori, i professionisti, i costruttori, i mafiosi.
Già nell’ottobre1986 l’indagine dei magistrati trapanesi mette nero su bianco che alle iniziative del Centro Scontrino (quelle visibili) hanno partecipato personaggi come “Dacia Maraini… il rabbino Toaff…lama tibetani…”, oltre a politici come Vincenzino Culicchia, Francesco Canino, Sergio Mattarella. Così almeno fa mettere a verbale Paolo Scontrino, uno degli interrogati dalla Criminalpol nell’86 sulle attività del centro. Di Calogero Mannino viene sequestrata una lettera del 1984 che promette un contributo in denaro al gran maestro e burattinaio delle logge trapanesi, Giovanni Grimaudo. I due livelli d’attività s’intrecciavano, ma non è detto che quelli del “primo livello” sapessero, prima del 1986, che cosa succedeva nel “secondo livello”.
Certo è che erano anni intensi per Cosa nostra. Il capo dei capi, Stefano Bontate, prima di essere eliminato da Totò Riina, aveva avviato un processo d’avvicinamento alla massoneria e si era egli stesso iscritto alla loggia Camea. La fratellanza massonica si era in molti casi sovrapposta all’affiliazione mafiosa. Così, a Palermo, nel 1979, fu un gruppo misto di mafiosi e massoni ad accogliere il bancarottiere Michele Sindona (iscritto alla loggia P2) che scompare da New York simulando un rapimento e si nasconde in Sicilia, ospite di un variopinto gruppo di “fratelli muratori” (tra cui Salvatore Bellassai, capogruppo della P2 in Sicilia, e Michele Barresi, della Camea) e di mafiosi (i palermitani Vincenzo e Rosario Spatola, in contatto con John Gambino, boss di Cosa nostra americana, e con il medico italoamericano Joseph Miceli Crimi, esperto di riti esoterici e chirurgie plastiche). Da Palermo, Sindona tenta di salvare le sue banche ormai in dissesto, minacciando il presidente di Mediobanca Enrico Cuccia e facendo pressioni su Giulio Andreotti, il suo più alto referente politico. Quanto a Giorgio Ambrosoli, commissario liquidatore delle sue banche italiane, in quella terribile estate del ’79 viene ucciso da un killer arrivato dagli Stati Uniti.
È UN MONDO che si consolida negli anni Settanta, un nodo di rapporti che tiene insieme, oltre alla massoneria e alla mafia, anche la politica dell’oltranzismo atlantico anticomunista. Cosa nostra viene accettata nella compagnia – erano i primi anni Settanta delle stragi nere e dei tentati golpe – e viene ingaggiata come una sorta di Gladio siciliana. Di questo mondo è personaggio d’assoluto spicco il principe Giovanni Francesco Alliata di Montereale: deputato monarchico, capo della loggia Alam, strettamente legato alla massoneria degli Stati Uniti, negli anni Settanta è tra i fondatori del Movimento Nazionale di Opinione Pubblica e, a Milano, della Maggioranza Silenziosa, due movimenti “visibili” collegati con i gruppi, più “invisibili”, del radicalismo di estrema destra, da Ordine Nuovo al Mar. Anche il commercialista di Riina, Pino Mandalari, tiene insieme massoneria e mafia e cerca di traghettarle, tramontata l’era di Bontate e di Andreotti, nel nuovo sistema di rapporti politici che si stringono, dopo il 1992-93, con i club palermitani di Forza Italia. È quella che è stata chiamata “massomafia” e che ha poi trovato terreno fertile in Calabria, nelle logge riservate frequentate degli uomini di rilievo della ’ndrangheta. Il Centro Scontrino è stata la facciata “pulita”, a Trapani, di una brutta storia che, malgrado le promesse di rinnovamento, potrebbe essere ancora in corso.
30 luglio 2015