di Juan Gelman
E’ finita – si fa per dire – meno di due anni fa e sembrerebbe che la guerra in Iraq sia caduta nel totale oblio. Forse perché è finita tre volte: la prima, quando W. Bush nel maggio del 2003, meno di due mesi dopo averlo invaso e a bordo della portaerei USS Abraham Lincoln, annunciò “missione compiuta”. La seconda con Obama, quando le truppe statunitensi attraversarono la frontiera con il Kuwait come se si stessero ritirando, fatto annunciato come “la fine della guerra in Iraq”. La terza, quando il Parlamento iracheno si rifiutò di accordare l’immunità agli invasori, che proclamarono ufficialmente la fine del conflitto l’11 dicembre del 2011. Ma la morte continua tranquilla la sua passeggiata per l’Iraq.
Questi altri omicidi, causati da scontri settari e soprattutto da attentati terroristi, non suscitano grande interesse nei media nonostante il loro clamore. Una breve relazione indica che lo scorso 10 ottobre ci sono stati 42 giustiziati, 39 morti e 22 feriti in diverse parti del paese; l’11 ottobre, 23 morti e 36 feriti; il 12 ottobre, 47 assassinati e 50 feriti; il 13 ottobre, 61 morti e 171 feriti; il 14 ottobre, 13 assassinati e 12 feriti; il 15 ottobre, 24 morti e 34 feriti; il 16 ottobre, 14 morti e 20 feriti; il 17 ottobre, 76 morti e 229 feriti. Secondo stime del Centro Palestinese, più di 6.000 civili iracheni hanno perso la vita soltanto dall’inizio dell’anno ad oggi. Danni collaterali della democrazia e della liberta che gli USA e i loro soci della NATO hanno portato in Iraq?
E’ risaputo che le stime del numero di morti civili durante gli otto anni di guerra propriamente detta, si contraddicono. E’ un tema spinoso. I comandanti delle truppe di occupazione hanno deciso di non tenere conto del numero di questi caduti. In non poche occasioni li inclusero nella categoria delle “forze ribelli” o dei “terroristi”. Salee, una bambina di 9 anni che difficilmente avrebbe potuto appartenere all’una o l’altra categoria, stava giocando al gioco della settimana con i suoi amici quando gli aerei degli USA spararono tre missili causando la morte di suo fratello e del suo migliore amico, la perdita del piede destro di sua sorella Rusul e quella delle sue due gambe dalle ginocchia in giù. Un esempio fra tanti altri.
Il Presidente Obama ha qualificato gli USA come un “paese eccezionale” e uno dei fattori di questa “eccezionalità” è l’ignoranza o la non ammissione, da parte di un settore dell’opinione pubblica, delle stragi commesse dal governo. Nel 2011 un’inchiesta dell’Università del Maryland ha rivelato che il 38% degli statunitensi era perfettamente convinto che gli USA avessero trovato prove incontestabili che Saddam Hussein mantenesse strette relazioni con Al Qaeda. Non si sa se molti degli intervistati credessero o ancora credano che il numero dei civili iracheni morti arrivi a circa 10.000, secondo quanto asseriscono inchieste realizzate negli USA e in Gran Bretagna nel giugno 2013.
Uno studio pubblicato dalla rivista PLOS Medicine indica che quella cifra andrebbe moltiplicata per 50. Lo studio, realizzato da 12 investigatori di USA, Canada e Iraq, indica che, tra il 2003 ed il 2011, hanno perso la vita 460.800 civili iracheni, il 60% di morte violenta ed il resto per il collasso dell’infrastruttura ospedaliera causata dalla guerra e cause annesse.
Gli autori del rapporto, appartenenti alle Università di Washington, John Hopkins, Simon Fraser e Mustansiriya spiegano la propria metodologia, forse la più rigorosa impiegata finora: hanno visitato duemila case selezionate in 18 province dell’Iraq tra maggio e luglio del 2011 e hanno appurato il numero di deceduti in ciascuna famiglia, nonché le conseguenze mediche delle sanzioni imposte all’Iraq dall’ONU a partire dal 2001. Hanno scoperto che il tasso di mortalità era di 4,55 ogni mille persone, più del 50% superiore al valore prima dell’invasione. Il rapporto segnala che l’eccesso di morti attribuibili alla guerra era di 405.000 fino alla metà del 2011.
Gli investigatori hanno beneficiato dell’assistenza volontaria di scienziati iracheni e, siccome lo studio si è svolto a metà del 2011, hanno potuto percorrere il territorio in maggior sicurezza ed estensione di quanti avevano realizzato uno studio simile precedentemente registrando perdite minori. E’ il caso di Iraq Body Count, che le stimò in 112.000.
Non si può che dare ragione a Leonardo Da Vinci, che scrisse: “Il male è nostro nemico. Ma non sarebbe peggio se fosse nostro amico?”. Evidentemente, si.
20 de octubre de 2013
Traduzione da Resistenze.org