Danilo Tosarelli – Milano
Da anni scrivo, cercando di analizzare ed interpretare una realtà complessa.
Vivo tra la gente e mi piace tanto ascoltarla. Oggi però ho voglia di sfogarmi.
In questa analisi rozza, da bar, c’è però tanta verità. Comprensibile a tutti.
Esprime la mia amarezza, la mia delusione, la mia rabbia. Oggi vale tutto.
L’italiano medio, nella migliore delle ipotesi, critica e si lamenta di tutto.
Peccato che troppo spesso la critica non si accompagna alla proposta.
Tu ti senti sempre vittima delle cose che succedono e gli altri decidono per te.
Ma tu ti sei chiesto che cosa vorresti, per far funzionare meglio le cose?
Nella peggiore, sembra indifferente e dimostra un’ignoranza raccapricciante.
Anche chi ignora si lamenta. Conosce poco o nulla dei perchè. Si sente vittima.
Non va mai bene nulla. Si piange addosso, povero, senza porsi le domande giuste.
E’ una delle cose più inutili e sterili che possa fare un essere umano.
Far maturare le coscienze non è cosa facile. Deve crescere la consapevolezza.
Tutto ciò costa fatica. Devi informarti, riflettere ed elaborare una tua idea delle cose.
Se poi, questo avviene con un confronto in ambiti di aggregazione.. che bello.
Sarò un idealista, molti me lo dicono, ma credo che questo percorso sia fondamentale.
Dovrebbe accompagnare l’esistenza di ogni essere umano che voglia sentirsi vivo.
Sentirsi protagonista della propria vita e non soggetto passivo, che sta alla finestra.
Quando faccio questi ragionamenti entra in gioco la necessità del conflitto.
E’ sempre stato il conflitto a determinare le grandi questioni della storia. Pensateci.
Dove vi sono contrapposizioni fra questioni vitali, inevitabilmente nasce il conflitto.
Affermare di amare il conflitto sarebbe una bestemmia. Affermarne la necessità è altro.
Quando il conflitto entra in gioco, l’italiano medio fa esattamente un passo indietro.
Nei luoghi di lavoro, parlare della necessità del conflitto è come raccontare una favola.
L’italiano medio deve trovarsi con l’acqua alla gola, con licenziamenti in atto, altrimenti..
Molti sono i limiti delle nostre Organizzazioni Sindacali, ma scarsa è la partecipazione.
Lo sciopero è un sacrificio, ma se partecipato può portare risultati importanti, decisivi.
Tu ci sei? L’italiano medio si dice d’accordo, ma poi spesso fa un passo indietro. Non c’è.
A parole è con te, ma poi resta a casa o addirittura non aderisce allo sciopero. Lavora.
In piazza non c’è e non contribuisce a fare massa, con quei numeri che fanno la differenza.
In Italia la lotta la devono fare sempre gli altri. Eppure, tu rimani comunque la povera vittima.
Ma tu, che cosa fai per risollevare le tue condizioni? Cosa sei disposto a mettere in campo?
Tutti bravi a fare paragoni con quello che succede in altri Paesi. Sono sempre più bravi di noi.
Ma i lavoratori francesi o tedeschi sono disponibili a fare scioperi lunghissimi. Sono sacrifici.
Per avere speranza di portare a casa rinnovi contrattuali decenti, si mobilitano per settimane.
Costringere i padroni a tener chiuse le fabbriche, significa che anche tu rinunci allo stipendio.
Sono sacrifici individuali che diventano quelli di una comunità che lotta per migliori condizioni.
L’italiano medio ha l’onestà di ammettere che sono più bravi di noi. Loro hanno più coraggio.
Ma poi non ha il coraggio di interrogare la sua coscienza. Saresti disposto agli stessi sacrifici?
E a questo punto, la risposta più diffusa è che la colpa è del sindacato, della politica, mai tua.
Siamo un popolo di veri e propri paraculi. La politica ha gravi responsabilità, ma è lo specchio.
La politica italiana è sempre più lontana dai problemi di ognuno di noi. Esalta i propri privilegi.
Il nostro sistema elettorale grida vendetta, ma non ci si può limitare a constatare ciò che non va.
Nonostante tutto, il momento del voto rimane un passaggio importante che non va sottovalutato.
Comprendo le amarezze e le delusioni, ma l’astensione ci allontana ancora di più dalla politica.
Se qualcuno decidesse di dare forma organizzata all’astensionismo, avrebbe un senso tale scelta.
Ma per ovvi motivi, tutto ciò non è possibile. Si rifugiano nel non voto tutti i soggetti più disparati.
E allora, nonostante un’offerta politica che mi piacerebbe migliore, ho il dovere di partecipare.
Se non fosse, che altrimenti saranno altri a decidere anche per me e questo non lo accetto.
I principi severi con cui sono cresciuto, mi hanno insegnato che chi non partecipa ha sempre torto.
Devi esserci per difendere ciò in cui credi, perchè la tua presenza dà forza anche a chi ti condivide.
Solo così ti può essere concesso il diritto di critica sul comportamento e le scelte degli altri.
Guarda il tuo, guarda quale è il tuo contributo per migliorare le cose che non vanno. E’ essenziale.
Non sono un credente, ma credo che ognuno di noi senta spesso la voce della propria coscienza.
Ha un senso ascoltarla. Stai facendo i sacrifici necessari per restare in campo e cercare il meglio?
Credo che se ognuno di noi facesse questo esame di coscienza, probabilmente si andrebbe meglio.
Noi oggi abbiamo ciò che ci meritiamo, perchè persino l’indignazione stenta a trovare uno sbocco.
Ammetto di essere un’anima inquieta, ma non ho intenzione di arrendermi. Sarebbe una sconfitta.
Mi rendo conto di quanto sia difficile trovare soluzioni utili e necessarie, ma la strada va percorsa.
Mi danno all’idea di non saper parlare alle giovani generazioni e di non poter trasmettere speranza.
La ricerca deve però proseguire con rinnovata speranza. Non accetto rassegnazione ed indifferenza.
Foto di Ivan Samkov