Il Kosovo molto più e peggio del Belgio per il numero di jihadisti pro capite che si sono uniti al Califfato. 314 su 1,8 milioni di abitanti, scrive il New York Times. Che accusa l’Arabaia saudita, alleato americano che ha speso milioni per diffondere il wahhabismo, forma rigida di islam sunnita che ha ispirato gli attentatori dell’11 settembre e che ora infiamma l’Isis. In Kosovo i sauditi hanno finanziato una rete di imam e moschee che diffondono la jihad nel nome della difesa dell’Islam. Due di questi Imam continuano a predicare a Pristina. E la Nato a comando italiano che fa?
Di rem
L’inchiesta pubblicata dal New York Times è stata condotta e documentata dalla giornalista Carlotta Gall. Per fortuna la collega è americana, ad evitarsi l’accusa di essere anche lei ‘filo serba’ perché critica su alcuni comportamenti albanesi kosovari. Dunque, il pasticcio Kosovo nei suoi più recenti effetti.
«Extremist clerics and se cretive associations funded by Saudis and others have transformed a once-tolerant Muslim society into a font of extremism».
E la beffa della moschea superintegralista ricavata in un ex negozio di mobili a pochi passi dalla gigantesca immagine di Bill Clinton sorridente alla sua creatura Kosovo nel boulevard a lui dedicato.
Negli ultimi due anni, la polizia ha identificato 314 kosovari – tra cui due attentatori suicidi, 44 donne e 28 bambini – che sono andati all’estero per unirsi allo Stato islamico, «il più alto numero ‘pro-capite’ in Europa», scrive la collega americana.
Adesso abbiamo anche la quantità di terroristi a testa (pensiero a quella altrettanto utile dei ladri o delle teste … di rapa).
Jihadisti locali radicalizzati e reclutati da un corpo di religiosi estremisti e di associazioni segrete finanziati da Arabia Saudita e altri stati arabi del Golfo attraverso «labyrinthine network of donations from charities, private individuals and government ministries». Una rete labirintica!
Dopo due anni di indagini, la polizia ha accusato 67 persone, arrestato 14 imam e chiuso 19 organizzazioni musulmane per incitamento all’odio e di reclutamento per terrorismo. Tutto dopo i bombardamenti Nato del 1999.
Ma dove gli americani hanno visto la possibilità di creare una nuova democrazia -recita patriotticamente Carlotta Gall- i sauditi ha visto una nuova terra dove diffondere il wahhabismo.
Il Kosovo ha ora più di 800 moschee, 240 dei quali costruite dopo la guerra. Dispacci diplomatici diffusi da Wikileaks nel 2015 rivelano un sistema di finanziamento per le moschee, centri islamici e chierici sauditi, che abbraccia l’Asia, l’Africa e l’Europa.
Esempio: nella sola New Delhi -da cui arriva il nostro Salvatore Girone- 140 predicatori musulmani sono sul libro paga del consolato saudita.
E nei Balcani, non ancora a guariti dalle guerre etniche degli anni Novanta, sono ora infettati da questa nuova intolleranza.
I musulmani in Kosovo, che sono stati parte dell’impero ottomano per 500 anni, seguono la scuola Hanafi dell’Islam, una versione liberale che accetta la pratica di altre religioni.
Ma in tutto il paese, cresce una nuova generazione di predicatori radicali sostenuti con denaro saudita.
In alcuni casi, sono stati demoliti edifici secolari, tra questi una biblioteca storica di Gjakova e moschee di 400 anni, e cimiteri e monasteri Dervisci, considerati idolatri nell’insegnamento wahhabita.
Proselitismo sulla base del primato della sharia assieme le idee di jihad violenta e takfirismo, che autorizza l’uccisione di eretici musulmani colpevoli di non seguire la loro interpretazione dell’Islam, e assistenza caritativa ma pelosa.
Famiglie che ricevevano sostegni mensili a condizione della loro attenta frequentazione in moschea e comportamenti pubblici adeguati, a partire dal velo per donne e ragazze.
Nel giro di pochi anni dalla fine della guerra, la vecchia generazione di chierici tradizionali albanesi ha iniziato a subire l’aggressione da giovani wahhabiti. Molti dettagli nel lungo reportage di Carlotta Gall.
A sintesi, e dopo questa trasformazioni radicale dell’islam tradizionale albanese, due giovani kosovari, nel 2014, si sono fatti esplodere in attentati suicidi in Iraq e in Turchia.
O la tentata incursione nel monastero serbo ortodosso di Decani, nel Kosovo occidentale dove, a gennaio, quattro islamisti armati sono stati fermati dei militari Kfor italiani ancora oggi schierati e difesa del monastero cristiano.
La strada di accesso al monastero cristiano ortodosso di Decani presidiata dagli italiani Nato
Aneddoti infiniti su predicatori radicali. Uno degli Imam arrestati sosteneva delle sua omelie, che “Il sangue degli infedeli è la bevanda migliore per noi musulmani”.
Tra le sue reclute, s’è scoperto, anche tre ex impiegati civili delle ditte appaltatrici Usa a Camp Bondsteel, gigantesca base militare americana nei Balcani -ormai la più grande in Europa- che, a parere di molti, ha ‘aiutato’ la decisione Usa di intervento militate a delega Nato contro la Serbia fortemente voluto dall’allora presidente Bill Clinton.
29 maggio 2016