Luca Grossi
La politica approva, le vittime pagano
Il disegno di legge sulle intercettazioni approvato recentemente dal Senato agevola indirettamente i trafficanti di minori, di esseri umani, i pedofili e chi opera nel traffico di organi. Consideriamo il caso ipotetico di un bambino di nome Tod (nome di fantasia) rapito in un paese estero e portato in Italia. Una volta arrivato, Tod verrebbe probabilmente nascosto e tenuto in prigionia in attesa di essere trasferito altrove. I trafficanti, infatti, segmentano il “viaggio” della vittima in diverse tappe e talvolta sono costretti a fermarsi per nascondere la persona sequestrata, poiché sono consapevoli delle eventuali indagini delle Forze dell’Ordine. Questo periodo di attesa può durare mesi e, in passato, le intercettazioni telefoniche hanno spesso permesso agli investigatori di salvare le vittime del traffico di esseri umani.
Con l’approvazione del Ddl sulle intercettazioni, i pubblici ministeri saranno obbligati a interrompere le captazioni dopo 45 giorni.
Più nel dettaglio, il disegno di legge – che necessita ancora dell’approvazione della Camera – modifica l’articolo 267 del Codice di Procedura Penale. Attualmente, le intercettazioni possono essere prorogate senza limiti temporali dal giudice per le indagini preliminari (GIP), su richiesta del pubblico ministero, con rinnovi successivi di 15 giorni. Con la nuova normativa, invece, le intercettazioni non potranno superare i 45 giorni complessivi, salvo che la loro proroga sia giustificata dalla “assoluta indispensabilità” e motivata dalla presenza di elementi concreti e specifici.
Ciò significa che Tod e altri nella sua situazione potrebbero non avere più la speranza che uno dei rapitori, per distrazione, leggerezza o necessità, lasci trapelare informazioni decisive al telefono che le Forze dell’Ordine potrebbero utilizzare per localizzarlo.
Una volta scaduto il periodo previsto, i trafficanti potranno tranquillamente comunicare tra loro al telefono, condividendo dettagli sul trasferimento delle vittime, sui profitti da spartire e su chi sono i “clienti”.
Clienti che, talvolta, potrebbero anche essere persone ben viste nella società (poco importa se in Italia o all’estero): medici, professori, politici e via elencando.
Basta un rapido giro sul web per scoprire dalle cronache che le intercettazioni necessarie a chiudere le indagini devono svilupparsi nell’arco di mesi non di qualche settimana.
Un ulteriore impatto di questo provvedimento si rifletterà sulle collaborazioni con le forze di polizia di altri paesi nel contrasto alla pedofilia e alla traffico di esseri umani.
La ragione è che sono crimini di portata internazionale, che richiedono una stretta collaborazione tra le polizie di diverse nazioni per essere efficacemente combattuta. Senza i dati e le conversazioni derivanti dalle intercettazioni, sarà impossibile ricostruire, insieme a strutture internazionali come l’Interpol, un quadro investigativo completo.
Riprendendo l’esempio ipotetico di Tod, supponiamo che gli inquirenti abbiano seguito le tracce della vittima fino in Italia, dove però ogni indizio si è perso. Logica vorrebbe che le magistrature estere contattassero i pubblici ministeri italiani per richiedere collaborazione e scambio di informazioni.
In tal caso, i nostri inquirenti si troverebbero costretti a rispondere negativamente, poiché semplicemente non avrebbero alcun materiale a disposizione per contribuire alle indagini al di là dei rapporti (eventuali) di pedinamenti e osservazioni a distanza.
Tagliate le gambe alla ricerca dei minori
Per reati gravissimi, come stragi, omicidi plurimi, femminicidi, rapine ed estorsioni aggravate, traffico di organi e altri reati analoghi, la magistratura potrà indagare per un massimo di due anni, ma dopo i primi quarantacinque giorni dovrà interrompere le intercettazioni se non ha raccolto in quel periodo elementi specifici e concreti. A quel punto, le indagini continueranno per i restanti ventidue mesi senza l’ausilio delle tecnologie avanzate.
Con queste limitazioni, sarà come tentare di fermare una frana con uno stuzzicadenti, data l’enorme capacità di mimetizzazione e l’utilizzo di potenti mezzi tecnologici di cui dispongono queste organizzazioni, non necessariamente legate alla mafia (almeno in punta di diritto).
Ricordiamo, per quanto riguarda l’Italia che, “in base ai dati forniti dall’Agenzia garante per l’infanzia e l’adolescenza, circa “9.700 sono i minori scomparsi nei primi sei mesi dell’anno, quasi il 50% in più rispetto al 2022, un aumento quindi costante nel corso degli anni”.
Inoltre “nel 2022 oltre il 70% delle denunce di scomparsa ha riguardato minori e la percentuale sfiora il 74% nel primo semestre del 2023. Oltre che sulla tempestività delle ricerche occorre quindi agire anche sul piano della prevenzione”.
Una prevenzione che rischia di sfumare del tutto se si priva la magistratura e le Forze di Polizia di uno strumento tanto indispensabile.
Di fronte a tale approvazione da parte della politica, lo sgomento è inevitabile. Non resta che attendere la pubblicazione del rapporto del commissario straordinario del governo per le persone scomparse, o dei prossimi report di Save the Children e dell’Associazione Meter.
Piccola previsione: i numeri cresceranno.