E’ in fase molto avanzata una trattativa tra il governo cinese e quello cubano per la creazione, nell’isola caraibica, di una base militare d’addestramento militare congiunta.
La per certi versi deflagrante notizia è stata però praticamente ignorata, ‘oscurata’ dal mainstream occidentale e perfino dai vertici Usa.
Non si tratta certo dei missili sovietici del 1962 che stavano per portare al terzo conflitto mondiale. Ma la cosa dovrebbe preoccupare non poco i vertici della Casa Bianca, soprattutto in vista della prossima campagna elettorale per le presidenziali.
Di tutta evidenza l’amministrazione Biden non ha intenzione di fare la voce grossa, in questo momento, con il colosso cinese, dopo che il presidente Usa ha dato del ‘dittatore’ a Xi quando il capo del Dipartimento di Stato Antony Blinken è tornato giorni fa dalla missione a Pechino. E proprio in quella occasione il ‘falco’ Blinken ha fatto un certo molto vago cenno alla ‘questione cubana’, quando ha precisato: “Proteggeremo la nostra patria, proteggeremo i nostri interessi”.
Comunque il ‘giallo cinese’ è più che mai in prima linea nell’agenda Usa: con il fronte Taiwan più bollente che mai e che sta creando qualche discrepanza tra gli stessi Biden e Blinken: con quest’ultimo a quanto pare, e inaspettatamente, più disponibile al dialogo con Pechino, a fronte di un intransigente Biden.
Ma torniamo a Cuba.
Negli ultimi giorni ha tirato fuori la trattativa tra Pechino e l’Avana per dar vita ad una nuova base comune d’addestramento un reportage del ‘Wall Street Journal’, che riferisce notizie ricevute in forma anonima da una fonte ‘presidenziale’. E lo stesso autorevole quotidiano statunitense, ancor prima, aveva scritto di una “struttura di spionaggio cinese” ubicata nella stessa Cuba. E a supporto della notizia, ha rivelato come la circostanza non sia nuova, perché da anni – secondo alcune fonti- sarebbe attiva un’unità di spionaggio a Cuba, con una propria installazione, addirittura potenziata nel 2019.
Secondo la stessa fonte, la nuova base cubana rientra nel più ampio ‘Progetto 141’: ossia il tentativo, portato avanti dai vertici cinesi da tempo, di dar vita ad un network globale, in grado di supportare lo sforzo logistico e militare di Pechino a livello internazionale. Ed in questo contesto rientra, ad esempio, una base già operativa a Gibuti, proprio come quella che verrà installata a Cuba.
“Un progetto parallelo a quello della ‘Belt and Road Initiative’ con il quale il presidente Xi intende espandere la presenza economica, commerciale e politica della Cina”, sottolineano gli esperti di geopolitica. E ciò non può che far suonare più di un campanello d’allarme alla Casa Bianca.
Senza contare, poi, il legame sempre più stretto tra Cina e Russia, confermato dai vertici di Pechino anche dopo la fallita marcia del capo Wagner Evgenij Prigozhin su Mosca.
E non dimentichiamo la continua crescita e sviluppo dei BRICS, di cui la ‘Voce’ha spesso parlato. Ossia l’asse cooperativo-economico-commerciale, in vita da ormai quasi un quindicennio, tra Brasile-Russia-India-Cina-Sudafrica al quale stanno pervenendo richieste di adesione da molti paesi. E da segnalare il forte attivismo della banca dei BRICS, la ‘New Development Bank’, al cui vertice è stata nominata mesi fa Dilma Rousseff, l’ex presidente del Brasile, braccio destro di Ignacio Lula da Silva e convinta sostenitrice di un ormai irreversibile processo internazionale di de-dollarizzazione.
A questo proposito vi proponiamo la lettura di due interessanti e lunghi documenti. Il primo – pubblicato dall’Antidiplomatico – riguarda gli stralci più significativi di un recente intervento del politologo e storico di fama Michael Hudson al ‘Global University’ di Hong Kong: il focus centrale è su un nuovo socialismo dalle caratteristiche euro-asiatiche.
Il secondo è un articolo firmato da un grande esperto di geopolitica euroasiatica, Pepe Escobar, animatore dell’ottimo sito ‘The Cradle’.
Basta premere sui link in basso per leggerli (il secondo è in lingua originale).
26 Giugno 2023
LINK
Michael Hudson – Il socialismo ‘con caratteristiche euro-asiatiche’ è il futuro
The Greater Eurasia project: Building bridges and breaking barriers