Giorgio Bongiovanni
Dopo il lutto di Stato per un pregiudicato, condividiamo le parole dello storico dell’arte
Si è da poco conclusa la settimana di lutto nazionale indetta dal Governo Meloni per la morte di Silvio Berlusconi. E oltre al doveroso cordoglio dei parenti e della “famiglia” di Forza Italia, abbiamo assistito, purtroppo, ad uno scenario terribile. Una settimana di servilismo in cui, a parte qualche rarissima eccezione, per giorni e giorni si è raccontato di Berlusconi come una figura mitologica, straordinaria; un grande statista che ha fatto dell’Italia il fiore all’occhiello delle democrazie occidentali. Un’opera di pulizia dell’immagine di un pregiudicato come Silvio Berlusconi. Ma non tutti si sono prostrati al servilismo istituzionale. Tra questi spicca il rettore dell’Università per Stranieri di Siena, Tomaso Montanari, finito al centro delle polemiche per la sua decisione di non abbassare a mezz’asta le bandiere per il lutto nazionale proclamato dal Governo dopo la morte di Silvio Berlusconi. “Non fare abbassare la bandiera del Risorgimento, della Resistenza, di Vittorio Veneto di fronte a una figura come quella di Berlusconi è un atto di patriottismo”, aveva detto. Subito si sono sollevate le polemiche e, soprattutto, gli attacchi personali da parte della comunità di FI che ha visto in quel gesto un oltraggio alla memoria anziché un atto di democrazia e libertà di opinione. Da lì è stata lanciata una petizione in suo sostegno – che ha raggiunto le 100mila firme -, come atto di difesa appassionata per la sua scelta di non ammainare le bandiere dell’ateneo in segno di lutto. C’è stato anche chi ha invocato conseguenze penali, aspetto sul quale il rettore è apparso invece piuttosto tranquillo: “Penalisti e costituzionalisti seri mi assicurano che quell’articolo del Codice Penale invocato da tutta la servitù di Berlusconi (il 650 del Codice penale, ndr) non ha alcuna attinenza con questo caso. Dovevo fare una scelta ed era un sì o un no”, ha commentato in un video pubblicato dall’Ansa. Montanari aveva anche precisato che scrisse “una lettera alla mia comunità, non volevo fare un lancio di agenzia, non volevo fare polemiche pubbliche nel momento in cui c’era un funerale. Ho espresso in tutti i modi il rispetto per la persona umana e per la famiglia, però c’è anche il rispetto per lo Stato e mi risulta che in tanti istituti pubblici la bandiera non sia scesa, come al Tribunale civile di Siena“. “Se avessi risposto con un sì – ha aggiunto lo storico dell’arte – nel conformismo generale nessuno mi avrebbe chiesto niente, ma la mia coscienza me lo avrebbe chiesto. Invece io mi chiedo perché i miei colleghi di tutti gli enti pubblici italiani non si siano fatti questa domanda. Io non c’avrei dormito“.
Un rispetto, dunque, che impedisce di prostrarsi al gioco politico a cui abbiamo assistito negli ultimi giorni. “Cosa avrebbe pensato un agente di polizia, che per poco più di mille euro al mese rischia di essere ammazzato dalla mafia, di uno Stato che si inginocchia davanti a una persona che ha avuto documentati rapporti con Cosa nostra? – ha aggiunto all’Ansa – Cosa avrebbe pensato una studentessa della nostra università vedendo quest’ultima onorare una persona che ha ridotto le donne a oggetti o a meno? Cosa avrebbe pensato un imprenditore che si svena e magari fallisce per pagare le tasse fino in fondo davanti a un condannato per frode fiscale con sentenza passata in giudicato che decade dal Parlamento?”
Domande legittime che siamo ben felici che i nostri giovani lettori possano leggere prendendo atto che i funerali di Stato e le bandiere a mezz’asta per Berlusconi sono state, nella migliore delle ipotesi, una farsa. Nella peggiore, invece, un chiaro messaggio al popolo italiano: un pregiudicato che evade le tasse, che froda il fisco, che è amico dei mafiosi e ha avuto rapporti conclamati con Cosa nostra – tanto da averla pagata per anni – “fa bene” e per questo va onorato. La realtà però è un altra. E il professore Montanari l’ha ben delineata nelle sue parole e nel suo gesto di elevata caratura democratica.