di Angelo Ruggeri
URGE IL RECUPERO DI SOVRANITA’ CHE DEVE COMPORTARE LA RIVALORIZZAZIONE DEL VALORE DELLA RAPPRESENTANZA PARLAMENTARE E DEL FATTO CHE ALLA COSTITUENTE FURONO RECISAMENTE RESPINTE LE ULTRAMINORITARIE PROPOSTE DI SISTEMI DI GOVERNO AUTORITARI COME QUELLO PRESIDENZIALE FONDATO SU POTERE DEL “CAPO DI GOVERNO
(31-3-2020) – In questi 20 anni privi di alternative al degrado politico-sociale-culturale e di crisi della democrazia alimentata dalla indomita crisi dell’Europa, tutte crisi volute e imposte con i vincoli di un’Europa volta ad esautorare e ad impedire il recupero della “sovranità democratica”, – ovvero della «sovranità popolare» – e della «sovranità statale», volta a garantire il capitalismo burocratico che incentiva la crisi permanente con continue” bolle” speculative e la “bolla” di sovraproduzione già precedenti al coronavirus che ora le punge e le fa esplodere … in questi anni abbiamo sempre detto a chi ci interrogava che non c’era speranza ma che la storia certe volte compie accelerazioni impreviste e imprevedibili …, questa, pur se drammatica e terribile ci sembra essere una di quelle accelerazioni della storia… Con possibili esiti diversi… dagli anni 1930 (dopo la crisi del 1929) non è più esistito e non esiste un mercato senza stato, anche il cosiddetto neoliberismo di questi 30 anni è una bufala perché in realtà si è trattato uno statal/liberismo, un liberismo sancito da leggi dello stato che ha abdicato i propri poteri in materia economica a favore degli istituto di credito e delle imprese private … e regalate ai privati.
L’errore più grande ora sarebbe un piano di interventi e di spesa inteso solo come programma di emergenza mentre è necessario un programma permanente che veda e vada e si prolunghi molto oltre l’emergenza… cioè come è logico e naturale per intraprendere una politica di espansione a lungo termine, intesa ad evitare che ci sia gente costretta a “dormire sotto i ponti o a rubare legna nei boschi” direbbe il filosofo della morale… un programma che implica mutamenti profondi e la sostituzione della produzione per il profitto con la produzione per l’uso… Nel contempo è necessario riprendere la teoria della forma stato della nostra Costituzione e applicare la nostra SOVRANITA’ costituzionale, per realizzare un controllo politico e sociale della produzione e dell’economia pubblica e privata indirizzandola ai fini sociali… ma per quanto riguarda noi e tanti altri che l’hanno abbandonata è necessario anche riprendere la teoria marxista dello stato e una politica di controllo dell’economia, in opposizione all’interclassismo neoliberista, tipico del radicalismo fascista degli anni Venti e fatto proprio oggi da tutte le “sinistre” di destra…
… E’ a partire dalla tesi di uno stato solo “regolatore” (che fu del fascismo e che poi ed oggi è stata assunta dalla destra PCI e poi da tutta la sinistra…) , che si è pervenuti all’idea che, in tale ambito, la democrazia si risolverebbe solo nella contrapposizione di programmi gestionali tra forze di “alternanza” (cosi si dicono, con esplicito riconoscimento delle conseguenze politiche del rovesciamento delle proprie posizione teoriche sui problemi dell’organizzazione del potere) di uno stato “nazionalsovranazionale” , nel quale tutte le forze riconoscono il mercato come regolatore di ogni rapporto sia pubblico che privato.
Il recupero della “sovranità”, “democratica”, “popolare” e “statale”, specialmente alla luce della vicende della fase di emergenza del coronavirus, della cancellazione di fatto delle assemblee elettive sia Regionali che del Parlamento nazionale, sta dando plastica visione di quanto il “federalismo” sia un sistema di rapporti tra vertici decentrati e centrale, con l’assunzione di potere in capo ai presidente delle Regioni e del Consiglio, con forme di decretazione, ancorché atti amministrativi, come i DPCM, mentre, proprio quando l’emergenza è tale da inerire o limitare le libertà Costituzionali, anziché atti amministrativi, quali i Dec.Pres.Cons.Min., serve garantire nel modo più rigoroso il rispetto delle norme di supporto e di deliberazione legislativa, tocca cioè al Parlamento deliberare in merito ALL’EMERGENZA, alle libertà personali, alla sicurezza e alla salute (la salute e l’emergenza sono altra cosa dalla sanità assegnata alle Regioni). Sicché mentre si chiedeva a molteplici categorie (operatori sanitari, lavoratori dell’agro alimentare, dei servizi essenziali, della farmaceutica, ecc. ecc.) di restare al loro posto in quanto il loro lavoro è essenziale, nel contempo – quasi a dar ragione a coloro che dicono che il parlamento non serve – i parlamentari abbandonavano il loro posto che è il più essenziale di tutti, e il Parlamento che è il “servizio pubblico” più essenziale di ogni altro rimaneva vacante e sostanzialmente esautorato dalle modalità di decisione assunte dal “capo del governo” che ha dato per giorni e settimane la visione dell’esistenza di una specie di “regime del capo”, (ancora una volta in nome dell’emergenza che da molti anni – anche nel campo economico – funge da giustificazione di atti che nella forma e nel contenuto sono spesso fuori dalla sensibilità e fuori dalla Costituzione)… QUINDI ANCHE E PROPRIO ALLA LUCE DELL’EMERGENZA, URGE IL RECUPERO DI SOVRANITA’ E QUESTA DEVE COMPORTARE ANCHE LA RIVALORIZZAZIONE DEL VALORE DELLA RAPPRESENTANZA PARLAMENTARE, L’IMPORTANZA DEL DIBATTITO E DELLA DIALETTICA POLITICA PARLAMENTARE, riflessiva di quella sociale, RIVALORIZZANDO il fatto che ALLA COSTITUENTE FURONO RECISAMENTE RESPINTE LE PROPOSTE ULTRAMINORITARIE DI DAR VITA A SISTEMI DI GOVERNO “AUTORITARI”, come quello presidenziale fondato sul potere del “capo di governo” o dello stato e quello di “gabinetto” con il sistema elettorale uninominale, respingendo quindi la disponibilità a far propria una di queste due versioni istituzionali, tanto più rischiosa e deviante in quanto l’inevitabile ricorso ad un linguaggio “populistico” e vuoto di contenuti porta ad evocare una impostazione interclassistasia nello stato “nazional/sovranazionale” che anche nell’ambito della sovranazionalità europeistica.
E’ inseguendo l’Europa che l’Italia ha incrociato il federalismo “interno” nella prospettiva di quello “esterno”, senza sapere cos’è veramente il “federalismo”, che è essenzialmente forma istituzionale dei rapporti tra vertici esecutivi di regione e governo e di simbiosi tra il “capo” dell’esecutivo esponente dell’istituzione centrale o regionale e il “capo” esponente degli interessi d’impresa. Cosa questa che è stato persino resa visibile dall’immagine televisiva del capo del governo Conte che, dopo aver annunciato la firma del DPCM il sabato sera, l’indomani, ha operato l’intera domenica in simbiosi col vertice confindustriale per ampliare l’aperture di settori e imprese. Persino attribuendo ai Prefetti il potere di intervento per mantenere aperte attività produttive non essenziali come l’aeronautico di Varese per la cui apertura è intervenuto il Prefetto. Nel rapporto federalistico di vertici regionali e centrale con i vertici d’impresa, si trova facilitato o anche sostenuto la piena libertà del mercato, la libertà incontrollata all’impresa, dell’iniziativa privata e del profitto privato, per questo il federalismo è anche la forma istituzionale più amata dal grande capitale industriale e finanziario. Per comprendere quanto il “federalismo” sia la forma istituzionale del mercato d’impresa, basti vedere come nella UE il carattere fondante dei rapporti economici sono messi in luce dalle tappe di costruzione dell’”Europa”, che ha avuto e mantiene per suo nucleo di fondo la garanzia della libera concorrenza di mercato, e “solo” come suo “contorno” le norme istituzionali e sulla cittadinanza, che plasticamente sanciscono il carattere derivato del diritto e delle istituzioni dal sistema determinato e determinante dei rapporti di produzione.
… il termine stesso di programmazione venne sostituito dal termine ECOLOGIA, che fu introdotto da destra: DALLA OFFENSIVA IDEOLOGICA DI NIXON (1970) E DI FANFANI (1971) con cui il termine “ecologia” è andato surrogando la “programmazione” proprio per contrastarla e impedirla, dopo che “programmazione” aveva dominato il campo e l’agenda politica, economica istituzionale negli anni 60 e 70. In merito va ricordato che quando si parlava di “partecipazione” come presenza democratica e non corporativa delle masse nella società e nello stato, facendo risalire all’art. 3 della Costituzione il fondamento di una rivendicazione di un nuovo potere per i nuovi diritti, già si erano colte le premesse di uno sviluppo delle soggettività in termini che se oggi risultano deboli è perché sono scollegati da un dimensione complessiva che è quella propria della programmazione, sono cioè scollegati dalla dimensione complessiva della contrapposizione degli interessi. Sicché QUELLA CHE VIENE OGGI DENUNCIATA COME “FRANTUMAZIONE” IN VERITA’ VA CRITICATA COME “SEPARATEZZA” di cosiddette “MONOCULTURE”, TRA CUI SPICCA quella ECOLOGICA, DA UNA VISIONE REALMENTE ORGANICA DELLA COMPLESSITA’ SOCIALE.
Con ciò si comprende bene come fosse oculata l’iniziativa di Nixon e in particolare quella di Fanfani (nel 1971) NEL VOLER CONTRAPPORSI ALLA PROGRAMMAZIONE, si che tramite UNA vera e propria azione ideologica e manipolatoria RIUSCI‘ a imporre un concezione della ECOLOGIA come cosa “separata” e quindi opposta alle istanze dei contenuti complessivi dei bisogni, del lavoro, della produzione e dell’economia della politica di PROGRAMMAZIONE.
Quando, viceversa, se si considera che “LA PRIMA LEGGE DELL’ECOLOGIA” è “OGNI COSA E’ LEGATA A TUTTE LE ALTRE” (Barry Commoner), questa stessa prima legge dell’ecologia costituisce nei fatti la base stessa del PRINCIPIO di PROGRAMMAZIONE che è quella della INCLUSIONE di ogni questione e bisogno e in cui e inclusa anche l’ecologia come parte della questione sociale… per finalizzare il tutto all’interesse sociale, tutta l’attività economica e produttiva pubblica e privata. La programmazione è appunto una dimensione inclusiva e complessiva volta a superare ogni separatezza di ogni questione dalle altre, all’interno del processo programmatorio complessivamente, socialmente e politicamente considerato e determinato.