La mafia in Germania? C’è, è presente e vede nella ‘Ndrangheta un riferimento importante
Aaron Pettinari
Lo dimostra in un’inchiesta il quotidiano “Frankfurter Allgemeine Zeitung” e dell’emittente radiotelevisiva “Mdr”.
Sarebbe presente anche un “Crimine”, ovvero una struttura di governo e decisionale, che ha il compito di mediare gli interessi della criminalità organizzata calabrese nel Paese.
Secondo il quotidiano, che riferisce di documenti interni dell’Ufficio federale di polizia criminale (Bka), al di fuori dell’Italia “la ‘Ndrangheta non ha un organismo del genere in nessun altro Paese europeo”. In particolare si racconta nell’inchiesta che questo organismo speciale si riunirebbe almeno una volta all’anno in territorio tedesco.
Al suo interno vi sarebbero nove membri, con i capo crimine nominati dai massimi esponenti della criminalità organizzata calabrese in Germania.
Di fatto questa struttura sarebbe nata nel Paese dopo la strage di Duisburg, la nota strage di Ferragosto inserita all’interno della sanguinosa guerra tra i clan di San Luca.
Argomenti che sono confermati da tempo da parte degli organi inquirenti italiani.
Nell’inchiesta tedesca si riportano le parole del Procuratore capo di Catanzaro, Nicola Gratteri: “La Germania è grande, molto ricca. I giovani (…) non vogliono lavare i piatti per anni, vogliono di più. Questo è il motivo per cui credo che sia un compito molto difficile tenere sotto controllo la tensione e le controversie all’interno delle cellule del luogo”. Le autorità tedesche, si spiega ancora, presumono che vi siano almeno 18-20 cellule della ‘ndrangheta in Germania, ad esempio a Costanza, Brema, Saarbruecken e Dresda.
Può apparire banale, ma il detto “meglio tardi che mai” appare calzante visto il momento in cui negli ultimi tempi ha vissuto sul tema mafia l’informazione tedesca.
Basti pensare che appena un anno fa un altro quotidiano tedesco, il “Die Welt”, aveva sollevato il dibattito sui coronabond e gli aiuti da non dare all’Italia per la presenza della mafia nel Belpaese, come se il fenomeno della criminalità organizzata fosse un fenomeno “squisitamente” italiano.
Oppure nei mesi scorsi c’era stata anche quell’assurda sentenza di un giudice tedesco che respingeva il ricorso della Fondazione Falcone per l’utilizzo in Germania, per una pizzeria a Francoforte sul Meno, con il nome “Falcone e Borsellino” e al cui interno vi erano indistintamente foto dei giudici accanto a quelle del Padrino. Quella vicenda si concluse con i proprietari che, dopo le numerose critiche ricevute, hanno deciso di cambiare il nome al proprio locale, ma nella storia resteranno quelle gravissime parole usate dal giudice tedesco con cui si motivava il respingimento del ricorso in quanto “sono passati quasi 30 anni dalla morte di Falcone e il tema della lotta alla mafia non è più così sentito tra i cittadini”. “Inoltre – proseguiva la sentenza – il giudice ha operato principalmente in Italia e in Germania è noto solo a una cerchia ristretta di addetti ai lavori e non alla gente comune che frequenta la pizzeria”.
Per comprendere quanto siano assurdi certi argomenti e l’importanza che invece dovrebbe avere proprio nei Paesi Ue affrontare con serietà il tema mafia è sufficiente rileggere gli interventi dello stesso Gratteri o anche quelli del Procuratore aggiunto di Reggio Calabria Giuseppe Lombardo che hanno più volte riferito della presenza dei clan in territorio tedesco. Anche giornalisti come Petra Reski hanno dimostrato di avere grande coraggio nel raccontare quei fatti che in molti, purtroppo, hanno sempre voluto tacere.
Un coraggio che nel 2021 torna ad essere necessario di fronte ad una nuova mafia economica, capace di compiere grandi investimenti ed alterare intere democrazie.
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Foto di Angelo Abear