Iskrae prosegue nella ricerca di alcune parti dei racconti dei brigatisti (e non solo) che rimangono, sin qui, poco chiari e/o omessi e che vorremmo portare a galla.
Il 28 gennaio 1982 viene liberato a Padova il generale americano James Lee Dozier rapito dalle Brigate rosse il 17 dicembre 1981. Il sequestro è strano per certi versi. Possono le Brigate rosse, oramai divise in diversi tronconi, sperare di affrontare con successo il gigante USA? Se poi ci mettiamo le ricostruzioni, le ipotesi, i dubbi sul sequestro Moro, viene spontaneo chiedersi se dietro le Br c’era la Nato perché le Br fanno un’azione anti-Nato. Nello stesso 1981 un altro troncone delle Br, quello guidato da Giovanni Senzani sequestra a Torre del Greco l’assessore regionale ai lavori pubblici Ciro Cirillo uccidendo un maresciallo di scorta e l’autista. Ma a Napoli chi comanda? Lo Stato? No, la camorra. Perché le Br s’infilano in una strada senza uscita? E poi perché la DC decide di trattare per la liberazione di Cirillo mentre aveva lasciato morire Moro? Certo Moro aveva una levatura politica di altro genere e voleva accordarsi con il Pci mentre Cirillo era solo un miserabile legato alla camorra che al massimo poteva accordarsi sulle tangenti. Verona come Napoli.
Torniamo a Dozier. Vengono arrestati diversi brigatisti che tra una “tortura” e la spartizione di qualche decina di milioni del miliardo messo a disposizione degli americani decidono di collaborare con le forze dell’ordine e la magistratura. Tra quelli che non collaborano c’è quello che Controinformazione, l’organo di stampa delle Br, definisce “l’eroe Di Lenardo”. Eroe per cosa? Per avere picchiato, seviziato e ucciso un “prigioniero inerme”, parlo di Giuseppe Taliercio (Evito per rispetto i particolari agghiaccianti sul trattamento riservato a Taliercio)? Allora è eroe anche Giovanni Senzani che uccide a sangue freddo, dopo un processo-farsa Patrizio Peci, fratello del pentito Patrizio, con Bandiera rossa come sottofondo?
Ancora oggi molti ex brigatisti sono considerati (da qualche psicolabile dei centri sociali) e considerano “eroi” essi stessi narrando nei loro libri-spazzatura le loro esperienze criminali che nulla hanno a che fare con la liberazione dell’uomo… Se proprio vogliamo parlare di eroi pensiamo ai cinque uomini della scorta di Moro, assassinati dalle Brigate rosse con la complicità di parastatali del crimine al servizio di settori sporchi della DC e dello Stato….
Torniamo a noi. Viene diffusa ad arte l’idea che l’Italia sia diventata una sorta di paese sudamericano nel quale si pratica costantemente la tortura. La Francia, soprattutto le donne della sinistra francese, sono pronte quindi ad accogliere a braccia aperte quelli che si considerano rifugiati politici ma che alla prova dei fatti sono solo delle “macchiette”. Alessio Casimirri e Rita Algranati, già a Parigi da tempo fanno sapere tramite un contatto comune al sottoscritto e ad altri che Savasta sta collaborando ed è quindi il caso di spostarsi in a Parigi… Partiamo in 5 a fine febbraio/inizio marzo 1982.
Il nostro referente è Antonio Bellavita, ex direttore della rivista delle Br Controinformazione latitante in Francia da anni per una condanna a sette anni. Lavora al quotidiano Liberation e ha rapporti con tutta la sinistra francese. François Mitterand è diventato Presidente della Repubblica e nel suo governo ci sono molti gauchistes come consiglieri con i quali Bellavita ha rapporti molto stretti. Poi ci sono molti militanti della sinistra italiana come Oreste Scalzone che hanno dato vista all’Associazione dei rifugiati politici italiani, una sorta di setta che raccoglie molti ruderi della violenza politica in Italia e soprattutto molti parolai. Bellavita fa presente a Casimirri, Algranati e me che, essendo responsabili di reati di sangue, non possiamo ottenere lo status di rifugiati politici mentre gli altri si sistemano comodamente nelle case di vecchie e meno vecchie militanti della sinistra francese desiderose di avere come “compagno” uno “scampato alle persecuzioni politiche in Italia”. Nascono parecchi legami sentimentali e la situazione sfiora il ridicolo perché molti personaggi che in Italia non verrebbero neanche arrestati lì diventano una sorta di “commissari del popolo”, esperti di rapporti tra “compagni”, consiglieri politici ma soprattutto “stalloni italiani”. Le organizzazioni “comuniste” armate o disarmate si sono ricreate a Parigi. A Casimirri. Algranati e me vengono proposte due alternative 1) Andare con i propri mezzi in Nicaragua e avere la certezza di non essere estradati (certezza che con Rita Algranati si rivelerà una bufala) 2) cercare un contatto con un paese arabo (Iraq, Siria, Algeria, Libia, ecc) tramite canali non ufficiali. Ma, ci viene detto da Bellavita, andare lì significa pagare un prezzo. Il prezzo è quello di lavorare per i servizi del paese ospitante cioè a dire attentati, omicidi, ecc. contro obbiettivi stabiliti. Casimirri e Algranati scelgono il Nicaragua. Io rifiuto entrambe le ipotesi. Su Alvaro Lojacono gira la voce che sia in Algeria ma nulla di certo. A questo punto scatta la persecuzione. Qualcuno ipotizza che io voglia pentirmi e tornare in Italia per collaborare. Sono quindi “latitante” virtuale per l’Italia e latitante reale per i miei ex compagni che mi cercano per Parigi.
Ad un certo punto vengo a sapere che dall’Italia arriverà un emissario delle Brigate rosse che cerca contatti per chi vuole uscire dall’Italia e comunque allontanarsi dalle Br oramai fratturate. Si tratta di Eugenio Ghignoni, poi condannato in primo grado all’ergastolo e poi assolto a seguito delle necessità giudiziarie di Morucci e oggi responsabile regionale della CGIL. In tanti cominciano a pensare al futuro che siano pentiti, dissociati o irriducibili. Paliano arriva anche a Parigi…
Latitante nella latitanza, “ricercato” dai miei compagni, dai segugi di Antonio Bellavita (ne nomino uno come esempio: l’avvocato di Milano Luigi Rosati, ricercato e in seguito assolto) vengo a sapere che un giorno di settembre Casimirri e Algranati sono “spariti”. Nessuno sa dove siano finiti né Bellavita né le compagne francesi “compiacenti”, né gli altri membri del gruppo con cui mi ero allontanato dall’Italia. “Saranno stati arrestati” pensiamo, anche se la cattura sarebbe stata resa nota……Dopo una settimana viene fatta recapitare a un membro del gruppetto una lettera di Casimirri nella quale c’erano scritte cose molto strane. Casimirri dice che lui e l’Algranati sono stati seguiti per tutta Parigi da circa ottanta agenti delle Digos, di essere riusciti a seminarli dopo una settimana di fuga, di essersi cibati di quello che trovavano per strada e di essere rimasti alcuni giorni chiusi dentro un orinatoio pubblico e altre amenità simili…
A questo punto convinco altri due ex militanti a staccarsi dal manicomio politico creatosi a Parigi. Siamo a settembre 1982 poco dopo l’omicidio del gen. Dalla Chiesa. Decidiamo di tornare a Roma e di ignorare le minacce ricevute dagli ex militanti br e simili, da Bellavita, e da quella canea di stalloni italiani che hanno trovato quello che cercavano in Francia. In Italia non avevano aderito alle Brigate rosse ma in Francia hanno trovato finalmente un “senso” alle loro vite inconcludenti basate su quello che chiamano “marxismo-leninismo-maotse-tung-pensiero” ma che in realtà si basa sul “rifiuto del lavoro” inteso come desiderio di vivere alle spalle di altri, sul “collettivismo” dei beni degli altri, sul loro essere parassiti e inutili alla società. Questo erano i miei ex compagni nella migliore delle ipotesi. Poi c’erano quelli che collaboravano con lo Stato, quelli che avevano rapporti con lo Stato, quelli che avevano genitori che mandavano soldi senza limiti, quelli che non avevano scrupoli a vendere le proprie anime… Questo erano per la maggior parte le Brigate rosse che dicevano di essere composte da proletari, da studenti, da precari… questi erano i rivoluzionari, quelli che volevano cambiare il mondo…
5) continua