Le proteste antigovernative si “macchiano” di sangue in Iraq. Alcuni uomini con il volto coperto hanno sparato sui manifestanti nella città santa di Karbala, a sud di Baghdad, uccidendo 18 persone. Lo ha reso noto un funzionario iracheno, citando testimoni. Chi vuole far esplodere l’Iraq
Killer mascherati a provocare cosa?
Uomini mascherati hanno sparato sui manifestanti questa mattina nella città santa di Karbala, a sud di Baghdad, uccidendo 18 persone e ferendone centinaia: lo ha reso noto un funzionario iracheno citando un testimone Il testimone ha raccontato che i manifestanti si trovavano in alcune tende montate in una piazza della città quando sono stati raggiunti da colpi di arma da fuoco sparati da un’auto in corsa, seguiti da uomini mascherati vestiti di nero che hanno cominciato a sparare contro i manifestanti. Diciotto vittime, bilancio del tutto provvisorio, mentre centinaia di persone sarebbero rimaste ferite, ha aggiunto il funzionario. Da giorni sono in corso proteste popolari in tutto il centro e il sud dell’Iraq, abitato in prevalenza da sciiti, contro il carovita, la corruzione e la mancanza di servizi pubblici.
Zuhair al Jezairy, giornalista
«È stata davvero una giornata difficile quella del 25 ottobre in Iraq», l’incipit di Zuhair al Jezairy, giornalista iracheno su Internazionale. «I manifestanti hanno cominciato a radunarsi in piazza Tahrir a Baghdad dalla notte precedente. Alcuni si sono mossi direttamente in direzione della Green Zone e del palazzo del parlamento. Molti dei deputati e dei ministri avevano lasciato le proprie case nella Green Zone prima di venerdì. I militari in uniforme nera hanno attaccato i manifestanti con i gas lacrimogeni per respingerli dal ponte della Repubblica verso piazza Tahrir. Ci sono state proteste anche in dieci città minori del paese. In diverse occasioni si sono uditi slogan contro l’Iran. Al sud i manifestanti hanno attaccato le milizie filoiraniane».
Rabbia e fantasmi di Saddam
Secondo Zuhair al Jezairy, i manifestanti uccisi sarebbero più di sessanta (escluso ancora il gravissimo attacco di killer mascherato a Karbala), sia nella capitale sia nelle province meridionali del paese. Il religioso Muqtada al Sadr –autorevole leader politico sciita- ha rinunciato alla sua neutralità, invitando i suoi sostenitori e la popolazione a tornare in piazza venerdì, il giorno della preghiera e della rabbia. Ora i manifestanti a Baghdad hanno messo in piedi un accampamento in piazza Tahrir, determinati a rimanere lì a lungo. La beffa a scatenare ulteriore rabbia, le mancate dimissioni del contestatissimo primo ministro Adel Abdul Mahdi, dimissioni col trucco, annunciate ma mai attuate, mascherate dietro le solite promesse di riforme e di pulizia interna al governo.
Giuseppe biblico e premier incapace
Giustamente severo, il collega iracheno, denuncia e ironizza sugli artifizi del potere. «Con voce sommessa Abdul Mahdi ha paragonato la sua storia a quella di Yousuf raccontata nel Corano (il Giuseppe biblico), per lamentarsi del cattivo trattamento ricevuto dai suoi fratelli, cioè da coloro che prima lo hanno nominato alla sua carica e poi lo hanno abbandonato». Tra Corano e Bibbia,m le bugie di un premier ormai totalmente screditato. «Da quando è salito al potere, nell’ottobre del 2018, Abdul Mahdi ha promesso di combattere la corruzione. I suoi critici dicono che è stato troppo lento e debole. Nella sua ultima dichiarazione sull’uso della violenza contro i manifestanti ha parlato di 157 persone uccise e 5.449 feriti solo a ottobre, ma non ha rivelato chi sarebbe il “terzo attore” responsabile di aver dato l’ordine di aprire il fuoco».
Avvertimento dei killer in nero
“Ormai non è più una protesta, ma una rivoluzione per rovesciare il governo”, è la frase che si rincorre su Facebook. Nell’incertezza assoluta sul prossimo futuro.
Governo screditato e pugno di ferro
«In Iraq è evidente la volontà si superare la divisione tra sunniti, sciiti e curdi che ha segnato l’epoca successiva alla caduta di Saddam Hussein, anche se le rivolte coinvolgono soprattutto le grandi città e molto meno le regioni sunnite appena sopravvissute alla guerra contro l’Is (e sono del tutto assenti nel Kurdistan autonomo)», sostiene Pierre Haski, France Inter. «A quasi dieci anni dalla primavera araba, governi dalla discutibile legittimità continuano a rifiutarsi di cedere alla volontà del popolo, la cui voce è sempre più forte e chiara».
29 Ottobre 2019