Michele Crudelini
Da una parte Steve Bannon. Sovranista, esponente dell’universo alt-right e per certi versi anti establishment. Dall’altra Henry Kissinger. Il personaggio politico che più di tutti ha dettato l’agenda della politica estera americana dal secondo dopo guerra. Un pezzo grosso proprio dell’establishment.
Un’alleanza inaspettata
A rivelare l’anomala alleanza è stato Bloomberg che lo scorso 28 settembre usciva con un pezzo sul “ritorno di Steve Bannon”. Dopo essere stato “silurato” dal ruolo di stratega del tycoon, Steve Bannon pare ora essere diretto alla guida di un movimento personale. Una scelta che potrebbe condurlo direttamente alle prossime presidenziali americane, come già sottolineato su queste pagine. L’eventuale candidatura di Bannon non è però da sottovalutare perché, memore del suo passato da “stratega”, l’ex direttore esecutivo di Breitbart News sta intrecciando rapporti con rilevanti personalità americane.
Secondo Bloomberg, Bannon avrebbe così incontrato Henry Kissinger presso la sua dimora del Connecticut più volte nello scorso settembre. Secondo quanto riportato dallo stesso Bannon l’argomento della conversazione sarebbe stato proprio il declino della potenza americana nel mondo. Facendo un parallelo con quanto stava accadendo nei primi anni ‘70, quando gli Stati Uniti impantanati in Vietnam sembravano essere sul punto di perdere il confronto con i sovietici, Kissinger ha parlato delle attuali debolezze americane.
“Risvegliare il popolo americano”
Sempre da quanto dichiarato da Bannon, nel suo discorso, Kissinger avrebbe anche fatto riferimento al Comitato del Pericolo Presente. Un gruppo di lobbisti americani nato negli anni ‘50 con l’intenzione di contrastare la minaccia sovietica, attraverso una politica estera mirata e aggressiva. “Svegliare il popolo americano, come una campana di fuoco nella notte”, così lo ha descritto Bannon. Il risveglio degli americani può però coincidere con un conflitto su scala planetaria.
La Cina è infatti considerata la principale minaccia all’economica e alla sopravvivenza americana da parte di Steve Bannon. “Se non risolviamo la situazione con la Cina, saremo economicamente distrutti. Il tarsferimento forzato delle innovazioni tencologiche dall’America verso la Cina è il più grande problema economico del nostro tempo. Finché non ne usciremo, continueranno ad appropriarsi delle nostre innovazioni in favore del loro sistema e ci lasceranno come una colonia, come Jamestown per la Gran Bretagna, uno stato costretto a versare tributi”. Questa la visione che l’ex stratega di Trump ha della Cina.
Contrastare l’espansionismo cinese
Un approccio che peraltro sembrava essere condiviso dallo stesso Presidente, almeno nei primi mesi dal suo insediamento. Alcune dichiarazioni Trump affiancate dalla telefonata alla Presidente di Taiwan, avevano infatti fatto pensare all’inizio di un congelamento dei rapporti tra Washington e Pechino. L’allontanamento di Bannon dallo Studio Ovale ha però fatto cambiare strategia alla Casa Bianca. E ora si cerca proprio in Kissinger, colui che nel 1971 aprì i rapporti diplomatici con la Cina, un valido supporto la nuova sfida americana. Kissinger, pur essendo il simbolo dell’apertura a Oriente, condivide con Bannon l’idea che la non normalizzazione dei rapporti con la Cina possa portare a una guerra tra Washington e Pechino.
Il rischio di una guerra con Pechino
A proposito Breitbart riportava un recente discorso di Kissinger alla Columbia University, all’interno del quale si è potuto sentire che: “L’iniziativa della via della seta cinese, cercando di connettere la Cina al centro dell’Asia ed eventualmente all’Europa, avrà il particolare significato di spostare il centro del mondo dall’Atlantico al Pacifico. Mai come prima una potenza è cresciuta come la Cina e questo potrebbe portare tensioni e anche la guerra”. Si tratta dunque di ribilanciare i rapporti di forza economici tra Oriente e Occidente proprio per evitare uno sbilanciamento con conseguenze di tipo conflittuale.
Per questo l’ “America first” di Bannon potrebbe essere il cavallo su cui Henry Kissinger potrebbe puntare alle prossime elezioni. Nel frattempo Pechino pare aver già percepito questo ritorno di fiamma dell’alt-right e con un recente editoriale uscito sul Global Times, ha ammonito Washington di non intervenire nelle questioni aperte con l’India. Bannon ha un conto in sospeso con la Cina e proverà a chiuderlo alle prossime elezioni.
Ott 9, 2017