di Gianni Barbacetto e Natascia Ronchetti
C’è chi comincia a temere che, indagine dopo indagine, decolli una nuova Mani pulite. Si moltiplicano le inchieste sull’epidemia da Covid-19. A Milano, ma anche a Bergamo, Lodi, Como, Lecco, Varese, Monza, Cremona, Sondrio. La polizia giudiziaria anche ieri ha visitato alcune Residenze sanitarie assistenziali (Rsa) lombarde, sequestrando e acquisendo documenti, cartelle cliniche e materiale informatico che saranno analizzati nei prossimi giorni.
A Milano, gli investigatori della Guardia di finanza si sono presentati al Pio Albergo Trivulzio, 28 anni dopo il blitz dei carabinieri che diede il via a Mani pulite, per acquisire documenti, tra cui anche le direttive e le comunicazioni inviate dalla Regione Lombardia alle Rsa sulla gestione degli ospiti anziani. Nei giorni scorsi i carabinieri del Nas di Brescia avevano eseguito perquisizioni in una quindicina di case di riposo bergamasche, mentre il Nas di Milano è entrato ieri in quelle milanesi, ma anche in strutture per anziani delle province di Como, Varese e Monza. Inchieste sono state aperte anche in Piemonte, a Cuneo, e in Abruzzo, a Sulmona.
La Procura di Milano ha iscritto nel registro degli indagati i responsabili di una dozzina di residenze, tra cui i centri anziani di Affori, Corvetto e Lambrate. Nei giorni precedenti erano già stati iscritti il direttore generale del Trivulzio, Giuseppe Calicchio, i responsabili dell’istituto Palazzolo-Don Gnocchi e quelli della Sacra Famiglia di Cesano Boscone. Le ipotesi di reato vanno dall’epidemia colposa all’omicidio colposo.
È la Procura di Lodi a indagare, sempre per epidemia colposa e omicidio colposo, sulla Rsa di Mediglia, la prima residenza per anziani in cui è stato segnalato un aumento impressionante di decessi tra gli ospiti, con 60 morti.
Dall’inizio dell’emergenza virus nelle strutture assistenziali lombarde sono morti 2 mila anziani, 600 circa in provincia di Bergamo, oltre 300 a Milano, 150 nel solo Pio Albergo Trivulzio. Numeri drammatici. Secondo alcune testimonianze di parenti e di infermieri, è stata sottovalutata la necessità di proteggere ospiti e personale sanitario, non sono stati approfonditi decessi per polmonite che potevano essere causati da Covid-19, non sono stati isolati i pazienti che avevano sintomi da coronavirus e sono stati lasciati senza tampone.
La situazione sarebbe precipitata dopo la decisione della Regione di spedire nelle Rsa i pazienti Covid-19 non gravi, per alleggerire l’affollamento degli ospedali lombardi. Un cerino acceso gettato nel pagliaio. La Guardia di finanza ha acquisito documenti sulla gestione organizzativa del Trivulzio e su come ha recepito le direttive della Regione, quando ha accolto una ventina di pazienti Covid dimessi dagli ospedali.
Delle 700 case per anziani lombarde, sono 15 quelle che hanno accolto la richiesta della Regione di accettare pazienti Covid dagli ospedali, nel pieno dell’emergenza virus. Di queste, sette sono nella provincia di Bergamo. Hanno accolto in totale 147 persone. Questi almeno sono i numeri dichiarati dalla Regione Lombardia, che però in marzo aveva invece ammesso che circa il 30 per cento dei dimessi erano stati convogliati in Rsa e hospice, per liberare posti letto negli ospedali. Effetto delle delibere approvate dalla Regione a partire dall’8 marzo.
I trasferimenti non sono stati gratis, ma hanno significato entrate extra per le Rsa. “Sono previsti 150 euro al giorno, per paziente, di rimborso da parte della Regione”, spiega Luca Degani, presidente regionale di Uneba, l’associazione delle case di riposo a cui aderiscono 400 delle 700 strutture attive in Lombardia. Le degenze ordinarie degli anziani hanno un contributo pubblico che varia da un minimo di 29 a un massimo di 49 euro a seconda delle patologie. Chi ha accolto i dimessi Covid ha dunque incassato da 100 a 120 euro al giorno per paziente in più. (15 aprile 2020)
Le indagini sulla strage di anziani
Aumentano gli indagati e i fascicoli aperti sulla gestione delle Residenze sanitarie assistenziali (Rsa) in Lombardia e sui troppi morti in queste strutture nelle ultime settimane: si avvicinano ormai al numero record di 2 mila gli anziani deceduti dall’inizio della pandemia da Covid-19.
Indagati tre dirigenti dell’Istituto Don Gnocchi, oltre al direttore generale del Pio Albergo Trivulzio, Giuseppe Calicchio. Reati ipotizzati: epidemia colposa e omicidio colposo. Sotto osservazione le mancate precauzioni sanitarie, ma anche l’arrivo in alcune Rsa dei pazienti Covid mandati dalla Regione per alleggerire gli ospedali.
Al Trivulzio sono morte in un mese e mezzo, dall’inizio della pandemia, circa 150 persone. Molte testimonianze di famigliari raccontano di ospiti, ma anche di operatori sanitari, non sufficientemente protetti contro il virus. Ora i pm Mauro Clerici e Francesco De Tommasi, coordinati dall’aggiunto Tiziana Siciliano e dal procuratore Francesco Greco, stanno raccogliendo elementi per verificare le responsabilità nella gestione degli ospiti e le carenze che potrebbero aver contribuito ad alimentare il contagio al Trivulzio: dall’assenza di tamponi e mascherine, alle minacce che qualche infermiere denuncia di aver ricevuto perché le utilizzava; dalla non separazione tra ospiti della Baggina e pazienti arrivati dagli ospedali, fino a eventuali omissioni nelle cartelle cliniche e nelle cure fornite.
Sotto osservazione anche il ruolo della Regione nella predisposizione di linee guida e piani contro la pandemia. Il difensore di Calicchio, l’avvocato Vinicio Nardo, ha dichiarato che il suo assistito “è a disposizione per qualsiasi chiarimento”. Venerdì sera ha già spiegato in videoconferenza agli ispettori del ministero della Salute, affiancati dai carabinieri dei Nas, “di aver rispettato tutte le procedure, i protocolli interni e le direttive ministeriali e della Regione Lombardia”.
Gli ispettori hanno ascoltato anche un medico che lavora al Trivulzio, il professor Luigi Bergamaschini, che ha rivolto critiche ai vertici della struttura sulla gestione dei pazienti e sul mancato uso delle mascherine.
Altri fascicoli sono stati aperti sull’istituto Palazzolo-Don Gnocchi, sulle residenze per anziani del Comune di Milano al Corvetto, sulla “Anni azzurri” di Lambrate, sulla Sacra Famiglia di Cesano Boscone, sulla “Monsignor Bicchierai” dell’Istituto Auxologico italiano. Del Don Gnocchi sono indagati dalla pm Letizia Mocciaro – per diffusione colposa dell’epidemia e omicidio colposo – il direttore generale Antonio Dennis Troisi, il direttore sanitario Federica Tartarone e il direttore dei servizi medici Fabrizio Giunco. Indagato anche il presidente della Ampast, la cooperativa che raggruppa i lavoratori della struttura.
Sessanta i morti alla Rsa di Mediglia, la prima in cui è stato segnalato un aumento impressionante di decessi tra gli anziani. Anche su questo istituto è stata aperta un’inchiesta per epidemia colposa e omicidio colposo, dopo le denunce di alcuni familiari. Il fascicolo è stato trasmesso alla Procura di Lodi, competente per territorio. (14 aprile 2020)
14 e 15 aprile 2020