Secondo la Corte suprema israeliana, la legge infrange “il diritto di proprietà dei residenti palestinesi”
ROMA – In Israele la Corte suprema ha annullato una legge del 2017 che, in modo retroattivo, aveva legalizzato la costruzione di circa 4.000 case su terreni appartenenti a cittadini palestinesi, nei territori occupati della Cisgiordania.
Il provvedimento aveva suscitato rabbia e indignazione in Palestina ed era stato sospeso dopo le proteste degli attivisti fino a nuove ordine del massimo organismo della giustizia israeliana. La giudice presidente della Corte, Esther Hayut, ha motivato la decisione dicendo che la legge infrange “Il diritto di proprieta’ dei residenti palestinesi, esprimendo una preferenza per gli interessi degli occupanti israeliani”.
Il verdetto ha diviso la coalizione di governo, che ha visto la luce ad aprile. Il primo ministro del Likud, Benjamin Netanyahu, ha definito “disgraziato” il responso della giustizia israeliana, avvertendo che si mettera’ al lavoro per reintrodurre una legge “importante per il futuro degli insediamenti” israeliani nella West Bank.
Per Benny Gantz, alleato alla guida dell’esecutivo e leader del partito Bianco e Blu, ha detto alla stampa locale di “rispettare il verdetto” e di volersene “assicurare la messa in atto”. Per Gantz la legge era contraria alla costituzione israeliana, e “i suoi problemi sotto il profilo legale erano gia’ noti quando e’ stata approvata”.
Secondo quanto stabilito dal diritto internazionale, tutti gli insediamenti israeliani nei territori palestinesi ottenuti a seguito della guerra dei Sei giorni, nel 1967, sono da considerarsi illegali.
11/06/2020