di Oscar Figueredo Reinaldo
“Gloria eterna a Fidel! Storia, apri i portoni! Non poterono fermarlo quando era in carne ed ossa. Ora è invincibile. Rinascerà una ed un’altra volta”. Con queste parole albeggiava il muro di Facebook del gruppo musicale Buena Fe il 26 novembre scorso, dopo aver conosciuto il decesso di Fidel. Cubadebate conversa oggi con Israel Rojas, corista e leader del popolare gruppo, dopo che si è saputo della cancellazione della loro tournée negli Stati Uniti.
—Israel, è morto Fidel, ma non il suo lascito Che cosa ha lasciato ai cubani?
—Io credo che Fidel ci lascia un’architettura di pensiero dell’ottimismo: di essere capaci di convertire in “No” tutti quei “Sì” che ci convocano al tradimento, a dimenticarci del prossimo; che ci convocano all’odio, alla sconfitta; ma ci convoca anche a cambiare in “Sì” tutto quello che è bene per l’essere umano, a superare le difficoltà, a raggiungere gli obiettivi, a persistere nella giustizia ed a difendere le tue convinzioni.
Abbiamo molti problemi, ma non li risolviamo con l’opera dello Spirito Santo. Nessuno ha una bacchetta magica per risolvere le difficoltà che sappiamo che esistono nel nostro paese. Io credo che la risposta sta nella stessa risposta che abbiamo dato a Daniel Ortega nella Piazza quando ci ha chiesto dove è Fidel, e tutti abbiamo risposto “Io sono Fidel”; che significa mettersi la casacca del Comandante per trasformare ogni No in Sì, ed ogni Sì in No, quando rappresentano la mediocrità, l’inefficienza, il peggio o lo squallido.
Io credo che sia importante continuare a difendere che le nostre strade siano sicure; che questo paese sia un paese libero dalle droghe. Dobbiamo continuare ad osservare una nazione dove sia assicurato a tutti i bambini potere andare ogni mattina a scuola e che con soli sette anni sappiano leggere e scrivere. E tutte queste cose dipendono dal nostro popolo, della gente buona che ha il nostro popolo.
Conversando con amici nella Piazza, commentavamo che a volte uno pensa che l’uomo nuovo non esiste; ma io credo che l’uomo nuovo sì esiste, ma a volte vive nascosto dei morsi della mediocrità, della dolorosa corruzione che a volte alcuni sentono che cresce o dagli schiaffi della burocrazia. Ma l’uomo nuovo sì esiste, era lì nella Piazza.
—Avevate programmato una serie di concerti negli Stati Uniti però adesso avete deciso di cancellarli. Che cosa è successo?
—Avevamo pianificato quattro concerti negli Stati Uniti, ma purtroppo il concerto di Tampa è stato cancellato perché gli organizzatori decisero di non portarlo avanti.
Ci rimanevano New York, Houston e Washington e benché Blue Night Entertainment insistesse per farli, abbiamo visto che l’ambiente continuò a peggiorare e come si incrementarono gli attacchi contro il nostro proprio pubblico e contro gli organizzatori; ci è sembrato meglio non realizzarlo per evitare dei problemi.
Nei nostri concerti non parliamo di politica, ma quello che facciamo è cantare alla vita, all’amore; l’ultima cosa che desideriamo è che qualcuno possa essere colpito o ferito. Se già molti lo fanno nelle reti sociali, come faccio a fare un concerto dove il danno può diventare reale.
Noi abbiamo fatto cinque concerti a Miami, e siamo andati sempre per l’incontro con la nostra gente, per vedere quel pubblico che ci vuole bene e non per diventare ricchi come qualcuno ha pensato. Credete che qualcuno può diventare ricco con cinque concerti a Miami? Mi sembra ridicolo.
—A Miami certe persone hanno celebrato la morte di Fidel. Che vogliono dimostrare?
—L’etica, la morale, e la dignità hanno perso l’importanza che dovrebbero avere tra gli esseri umani. Deve essere perché in questo mondo globalizzato e neoliberale, credono che i valori non hanno importanza perché non percepiscono che possano vendersi o comprarsi materialmente, la gente pensa che non sono tanto necessari. Ma che non abbiano un valore materiale, non significano che non abbiano un valore di uso; sono vitali per educare i figli, per la crescita vitale di una persona ed affinché possiamo vivere in pace nel futuro.
Ci sono bassezze morali che alla fine ti presentano il conto. In questo paese quando morì Batista i giornali lo pubblicarono, e nessuno lo celebrò e credo che a Cuba ci siano motivi sufficienti affinché alcuni indignati avrebbe voluto fare festa. Quando morì Orlando Bosch che confessò che aveva messo un artefatto esplosivo in un aeroplano che strappò la vita a molti buoni giovani, non vidi nessuno celebrando tale cosa. E così con molti altri casi, nessuno si congratula per la loro morte, perché il decesso di qualcuno non deve essere motivo di allegria.
Ma io credo che loro non stanno celebrando la sua morte, loro celebrano la speranza che se la biologia ha potuto fare quello che loro non sono riusciti a fare con Fidel, possono fare con Cuba quello che loro desiderano. Ma questo paese continua tranquillo. E quando qualcuno osi per la via scorretta “avvicinarsi a Cuba” otterranno la stessa risposta delle migliaia di cubani che si riunirono nella Piazza e nelle migliaia di paesini. Ti dico, l’uomo nuovo continua a camminare per questo paese, infastidito da molte cose, per il proprio paese, ma cammina tra noi.
Queste sono tempi di definizione, e molte volte la gente dice che quando uno si esprime così lo fa per puro opportunismo, ed è chi pensa che per questo motivo ti danno una casa o un viaggio alla luna, e si sbagliano. Magari questo è successo in passato, ma non è oramai così, e quelli che si esprimono come me solo otteniamo di provocarci dei problemi ed infatti bisogna cercarsi dei problemi. Lo dico perché è quello che penso e quello che sento, perché così voglio che mi ricordino i miei figli che dico quello che penso benché mi cancellino un concerto, o mi maltrattino nelle reti sociali.
Io non so con chi faccio bella figura, ma sì so con chi non la faccio. Io non faccio brutta figura con i miei nonni analfabeti che la rivoluzione alfabetizzò; io non faccio brutta figura con i miei genitori; non faccio brutta figura con i miei professori che uno alla volta mi educarono con salari che sappiamo che non erano abbastanza, questo è un ideale; io non tradisco Martì; ed ovviamente non tradisco Fidel.
Io non tradisco Silvio, a me che mi trovino qui, e che mi trascinino sulle rocce quando la Rivoluzione avrà perso.
—El concetto di Rivoluzione è uno dei lasciti più importanti del Comandante. È necessario per capirti e per capirci come rivoluzionari?
—Sono convinto che è uno strumento molto buono, sono convinto che è un buon basamento teorico, per proiettarsi verso il futuro, soprattutto per continuare a camminare dalla parte dei più poveri della terra, coi più svantaggiati, i più colpiti di questa terra, e continuare ad amare il resto degli esseri umani come se fossero te stesso.
—Orgoglioso di essere cubano, di essere fidelista?
—Totalmente orgoglioso di essere cubano. Tu sai che io non sapevo se ero comunista o no, perché ci sono cose del comunismo che mi sembrano realmente utopiche, ma in questi giorni nei quali uno ha più tempo per definirsi – perché ti ripeto sono tempi di definizione – ho una vocazione socialista, ma realmente io sono fidelista e non ho paura di dirlo.
Io voglio che i miei nipoti sappiano che io dissi in questa intervista che io sono fidelista perché essere fidelista è essere capace di ottenere i tuoi obiettivi, perfino quando il mondo ti dica No. Essere fidelista è essere capace di fondare qualcosa dove non c’era niente. È generare cause giuste ed essere capace di impegnarsi con queste conseguenze.
5 Dic 2016
traduzione di Ida Garberi