Foto di Vincenzo Aiello
di Marianeve Santoiemma
Oggi, dei dieci comandamenti, quelli che per tutti i cristiani sono le regole della vita, al numero cinque si legge ancora “Non uccidere”! Oggi, a Roma, mentre scrivo, stanno votando gli emendamenti al decimo decreto Ilva, ivi incluse clausole di vendita. E’ l’autorizzazione ad uccidere i cittadini di questa terra. Dieci decreti come i dieci comandamenti, ma qui, si può uccidere, si deve morire in nome del profitto, di un acciaio alle pezze, di un territorio da sfruttare fino alla morte, di un popolo stanco, che non sa come ribellarsi, perché il governo pone il suo sguardo sullo stabilimento che cade a pezzi ormai, palesemente, solo perché qualunque strategia di risanamento, di “ambientalizzazione” e salvaguardia dei posti di lavoro si è rivelata uno schianto totale.
Ennesimo decreto per svendere Ilva di Taranto, la strategica per il paese, che adesso sarà data a miglior offerente, per liquidare questo bubbone, senza alcuna competente trattativa che metta in gioco il danno ambientale e le relative coperture che erano state assicurate e che non hanno ancora visto luce. Oggi la firma ufficiale in Quirinale per il decreto Ilva che prevede la riapertura del polo d’acciaio più grande d’Europa. Magistratura di Taranto al lavoro sul testo del Consiglio dei Ministri. La fabbrica potrà ancora produrre, anche sotto sequestro. Il decimo decreto prevede che Ilva continui gestione e responsabilità della conduzione degli impianti, autorizzando di fatto a produrre ancora e vendere per tutto il periodo di validità dell’Aia. Il comunicato stampa dice che «I provvedimenti di sequestro e confisca dell’autorità giudiziaria non impediscono all’azienda di procedere agli adempimenti ambientali e alla produzione e vendita secondo i termini dell’autorizzazione. L’Ilva è tenuta a rispettare pienamente le prescrizioni dell’autorizzazione ambientale».
Salvare Ilva era l’obiettivo, ma si è rivelato fallimentare. La crisi mondiale dell’acciaio, che persiste in ogni paese, porta a pensare ormai negativamente poiché anche Ilva, nonostante i miliardi promessi, sembra caduta in un tunnel senza fine di perdite in termini di produzione, posti di lavoro e costi ambientali, per non parlare della ormai non competitività rispetto ad acciai prodotti a minor costo e con manodopera a buon mercato.
Il prezzo dell’acciaio ha visto un crollo pari a circa il 45%. L’dovrebbe essere riportata in attivo attraverso un risanamento , ma questo progetto è palesemente irrealizzabile. In molti paesi industrie siderurgiche stanno chiudendo i battenti. Paesi come la Cina producono in termini concorrenziali evidentemente ormai inevitabili e conquistano i mercati con prezzi bassissimi. Credere nella rinascita di Ilva è stato stupido e ha solo illuso chi li dentro ci lavora e tutti gli addetti di un indotto alla disperazione.
Se adesso Ilva è messa in vendita è perché, dopo le denunce di associazioni ambientaliste, come PeaceLink , da Bruxelles rispondono che la procedura europea in tema di norme vieta gli aiuti di Stato perché falsano la concorrenza. Allora siamo di fronte ad una azione diversa, che mira ad uccidere sul serio la popolazione tarantina, perché di questo trattasi, di omicidio di Stato.
Ilva non produce cioccolatini, ma acciaio, e l’acciaio è finito in un mercato in cui guadagna solo chi ha un prezzo più basso, e non serve che sia buon acciaio, serve solo che costi poco. Dai camini a strisce bianche e rosse e dall’intero stabilimento non esce solo vapore acqueo, ma quei fumi maledetti, di cui i numeri dei decessi sono testimonianza del male inflitto a questo territorio. Non siamo carne da macello,non si può più accettare che lo Stato permetta e si renda complice di questa carneficina.
Il decimo decreto su Ilva è un insulto alla vita, a chi di impresa corretta, onesta, che da vivere alla gente, ha vissuto, perché aziende serie, rispettose delle leggi, delle norme che impongono di non inquinare, i cui titolari fanno sacrifici immensi per restare a galla, l’Italia è piena, il mondo è pieno. Ilva oggi ha avuto l’ennesimo regalo, produrre e vendere sulla pelle dei tarantini, ma i tempi dell’accettare passivo sono terminati ed è bene che il governo ponga attenzione all’inalienabile diritto di un cittadino di chiedersi perché?
… perché Taranto deve morire per mano dello Stato?
13 gennaio 2016