Per un italiano su tre è la mobilitazione internazionale dei Fridays for future è la migliore notizia dell’anno
[20 Dicembre 2019]
La crisi climatica e quella economica: sono queste le principali minacce da affrontare – rispettivamente sul fronte globale e quello nazionale – secondo il sondaggio condotto in Italia dall’Ispi, l’Istituto per gli studi di politica internazionale che ormai da sei anni porta avanti quest’indagine.
Sin dall’inizio delle rilevazioni gli italiani non hanno mai avuto dubbi: l’economia è di gran lunga la loro principale preoccupazione, con il dato di quest’anno (56%) che è sostanzialmente in linea con quello 2018 (55%) e in continua crescita dal 2015. Preoccupano invece meno l’immigrazione e il terrorismo; dopo il picco del 2015 (22%), la questione migratoria viene indicata come principale minaccia per il paese dal 12% degli italiani. E la minaccia terroristica non viene quasi più avvertita: la indica solo il 2% degli intervistati (contro il 26% del 2015).
Per quanto riguarda invece le minacce di portata globale, i cambiamenti climatici (indicati dal 28% dei rispondenti al sondaggio) hanno raggiunto per la prima volta la vetta delle preoccupazioni italiane lo scorso anno, e anche nel 2019 si consolida questa triste primato. Non a caso la notizia che ha maggiormente preoccupato gli italiani nel 2019 sono stati gli incendi nella foresta amazzonica, mentre per un italiano su tre è la mobilitazione internazionale dei Fridays for future – ispirata dall’attivista sedicenne Greta Thunberg – la migliore notizia dell’anno.
Una presa di coscienza che inizia a farsi largo dunque, pur dovendo ancora far fronte a molte dissonanze cognitive. I cambiamenti climatici ad esempio vengono individuati come la prima minaccia globale, ma solo il 7% degli italiani riconosce lo stesso livello d’allarme anche a livello nazionale; eppure nel 2018 l’aumento della temperatura media rispetto al periodo 1961-1990 è stato di 0,98°C a livello globale e di 1,71°C in Italia. Questo significa che per l’Italia il 2018 è stato l’anno più caldo da 219 anni: l’aumento della temperatura rispetto al periodo 1880-1909 arriva a circa +2,5°C, più del doppio del valore medio globale.
Dunque la crisi climatica non è una grave ma vaga minaccia “globale”, in quanto già oggi colpisce il nostro Paese più della media globale, tanto che si stima il nostro Paese possa perdere fino a 130 miliardi di euro l’anno di Pil a partire dalla seconda metà del secolo, se non affronterà adeguatamente il pericolo. Le stime nel merito sono naturalmente variabili, ma anche quelle più cautelative mostrano che nello scenario “business as usual” i cambiamenti climatici taglieranno il nostro Pil procapite dello 0,89% nel 2030, del 2,56% nel 2050 e del 7,01% nel 2100. Per inquadrare meglio la dimensione del problema è utile ricordare che in 10 anni della più terribile crisi economica del dopoguerra – ovvero dal 2008 al 2018 – il Pil procapite italiano si è ridotto molto meno, del 5,4%. Se questo non costituisse ancora un adeguato incentivo economico all’azione, lo studio mostra che rispettando l’Accordo di Parigi sul clima le perdite di Pil procapite sarebbero praticamente azzerate per l’Italia, riducendosi a -0,01%, -0,02% e -0,05 rispettivamente nel 2030, 2050 e 2100.
La crisi climatica dunque è già qui, sta facendo più danni della crisi economica e molti altri rischia di arrecarne a breve termine: la soluzione è mettere da subito in campo le azioni necessarie a contrastare i cambiamenti climatici e al contempo a ricondurre su binari verdi lo sviluppo del Paese. Si stima infatti che perseguire in modo adeguato i principali obiettivi ambientali potrebbe non solo migliorare la nostra qualità di vita e ridurre il nostro impatto sull’ecosistema, ma anche creare circa 800.000 nuovi posti di lavoro entro il 2025: la risposta alla minaccia climatica e a quella economica è la stessa, basterebbe saperlo riconoscere e agire di conseguenza.
L. A.