A cura di Raffaele Simonetti
Presentazione fatta il 15 novembre 2013 a Milano presso la Feltrinelli Duomo, con la partecipazione di Giuliano Pisapia, Gad Lerner e Peter Gomez.
Di seguito una mia relazione sulla presentazione, a cui sono andato superando la forte intolleranza verso tutti e quattro gli animatori e, soprattutto, il timore di ascoltare discorsi di circostanza e, ovviamente, poco che aiutasse la comprensione.
Devo dire però che, pur tra la prevedibile difesa delle posizioni e le semplificazioni ad uso del pubblico, alcune affermazioni e citazioni (sia dell’autore che degli intervenuti) meritino di essere registrate e valutate. Questa la motivazione di queste note.
Nel seguito: le frasi testuali sono sottolineate e quelle ritenute più significative sono in grassetto; in corsivo e in parentesi quadre chiarimenti e mie considerazioni.
Riferimenti all’evento
INCONTRO CON ACHILLE OCCHETTO
Venerdì 15 Novembre 2013 dalle ore 18:00
Milano presentazione del libro La gioiosa macchina da guerra con Pisapia, Lerner e Gomez.
Il sito occhetto.com (qui sotto l’immagine del logo) è stato registrato il 26 giugno 2008 da: Massimiliano Occhetto, Roma 00148. Con tutta probabilità si tratta del figlio di Achille; la Wikipedia infatti informa che: «In Sicilia ebbe anche due figli con Elisa Kadigia Bove, Massimiliano e Malcolm.»
La presentazione
[ Sala gremita con buona parte in piedi: inizialmente circa 100 persone successivamente di più, pochi giovani.
Mi ha alquanto meravigliato di non vedere nessuna faccia conosciuta (forse perché conosco poche persone a Milano, dell’area socialista?). Pisapia è arrivato dopo una mezz’ora in quanto impegnato in consiglio comunale. ]
Lerner
Inizia con grandi elogi e crediti alla figura di Occhetto: il libro ci presenta una “bellissima persona”, che è stata “a tu per tu con Togliatti” ; ricorda pure che all’epoca del funerale di Togliatti era a capo della Fgci e perciò pronunciò una delle orazioni funebri al funerale [ascoltandolo ho pensato che Lerner non ha nulla da imparare da Vespa].
Citando dal libro, ricorda che Occhetto: mai rinnegherebbe di essere stato comunista, che non si è trattato di “cambiare nome al Pci, ma chiudere un’esperienza”, che si trattava di una “una decisione già ampiamente discussa… aleggiava da anni”.
Ricorda un colloquio a tu per tu con Berlinguer [ notare la ripetizione di questa formula da parte di Lerner ] in cui è venuta fuori all’improvviso la domanda: “E se cambiassimo nome al partito?”.
[L’episodio è raccontato, ma in termini alquanto diversi, a pagina 7 del libro di Luca Telese ‘Qualcuno era comunista’.
Al momento ho inteso che la domanda l’avesse posta Berlinguer ad Occhetto (ma può darsi che mi sia sbagliato), mentre in Telese è detto chiaramente che la domanda l’ha posta Occhetto a Berlinguer.]
Menziona il machiavellismo di Togliatti, la pagina 33 del libro, la “demolizione del senso del potere”, cita l’introduzione di Michele Serra in cui è detto : “la sconfitta di Occhetto in nome del ‘continuismo’”.
Inciso confidenziale di Lerner ad Occhetto: “scusami Achille, nel libro non è approfondita l’alterità con D’Alema” [ immagino fosse un invito a dire male di D’Alema, che però Occhetto ha evitato di raccogliere].
Definisce quello di Occhetto un progetto di contaminazione, una parola che ricorre spesso nel libro, di forze laiche, cattoliche, ecc. non-comuniste.
Conclude dicendo: “Mi piacerebbe un PD con un posto e un ruolo per Occhetto”.
Gomez
Inizia con elogi di prammatica (“bello…”) ricordando che lui è un liberale e proviene dalla destra (era ne il Giornale di Montanelli) “ma aveva molti amici ben disponibili a entrare e votare per quel partito”.
Ricorda che la corrente migliorista, di cui faceva parte Napolitano, voleva casomai andare con il PSI e che la loro rivista, Il Moderno, riceveva pubblicità da Eni e Fininvest.
[ Questo sottolineatura del fatto che le posizioni di Occhetto erano contrapposte a quelle dei miglioristi è in linea con gli attacchi de il Fatto Quotidiano a Napolitano ].
Conclude apprezzando l’onestissima dichiarazione di Occhetto di aver sottovalutato la discesa in campo di Berlusconi.
Pisapia
Riconosce ad Occhetto di “aver sempre, anche in situazioni difficili, di far fare passi avanti al suo partito” e di aver operato per “uscire dal buco nero del comunismo”.
[ Subito dopo però, rendendosi conto di averla sparata grossa (anche se l’uscita non gli è certo sfuggita di bocca), dice poche e confuse parole ricordando la Resistenza – intendendo che quella era una cosa buona.
Questa uscita di Pisapia riassume una costante di tutto il dibattito che meriterebbe analisi di specialisti: chi parlava dava al sostantito e all’aggettivo “comunista”, a seconda di quello che intendeva trasmettere ai presenti, di volta in volta una valenza positiva o negativa, di merito o di colpa. E mi chiedo quanti nell’uditorio si siano resi conto della contraddizione.
Infine: l’uso della locuzione “buco nero” per il comunismo è funzionale all’equiparare il comunismo al fascismo? ]
Prosegue ricordando che lui [Pisapia] non è mai stato comunista e sentiva la mancanza di libertà del comunismo e giustificando lo slogan che Occhetto ha messo come titolo notando che, in caso di vittoria, sarebbe stato un motto da ricordare.
Riprende la doppia valutazione sul comunismo dicendo: “Il PCI in Italia ha un passato nobile, ma all’estero…” e liquida la teoria sugli accordi per portare Occhetto alla segreteria dicendo: “una battuta di D’Alema diventa il patto del garage”.
Segue una inspiegabile divagazione introdotta a partire dalla domanda: “Ci deve essere un ‘essere superiore’? e sulla problematicità di spiegarlo.
[ Sarò malpensante, ma l’unica spiegazione razionale che trovo per questo insolito accenno all’esistenza di dio (nel contesto della presentazione di questo particolare libro) è che Pisapia con “essere superiore” intendesse alludere ad altro, e naturalmente ho pensato al Grande Architetto della massoneria. ]
Chiede di chiarire sul “compromesso storico” (ma anche questa sollecitazione ad Occhetto rimarrà insoddisfatta), che ritiene “un errore da parte di Berlinguer” e ricorda che già a suo tempo Occhetto aveva avuto dei dubbi.
Dice a proposito di Occhetto: “per me è molto bello vederlo alle riunioni di SEL” e sottolinea la presenza della parola libertà nel nome di SEL (ecologia è stato aggiunto dopo ma non è così significativa).
Passaggi finali: “Questo libro dovrebbe dare speranza… Credo si debba ripartire dal basso e non con unioni di partiti distaccati dalla base. … Io ero un grande proporzionalista, ma i tempi cambiano e ora per governare occorre…”
Occhetto
Dato che sono sempre associato allo slogan della campagna del ’94, ho voluto “sbatterlo in faccia” usandolo come titolo del libro.
Questo libro è stato scritto anche per rispondere alle critiche, le principali sono:
- come può un comunista arrivare alla socialdemocrazia?
- come si è giunti al ’94?
Parla di: sforzo di cambiamento e di coerenza, non è stato un fulmine a ciel sereno ma un processo.
Ricorda cha alla presentazione del libro tenuta a Napoli il filosofo “migliorista” De Giovanni ha detto che la lettura del libro gli ha fatto capire che la cultura di Occhetto è “minoritaria” e che di questo lui lo ha ringraziato.
[ Biagio De Giovanni: è un filosofo e politico italiano, parlamentare europeo, già esponente del PCI, del PDS e dei DS. Ha aderito successivamente alla Rosa nel Pugno. ]
Ricorda quindi che il Partito d’Azione è stato definito “il sale della terra”.
[ Questa citazione è stata fatta immediatamente dopo aver citato De Giovanni, come a volerne esplicitare il senso.
Sulle contiguità tra Partito d’Azione e massoneria lascio a chi legge di approfondire. ]
Dichiara, ma non approfondisce minimamente, che nel libro si dice di come la scvolta della Bolognina sia stata preparata “nel cosro dell’anno… o di una vita”.
Segue questa memorabile metafora: “Le radici possono dare frutti diversi con innesti”, dopodiché passa a scagliarsi contro i politici del momento: “ora in politica ci zono degli zombie che non si sa da dove vengono e dove vogliono andare”.
Cita Bobbio e il Partito d’Azione e il rapporto tra sinistra e libertà, che può avere due vie d’uscita, e conclude il passaggio con questa frase che provoca l’applauso: “C’è una damnatio memoriae; non si discute. Non si può costruire il nuovo con il peggio del PCI e il peggio della DC”.
Passa a dire di “come arriva un comunista alla critica radicale del potere”.
[ Non avrò ascoltato attentamente, ma non mi pare di aver colto la motivazione, dato che ho sentito solo recriminazioni e polemiche sulle narrazioni fatte. Più in generale: non mi pare che Occhetto abbia risposto alle domande a cui lui stesso dichiara di voler rispondere. ]
La storia che si racconta (del PCI) è solo Berlinguer e ‘la gioiosa macchina da guerra’; non si parla delle altre sconfitte, a cominciare da quella del ’48.
Nel ’94 ho perso per colpa, ma dopo si è perso per dolo.
Come si fa a dire che sono antisocialista, se ho fatto passare il PCI nell’internazionale socialista?
Individua il “male oscuro” della sinistra in questo: “Allora non si potevano fare le correnti ma si dibatteva sulle piattaforme, ora che le correnti sono ammesse non si parla delle piattaforme – ci sono solo consorterie.
Il grande Ulivo è stato distrutto da Bertinotti, D’Alema e Cossiga [ probabilmente un lapsus per Cossutta ].
Passando alla questione morale individua una morsa tra opportunismo moderato e antagonismo impotente. Si fa il congresso del PD ma non si parla dei 101, chi sono i 101? Quelli che volevano le larghe intese: senza quel fatto non ci si sarebbe arrivati.
Altro passaggio che provoca un applauso: “In Italia c’è un’oligarchia finanziaria, imprenditoriale, mediatica … Hanno fatto una standing ovation per la Cancellieri!”.
Non si può accettare l’agenda politica, della destra e di Berlusconi.
Occorre far riemergere il tema dell’uguaglianza nei consumi, nella produzione, nel lavoro – un tema “riscoperto da tanti che tornano a Keynes”.
Occorre uscire dall’emergenzialità. Non si è modificato il porcellum. Rivendica la modifica maggioritaria e la legge sui sindaci – “senza quella legge Pisapia ve lo sareste potuto scordare”. “Andare oltre gli ex”
“Occorre cercare una reale contaminazione tra i diversi socialismi. Speravo che la caduta di quel muro potesse riunirli.”
[ Verso le 19:30 sono iniziate le domande del pubblico ma almeno quelle me le sono risparmiate.
Lasciando la sala ho fatto a tempo a sentire un quarantenne che prolissamente ricordava che nel ’94, al suo primo voto, aveva votato PDS. Mi sono chiesto se sperasse che Occhetto si alzasse dal tavolo per abbracciarlo. ]