Triste 25 aprile quello che andiamo a festeggiare quest’anno, una festa della liberazione in un momento in cui a parlare sono le armi, e con un’escalation guerrafondaia che mai avremmo pensato di vedere e di vivere.
Lungi dal mantenere il necessario distacco tra le parti, per assumere magari un ruolo di mediazione, il governo italiano (con il massiccio appoggio delle truppe cammellate di un settore di informazione che è diventato mera propaganda di guerra) ha deciso di inviare armi all’Ucraina e di aumentare le spese militari; vasti settori politici hanno iniziato a paragonare la cosiddetta “resistenza” ucraina (che resistenza non è, perché è una guerra combattuta tra eserciti) alla Resistenza italiana) Inoltre la La Resistenza di allora nacque per porre fine alla Seconda Guerra Mondiale che era già in corso, mentre la cosiddetta resistenza ucraina, chiedendo all’Europa e alla Nato di intervenire, invoca di fatto l’inizio di una nuova guerra mondiale. E non mi soffermo sulle pericolose derive naziste dei manifestanti ucraini, anche nel nostro paese, che hanno fatto proprio il saluto dei banderisti, i collaborazionisti ucraini, e lo gridano nelle piazze invece di parlare di pace.
Chi si schiera contro l’escalation, chi vorrebbe che parlassero le diplomazie e non le armi, viene oggi tacciato di “filoputiniano”, mentre dalla parte degli interventisti abbiamo addirittura sentito la proposta di portare le bandiere della Nato nelle piazze il 25 aprile.
La Nato, la coalizione militare che, a parte le innumerevoli aggressioni a paesi sovrani condotte nei suoi 70 anni vita, ha anche pesantemente influenzato la politica interna italiana, sono frutto di recenti indagini giudiziarie le conclusioni che la Nato ha organizzato, armato, finanziato, i gruppi neofascisti che hanno dato vita alla strategia della tensione, i suoi capi sono i mandanti delle centinaia di morti delle stagioni stragiste, motivate dal fatto che gli Stati Uniti non volevano che in Italia il Partito comunista (che pure era arrivato a rappresentare più di un terzo dell’elettorato) potesse avere un posto di governo. E sappiamo che fine ha fatto Aldo Moro, che quell’apertura al PCI voleva darla, per un cambiamento che il periodo politico richiedeva.
Bandiere della Nato alle manifestazioni del 25 aprile sono un’offesa per tutte le vittime del fascismo del dopoguerra, ed anche un’offesa per chi, durante la guerra, ha dato la vita per una democrazia, per un paese sovrano e non sottomesso ai condizionamenti esterni.
Ma non è questo il solo fatto scandaloso di questi ultimi giorni: il Parlamento italiano ha votato una legge per istituire la giornata del corpo degli alpini. Non per festeggiare, gli alpini, per gli aiuti che in tempo di pace hanno portato alle popolazioni vittime di terremoti e altre calamità naturali, cosa che potrebbe anche essere condivisibile: no, da celebrare il 26 gennaio, anniversario della battaglia di Nikolajevka, definita (cito) “momento di feroce scontro tra le incalzanti truppe sovietiche e le forze residue dell’Asse”.
In pratica si è votata una legge che fa apologia non solo di fascismo, ma anche di nazismo, esaltando l’operazione Barbarossa voluta da Hitler e condivisa dall’Italia fascista, che mandò a morire migliaia di propri soldati per invadere un altro stato.
No, non ci saremmo mai immaginati di celebrare un 25 aprile in questa situazione di apologia di fascismo e nazismo, e con la prospettiva di sprofondare in una guerra devastante. L’impegno nostro di oggi, e lo dobbiamo ai compagni e alle compagne che ottant’anni fa lottarono e combatterono “per dignità e non per odio”, è la lotta per la pace e per il disarmo, perché senza di essi non c’è futuro per noi e i nostri figli.