G.C.- “Il vagone dilaniato dall’esplosione sembra friggere, gli spruzzi degli schiumogeni vi rimbalzano su. Su tutta la zona aleggia l’odore dolciastro e nauseabondo della morte.”
E’ la strage in assoluto meno ricordata. Una di serie B. Eppure, quella bomba ad alto potenziale sita presso la vettura 5 dell’espresso Roma-Monaco di Baviera, il 4 agosto del 1974, delle persone ne uccise.
Dodici, per l’esattezza. Vittime dimenticate dalla società civile, difficilmente citate: Elena Donatini, Nicola Buffi, Herbert Kontriner, Nunzio Russo, Marco Russo, Maria Santina Carraro, Tsugufumi Fukuda, Antidio Medaglia, Elena Celli, Raffaella Garosi, Wilhelmus J. Hanema, e Silver Sirotti.
Morti in una strage rientrante nella strategia della tensione, ma uccisi una seconda volta dal silenzio che su loro è calato, ammazzati una terza dall’assenza di giustizia, nonostante i 42 anni trascorsi. Forse, per assurdo, la loro morte avrebbe assunto più valore se su quel treno, esploso presso San Benedetto Val di Sambro, in provincia di Bologna, fosse stato seduto, come effettivamente doveva essere, Aldo Moro.
Il democristiano, quel treno, lo perse. Fu raggiunto da alcuni funzionari e fatto scendere per firmare alcuni documenti: tanto bastò per salvargli probabilmente la vita, sebbene rimase successivamente ucciso dalle Br, appena quattro anni dopo. E un certo parallelismo è impossibile non riconoscerlo: negli anni della strategia della tensione, in fondo, essere di destra o di sinistra, per le persone normali, non significava più nulla: chiunque poteva finire macellato dagli estremismi rossi e neri, dalle bombe piazzate per le strade, nei bar, sui treni. E così, sfuggendo dalla furia neofascista, Moro morì tra le braccia di quella comunista.
Sì, perchè ad attribuirsi l’attentato sull’Italicus fu l’Ordine Nero, attraverso un volantino.
“Abbiamo voluto dimostrare alla nazione che siamo in grado di mettere le bombe dove vogliamo, in qualsiasi ora, in qualsiasi luogo, dove e come ci pare”, vi si leggeva. “Vi diamo appuntamento per l’autunno; seppelliremo la democrazia sotto una montagna di morti.”
Successivamente, grazie a un esponente della sinistra extraparlamentare, Aurelio Fianchini, venne diffuso uno scritto nel quale si imputava la colpa dell’attentato al neofascista Mario Tuti. Egli, uno degli esponenti più pericolosi del terrorismo nero, avrebbe agito assieme a Luciano Franci, Margherita Luddi, Emanuele Bartoli e Francesco Sgrò. A piazzare l’esplosivo sul convoglio -che, fortunamente esplose fuori da una galleria, risparmiando la vita a centiania di possibili vittime- sarebbe stato, secondo Fianchini, Piero Malentacchi, presso la stazione di Santa Maria Novella di Firenze.
Nello specifico, Mario Tuti fu il fondatore del Fronte nazionale rivoluzionario. Nel 1975 uccise due carabinieri, mentre, nell”81, dopo essere stato arrestato in Francia ed estradato in Italia, strangolò, assieme a Concutelli -affiliato alla P2 e assassino di Occorsio- il neofascista Ermano Buzzi, imputato nella strage di Piazza della Loggia. Fu condannato all’ergastolo e, nel suo curriculum criminale, figura anche la sua partecipazione nel ruolo di fomentatore nella rivolta del penitenziario di Porto Azzurro, prima di divenire un detenuto modello e guadagnarsi la semilibertà. Originario di Empoli, poteva vantare anche amicizie potenti, tra cui quella di Licio Gelli che, negli stessi anni della strategia della tensione, teneva le fila della P2 e raccoglieva attorno a sé vari esponenti del terrorismo.
D’altronde, che i poteri in quegli anni si adoperassero per collaborare al fine di destabilizzare l’Italia, è cosa nota: il neofascismo italiano, nello specifico, affiancato dagli apparati dei servizi segreti deviati, aveva come intento quello di bloccare l’avanzata del partito comunista. E la P2 vi collaborava con ardore, come sostenuto dalla Commissione Parlamentare che si occupò proprio della loggia massonica di Gelli. In una relazione della stessa si leggeva come “la strage dell’Italicus” fosse “ascrivibile ad una organizzazione terroristica di ispirazione neofascista o neonazista operante in Toscana”. Altresì, la “Loggia P2 svolse opera di istigazione agli attentati e di finanziamento nei confronti dei gruppi della destra extraparlamentare toscana ed è quindi gravemente coinvolta nella strage dell’Italicus.”
Nonostante gli indizi che chiaramente trapelavano nei confronti di Tuti e i suoi, l’uomo venne assolto definitivamente nel 1992 riguardo la strage dell’Italicus, grazie anche al prezioso contributo del discutibile magistrato “Ammazzasentenze”, Corrado Carnevale. Lo stesso, per inciso, che dichiarò non attendibile Buscetta, che invalidò le sentenze di condanna nei confronti dei fratelli Greco e di alcuni esponenti della Banda della Magliana, che fu tanto legato all’ormai defunto Andreotti e che venne accusato di concorso esterno in associazione mafiosa.
Li assolse tutti, i neofascisti. Dodici morti, quarantacinque feriti, ma nessun colpevole, nessun mandante, nessun esecutore. Tantissimi, in compenso, i misteri. Non solo quelli legati alla collaborazione tra il neofascismo e la massoneria: basti pensare, d’altronde, che per ben due volte, nell’82 e nell’85, vennero apposti i segreti di stato su quanto concerneva la strage. E ovviamente non potevano mancare i depistaggi, cominciati già prima della strage, quando cioè uno degli imputati, Sgrò, parlò di un imminente attentato, ad opera degli ambienti comunisti. Una volta avvenuta l’esplosione sul treno, però, apparve chiaro come le dichiarazioni dell’uomo altro non fossero che calunnie, atte a depistare le prossime indagini.
1 Comment
Carissima redazione di iskrae.eu
Nel pezzo di ArticoloTre da voi riportato: “Italicus: una strage di serie B”, Concutelli viene indicato come appartenente alla P2.
Era invece, secondo Guarino-Raugei in Licio Gelli – Vita, misteri, scandali del capo della loggia P2 – Edizioni Dedalo, pag.153, iscritto alla loggia Camea di S. Margherita Ligure. Sempre una accolita di delinquenti, ma di un’altra parrocchia.
Un vostro affezionato lettore