Sanzioni occidentali contro banche e oligarchi di Putin. 800 soldati Usa spostati dall’Italia al Baltico. Stop a Nord Stream e braccio di ferro sul gas.
L’ambasciatore russo negli Stati Uniti, Anatoly Antonov, dopo l’annuncio del presidente americano di nuove misure economiche contro Mosca:
«Le sanzioni non risolveranno nulla con la Russia. Difficile immaginare» che Mosca cambi politica estera sotto la minaccia di misure restrittive».
«Non ricordo un solo giorno in cui il nostro Paese è vissuto senza subire alcuna restrizione dal mondo occidentale».
La crisi vista dall’altra parte
La Russia con Putin ma contro la guerra
Spesso i numeri, più delle chiacchiere, mettono tutti d’accordo. Secondo il “Levada Center” (istituto senz’altro affidabile), il 50% dei russi pensa che la crisi ucraina sia colpa della Nato, il 16% di Kiev e un misero 7% attribuisce la responsabilità a Mosca. Tuttavia, solo il 16% approverebbe l’operato di Putin in caso di guerra, mentre il 31% sarebbe decisamente contro e il resto non si esprime. Addirittura, il 79% della popolazione russa pensa che sia necessario migliorare le proprie relazioni con l’Occidente. Ma attenzione: per quanto riguarda le sanzioni, fino all’anno scorso l’87% dei russi non esprimeva particolari preoccupazioni. E anche ora, ben il 66% si dice tranquillo. Questi dati devono fare riflettere. Le Unità di crisi che, ai piani alti delle Cancellerie occidentali, stanno studiando come reagire alle mosse di Putin sull’Ucraina, s’interrogano su quale possa essere la risposta più efficace. Scartata, per ovvii motivi e a meno di pazzesche derive tattiche, qualsiasi coinvolgimento militare diretto, si ragiona di sanzioni economiche. Giusto. In linea di principio. Ma questo è “solo” quello che pensiamo noi.
Cosa lui pensa che pensiamo di lui
Una ingarbugliatissima matassa di questo tipo, richiede un approccio più sofisticato. In sostanza, dobbiamo “entrare” nella mente del nostro interlocutore (o avversario) e cercare di percepire ciò che lui pensa “che noi pensiamo di lui”. No, non è uno scioglilingua, ma uno dei cardini della “Teoria dei giochi”, uno strumento formidabile per fare la scelta più corretta. Per questo, quando la posta in palio è la pace, costi quel che costi, occorre sforzarsi di “capire” e, prima ancora, di “sapere”. Le informazioni dipingono uno scenario, ci fanno percepire le posizioni della controparte e ci aiutano a muoverci nella direzione giusta. Questo è il metodo.
Perché Putin ha accelerato
Nel merito: perché Putin ha accelerato? Finora aveva sempre “resistito” a molte sollecitazioni politiche, che gli chiedevano di riconoscere l’indipendenza di parte del Donbass. E poi come mai ha dislocato molte forze in Bielorussia? Beh, più che in funzione solo anti-ucraina (basta guardare la cartina strategica di “Rochan Consulting”) forse è un messaggio lanciato anche a chi pensava di sostenere una “rivoluzione arancione” non solo a Kiev, ma pure a Minsk. E il colpo di mano in Crimea nel 2014? Certo, un atto di pirateria, che lede il diritto internazionale. Ma la Crimea, nei secoli, è sempre stata russa. Kruscev (mezzo ucraino, cresciuto a Donetsk) nel 1954 la “regalò” a Kiev, che però allora era Urss. Questo per dire che il discorso televisivo di Putin dell’altra sera, ancorché muscolare e in diverse parti palesemente stonato, per quanto riguarda alcuni risvolti storici non era del tutto campato in aria. Vladimir Vladimirovic non ha accennato al Kazakistan, dove (forse) qualche servizio segreto straniero stava per giocargli un altro brutto tiro.
‘Vizio congenito’ nei rapporti Usa Russia
Ma lui ha reagito, spedendo subito, a rimettere le cose a posto (a modo suo), le truppe di una coalizione (riconosciuta dall’Onu) capeggiata dalla Russia. E allora, al tirar delle somme, qualche analista che canta fuori dal coro pensa che ci sia una sorta di “vizio congenito”, nei rapporto tra Stati Uniti e Russia post-sovietica. I primi hanno “vinto” la Guerra fredda e la seconda l’ha persa, col risultato che gli americani si sentono chiamati dal Signore a “esportare” la democrazia (e il loro sistema sociale ed economico) nel resto del mondo. La Dottrina Clinton, sostenuta da pensatori come Leslie Gelb e Francis Fukuyama, però non è che finora abbia fatto sfracelli. Anzi. Il sacro principio della “tutela delle minoranze” è stato applicato a intermittenza.
Secessioni e minoranze a intermittenza
Basti ricordare la ex Jugoslavia, dove l’Occidente ha innescato una disgregazione tramutatasi in guerra civile (oltre 200 mila morti). Né maggiore fortuna ha avuto il verbo istituzionale “wasp” d’Oltreoceano nell’universo islamico, dall’Algeria, all’Egitto. Con elezioni “sgradite”, seguite da colpi di stato pilotati. Alla faccia della democrazia. Per non parlare del carnaio libico. Nel nostro caso, Putin, oligarchi o no, pare abbia sviluppato un progressivo “complesso dell’accerchiamento”. Che era pure il chiodo fisso di Stalin.
Usa e la ‘Strategia del carciofo’
È convinto che gli americani stiano portando avanti una “strategia del carciofo”, togliendo alla Russia tutto il “cordone sanitario” di Stati che la circondano. Per poi puntare dritti al cuore del potere moscovita, defenestrandolo dall’interno. Insomma, per il Cremlino sono proprio gli americani a giocare sporco. Tra le altre cose, molti leader, come Gorbaciov, Medvedev, Shevardnadze, ma anche politici come Genscher e ambasciatori (Matlock), hanno rivelato che gli Stati Uniti si sono rimangiate le assicurazioni che erano state date a Mosca sull’allargamento della Nato. Pur di riunificare la Germania, l’Occidente si era impegnato a non fare aderire all’Alleanza atlantica nessuno dei Paesi che facevano parte dell’ex Patto di Varsavia. Beh, visto com’è finita, almeno in questo forse i russi qualche piccola ragione ce l’hanno.
23 Febbraio 2022