“ War Class Act dei padroni contro la Classe Lavoratrice ”
Controllo a distanza sui luoghi di lavoro
di mommorosso comunista
Di revisione della disciplina del controllo a distanza sui luoghi di lavoro, legata alla legge delega chiamata Jobs Act (Art.1 comma 7 lettera f) e che, di fatto, scavalca l’art . 4 dello Statuto dei Lavoratori (legge 300 del 1970), avevamo parlato qui:
https://www.iskrae.eu/?p=30788
I decreti attuativi sono, fortunatamente, ancora da realizzare e, nel frattempo, a riprova della crudeltà ed eccessiva invadenza nella nostra sfera privata da parte della misera masso-borghesia nostrana, arriva un monito dal Consiglio d’Europa (pur borghese ed imperialista):
http://www.controlacrisi.org/notizia/Lavoro/2015/4/5/44335-no-allo-spionaggio-sul-lavoro/
Questa la raccomandazione europea ( CM/Rec(2015)5 ) che, ricordiamo, purtroppo non è vincolante per il singolo paese:
Di seguito trovate un’accurata disamina della raccomandazione in relaziona alla vigente legislazione italiana (Statuto dei Lavoratori, Garante Privacy, etc.):
Certo, ora il nostro governo liberale (di destra) guidato da Renzi, dovrà “adattare”, o almeno così probabilmente dichiarerà di voler fare, il relativo decreto attuativo a tale direttiva e, dopo aver finto di accontentare la propria infima “minoranza” interna (con la modifica del Jobs Act, inserendo la specifica che il controllo deve essere fatto solo sulle macchine e non sugli uomini), dirà a tutti noi di aver “rispettato” ancor di più dignità e riservatezza, accontentando anche l’Europa un po’ più “buona”…. ricordiamo che controllare i soli “macchinari” equivale, in un simil contesto tecnologico a controllare, sempre e comunque, il lavoratore a questi collegato, dunque la “minoranza” interna del PD alla quale sta bene una tale ridicola modifica o è composta da incompetenti o è in malafede.
L’Europa stessa non è che chieda molto di più, limitandosi al rispetto della personale privacy e lasciando praticamente “mano libera” al controllo di macchinari, PC, email aziendali, etc., purché “strettamente necessario” e venga preventivamente comunicato alle oo.ss. e al lavoratore stesso, e che questo possa esser “libero” di visionare i dati raccolti ed eventualmente chiederne la cancellazione, ove ravvisi una violazione della propria privacy e dignità; come se il lavoratore avesse pari forza rispetto al padrone e ai suoi caporaletti e non fosse spesso vittima psicologicamente degli stessi.
Certo, ora potremo ricorrere anche alla Corte di Strasburgo, passando per i vari gradi di giudizio nazionali, per tentare di far valere l’applicazione di tali indicazioni e\o la disapplicazioni di norme, accordi interni aziendali, o anche semplici comportamenti padronali, che violano la legge. Come se il lavoratore, ripeto, avesse la stessa forza del borghese, gli stessi avvocati, lo stesso tempo per studiare ed analizzare la situazione (il proletario lavora per vivere, il ricco borghese no), la stessa tranquillità (il proletario spesso è totalmente sottomesso durante il processo produttivo); e anche quando, sostenuto magari da qualche sindacato, riuscisse ad aver ragione (cosa che capita sempre meno, si veda arche l’ultimo caso, in differente contesto, della ditta milanese Franco Tosi) rischierebbe di vedersi riconosciuta solo moralmente la propria istanza senza che, l’ultimo tribunale possibile costituito dalla Corte Europea di Strasburgo, possa realmente perseguire il reato o eliminarne la fonte del torto subito direttamente nel singolo stato o imporre a quest’ultimo di farlo (si veda il recente caso della condanna europea dell’Italia per i fatti avvenuti nel 2001 alla Diaz di Genova).
Ma i comunisti, e chi scrive lo è, non si accontentano di ottenere “una soluzione normativa rispettosa dei diritti e degli interessi dei lavoratori e dei datori di lavoro, tenendo comunque presente l’esigenza di valorizzare i contributi da parte delle autorità competenti e delle organizzazioni di rappresentanza, ma con procedure e tempistiche adeguate alle dinamiche del mondo del lavoro”, come scrive Marcoccio Gloria a chiusura del suo articolo, precedentemente citato, su “diritto.it”.
Noi comunisti sappiamo che quello tra capitale e lavoro è un reale e non eliminabile conflitto, i cui ingannevoli tentativi di mediazione, nel corso della storia, hanno sempre portato, proprio in virtù dell’esistente dittatura della borghesia (e per questo falsi), ad un maggior sfruttamento della classe operaia globalmente intesa.
Noi comunisti vogliamo una società senza classi e, dunque, senza padroni (realmente possibile, anche se purtroppo non nel breve periodo); sappiamo benissimo che, nell’attuale contesto storico e sociale, dovendo ancora sopportare, speriamo per breve tempo, i padroni parassiti (che vivono con il nostro lavoro non pagato), non dobbiamo assolutamente cedere, qualsiasi sia il fronte di lotta con questi.
La lotta contro il controllo a distanza sui posti di lavoro è una delle battaglie che non ci possiamo permettere di perdere, ne va della nostra dignità e del nostro salario, in quanto, ricordiamolo, aumentando i ritmi di lavoro, con il ricatto del telecontrollo, aumenta il lavoro a noi estorto e non pagato: lavoreremo di più con lo stesso salario nominale in busta paga; il nostro salario reale sociale, comprensivo della salute persa a causa delle negative ricadute per l’invadente tecno-controllo e della sanità sempre più privatizzata, scenderà inesorabilmente.
Dobbiamo anche evitare che, anticipandosi ed allargandosi rispetto ad una legislazione a loro già ampiamente favorevole (fatta dallo stato borghese), i padroni assumano comportamenti particolarmente disgustosi, approfittando del fatto che il sentire comune rispetto al tema “privacy” e “dignità dei lavoratori” è in fase regressiva, complice un pervasivo e smodato uso di tecnologia terminale che non riusciamo, senza adeguate conoscenze, a controllare e comprendere adeguatamente; mi riferisco, ad es., all’eccessivo e\o improprio uso di smartphone, tablet, e social-network (es. Facebook) che sta modificando i nostri stili di vita ed il senso comune, facilitando, d’altro verso, il nostro capillare controllo sociale da parte della classe dominante.
A riprova di quanto appena affermato vi invito a leggere attentamente la prima parte del seguente interessante articolo di Clash City Workers “Storie di un impiegato di banca. Alle prese con i padroni… – Episodio uno. Il controllo a distanza del lavoro”:
http://clashcityworkers.org/documenti/articoli/1968-storie-impegato-banca.html
Condivisibili le considerazioni fatte in chiusura di questa triste e reale storia accaduta ad un lavoratore come noi (che dovete appunto leggere preventivamente):
“1. La questione del telecontrollo, presente tra l’altro nella riforma del lavoro di Renzi, il Jobs Act, è centrale perché grazie al progresso tecnologico i padroni, anche quelli “piccoli”, hanno nelle mani degli strumenti potentissimi per opprimerci e aumentare i livelli di sfruttamento. Non dobbiamo assolutamente sottovalutare quest’aspetto e mobilitarci in ogni modo per contrastare queste pratiche
2. Tutti, quando abbiamo un momento libero o facciamo una pausa, prendiamo in mano lo smartphone per passare il tempo. Ma noi che siamo gente tranquilla guardiamo le foto, andiamo su Facebook, mandiamo un messaggio, leggiamo una notizia… I padroni invece sono capaci di fare la cosa più noiosa e alienante al mondo, ovvero guardare le immagini delle telecamere a circuito chiuso. I padroni hanno i soldi potrebbero fare la bella vita, coltivare le proprie passioni, e invece a forza di sfruttarci si sono completamente “disumanizzati”, hanno perso qualsiasi interesse e l’unica loro preoccupazione è quella di arricchirsi.”
Un motivo in più per ricostruire, il più presto possibile, il Partito Comunista necessario!
Saluti Comunisti