di Antonio Mazzeo
Nei giorni scorsi accreditati organi di stampa e social network hanno dato ampio risalto a una nota a firma del senatore di Forza Italia Domenico Scilipoti su una sua “prestigiosa nomina” a “vice-presidente della commissione Scienze, tecnologie e sicurezza della Nato”, nonché a “membro titolare della rappresentanza parlamentare Nato-Ucraina, che si occupa della delicata situazione nella regione del Donbass, al confine con la Russia”.
Nel glorificarsi di tanti onerosi incarichi, il parlamentare originario di Barcellona Pozzo di Gotto e Terme Vigliatore (provincia di Messina) è scivolato in un infelice paragone con il potente ministro degli esteri Gaetano Martino, massone, liberale e iperliberista, artefice del Trattato di Roma del 1957 e di soffocanti alleanze diplomatiche tra l’Italia e i circoli ultraconservatori degli Stati Uniti d’America. “Scilipoti riporta il nome di Messina e della sua provincia a sessant’anni dalla nomina di Gaetano Martino a capo del comitato dei tre saggi, che fu formato anche dai ministri degli esteri della Norvegia e del Canada, affinché redigessero il rapporto sui compiti dell’Alleanza Atlantica”, riportano diverse testate. “Sono orgoglioso di rappresentare l’Italia in un così prestigioso palcoscenico istituzionale, ha commentato Scilipoti. La responsabilità di un incarico internazionale in un momento così delicato per gli equilibri geopolitici mi motiva molto e rende il mio impegno politico ancora più appassionato. Il nostro Paese ha già fatto tanto ma deve poter fare ancora di più nella lotta al terrorismo, portando anzi i valori cristiani a fondamento del dialogo con tutte le parti interessate”.
In verità, stavolta, il parlamentare medico barcellonese e/o tanti e troppi organi di stampa “amici” e smemorati l’hanno sparata grossa. Innanzitutto un gran torto di memoria è stato fatto alla figura dell’ambasciatore messinese Francesco Paolo Fulci, cavaliere d’onore e devozione del Sovrano Militare ordine di Malta e già segretario generale del CESIS (il Comitato dei servizi segreti), che presso il comando NATO di Bruxelles ha ricoperto dal 1985 al 1991 l’incarico di rappresentante diplomatico italiano.
Le nomine vantate da Scilipoti non sono poi di marca NATO, come si potrebbe intendere erroneamente dalla lettura delle note diffuse, ma più esattamente sono ascrivibili all’Assemblea parlamentare della NATO, “punto di raccordo tra le istanze governative che operano in seno all’Alleanza atlantica ed i Parlamenti nazionali dei 28 paesi membri”, come si evince dalla pagina web dell’organismo interparlamentare pro-alleanza.
Domenico Scilipoti è membro della delegazione parlamentare italiana presso l’Assemblea parlamentare della NATO dal 4 luglio 2013 insieme ad altri nove deputati e otto senatori, nominati dai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica, su designazione dei rispettivi Gruppi parlamentari. Per la cronaca, con Scilipoti fanno parte della delegazione italiana il presidente on. Andrea Manciulli (Pd), i senatori Lorenzo Battista e Franco Panizza (Svp-Psi), Cristina De Pietro (Verdi), Emilio Migliavacca e Vito Vattuone (Pd), Emilio Floris (FI), Luciano Uras (gruppo Misto), Raffaele Volpi (Lega Nord); i deputati Paolo Alli e Andrea Causin (Ncd), Bruno Censore, Andrea Martella e Roberto Morassut (Pd), Luca Frusone (M5S), Michele Piras (SI-Sel) e Valentino Valentini (FI). Nomi quasi del tutto sconosciuti al grande pubblico e ai media quelli della pattuglia italica presso l’Assemblea parlamentare NATO.
Obiettivi principali del forum internazionale del tutto (auto)rappresentativo sono “favorire il dialogo parlamentare sulle principali tematiche della sicurezza; facilitare la consapevolezza e la comprensione, a livello parlamentare, delle questioni chiave dell’Alleanza in materia di sicurezza; rafforzare le relazioni transatlantiche”. “Dal 1989 si sono andati aggiungendo alcuni nuovi e decisivi obiettivi”, spiega l’ufficio stampa dell’Assemblea parlamentare. “Assistere lo sviluppo della democrazia parlamentare nell’area euroatlantica, attraverso l’integrazione dei parlamentari dei paesi non membri nei lavori dell’Assemblea; assistere da vicino i Parlamenti che desiderano aderire all’Alleanza; incrementare la cooperazione con i paesi che, pur non volendo aderire all’Alleanza, sono comunque interessati a creare dei legami stabili con essa (fra questi i paesi del Caucaso e della regione mediterranea o del Golfo); promuovere lo sviluppo dei meccanismi parlamentari e delle procedure necessarie a realizzare un efficace controllo democratico sulle forze armate”.
Le attività dell’Assemblea si articolano in cinque Commissioni: Dimensione civile della sicurezza, Difesa e sicurezza, Economica e sicurezza, Politica, Scienza e Tecnologia (di quest’ultima è divenuto vice-presidente il sen. Scilipoti). L’Assemblea NATO si riunisce in sede plenaria solo due volte l’anno, generalmente a maggio e in autunno, tra ottobre e novembre, per adottare raccomandazioni, risoluzioni, pareri e direttive da trasmettere poi ai Governi, ai Parlamenti nazionali e al Segretario Generale della NATO. Il costo dell’assise filo-atlantica è imponente: circa 3,8 milioni di euro all’anno, erogati direttamente dai parlamenti o dai governi nazionali secondo quote proporzionali a quelle della partecipazione di ciascun paese al bilancio civile dell’Alleanza Atlantica. L’Italia contribuisce annualmente alla vita dell’Assemblea parlamentare con quasi 350.000 euro, a cui si aggiungono le spese per gli eventi e le riunioni delle commissioni ospitate nel nostro paese e il pagamento di tutte le “missioni” dei parlamentari italiani all’estero. Non servirà certamente a nulla il Parlamentino internazionale filo-NATO ma perlomeno dà lustro e vacanze a qualche mediocre politico nostrano.
4 gennaio 2017