Tratto da OttolinaTv
*i pipponi del Marrucci*
LA PACE (IM)POSSIBILE: se anche i falchi riconoscono che la Cina è indispensabile
Sarà che mi accontento di pochino, ma devo ammettere che queste parole della Von Der Leyen mi hanno un pochino rasserenato
Considerata a ragione la più intransigente tra i falchi atlantisti che di sicuro non mancano tra gli svendipatria di professione di bruxelles, a pochi giorni dalla trasferta a pechino voluta da Macron e alla quale s’è accodata non senza resistenze soltanto in un secondo momento, la Von Der Leyen ha sentito l’esigenza di fare un quadro esaustivo della sua posizione nei confronti della Cina dal palco dello European Policy Center, un piccolo e chiacchierato think tank di Bruxelles che di certo non figura tra le istituzioni in prima linea a sostegno del sud globale e dei diritti dei popoli
Le reazioni al suo lungo intervento sono state le più disparate
E in molti l’hanno accusata di essersi prestata per l’ennesima volta a fare da megafono al suprematismo occidentalista made in USA
E non senza ragioni
Tutta la prima parte del discorso della Von Der Leyen infatti è un concentrato di doppiopesismo suprematista da manuale
Sinceramente, mi sarebbe sembrato un po’ puerile attendersi qualcosa di diverso
ma in questi tipi di interventi, indugiare troppo nelle premesse potrebbe essere fuorviante
è un po’ come quando quache raro esempio di persona ragionevole va in televisione, e per ingraziarsi pubblico, ospiti e presentatore accetta di recitare il copione di rito: c’è un aggressore un aggredito, io sto con l’occidente….. però
Ecco, tutto quello che viene prima di quel però, di solito, conta il giusto
E nel caso del discorso della Von Der Leyen, quello che è venuto dopo quel però, secondo me non va sottovalutato
“Separare economia cinese ed europea credo che non sia fattibile, né nell’interesse dell’Europa. invece che di de-couple, dovremmo ragionare in termini di de-risk”, ridurre i rischi, invece di separare le economie
chi pensa fosse scontato, potrebbe non aver seguito con attenzione quanto successo negli ultimi 12/18 mesi
ed ecco allora che a farvi un supermega riassuntone ci pensiamo noi
Come ottolina, all’alba dell’invasione russa dell’ucraina, abbiamo sempre messo in guardia sull’eventualità che si trattasse soltanto di un primo capitolo di un conflitto più generalizzato che avrebbe potuto, potenzialmente anche piuttosto rapidamente, espandersi nell’asia-pacifico, a partire dalla polveriera Taiwan
non era solo il frutto del nostro catastrofismo e del nostro pessimismo cosmico
nel corso degli anni sempre più think tank e singoli analisti hanno cominciato a parlare di un conflitto diretto sostanzialmente inevitabile tra le due grandi potenze, secondo l’ormai ben noto paradigma della trappola di tucidide, proposto per la prima volta nel 2012 sul financial times dal politologo statunitense Graham Allison, e che sostanzialmente considera inevitabile lo scontro armato frontale quando una nuova potenza emergente mette concretamente in discussione il primato della potenza egemone
Ma non solo. visto che la trappola di tucidide disegnava una prospettiva certa, sempre più think tank hanno cominciato a premere sull’acceleratore: l’ascesa cinese andava contrastata con la forza prima che fosse troppo tardi
A far propendere per l’ineluttabilità del conflitto poi ci si sono messe anche considerazioni che valicano i confini del geopolitichese
perchè anche dal punto di vista economico, le dinamiche del capitalismo contemporaneo non fanno presagire niente di buono
in almeno due sensi
da un lato infatti c’è proprio la tendenza sostanzialmente innata del capitalismo alla concentrazione, come illustrato magistralmente recentemente da brancaccio, giammetti e lucarelli ne La Guerra Capitalista
secondo questa interpretazione, grandi concentrazioni di capitale si sfiderebbero per la conquista di aree di influenza sempre più grandi, fino, inevitabilmente, a collidere tra loro
per evitare che questa collisione si trasformi in guerra, servirebbe l’intervento diretto di forze esterne alle dinamiche del capitale stesso
Cosa piuttosto complicata in un mondo dove la missione principale degli stati nazionali invece che contenere la forza distruttrice del capitale è diventata quella di favorirla e di velocizzarla
dall’altro lato poi c’è la specificità del capitalismo contemporaneo della forza egemone, l’impero finanziario USA
a partire dagli anni ‘70 infatti finanziarizzazione e globalizzazione hanno azzerato la capacità del sistema economico USA di creare concretamente ricchezza, trasformando il gigante americano in un vero e proprio parassita dell’economia globale, completamente dipendente dalla ricchezza che grazie alla sua posizione egemonica sul piano finanziario e sul piano militare, riesce a estrarre dagli altri
Secondo questa interpretazione, per gli USA il dominio globale non è un’opzione tra le tante, ma l’unica in grado di mantenerli in vita per come li conosciamo oggi
Mano a mano però che il conflitto in Ucraina si incancreniva, cominciavano a farsi sempre più evidenti alcuni ostacoli materiali macroscopici nella strada che porta alla terza guerra mondiale
Abituati a combattere guerre asimmetriche contro nemici inconsistenti, USA e alleati occidentali è come se si fossero dimenticati cosa significa condurre una moderna guerra di materiali, dove a fare la differenza è la capacità del sistema produttivo di sostenere lo sforzo bellico
Proprio a causa della finanziarizzazione e della globalizzazione, l’occidente ha perso la capacità produttiva necessaria a sostenere una guerra di lunga durata con un nemico ben attrezzato
E se questa cosa è apparsa evidente in ucraina contro la Russia, figurarci nei confronti della Cina, la fabbrica del mondo, in particolare dal momento che quel poco che è rimasto di capacità industriale in occidente, molto spesso dipende comunque completamente dalla sua integrazione con fornitori e subfornitori proprio cinesi
Fino al paradosso
Pochi mesi fa infatti negli USA è scattata l’isteria per le scorte di materie prime e semilavorati indispensabili per il funzionamento dell’industria bellica
Il grosso, lo compravano in Cina
La risposta a questo collo di bottiglia sono diventate due parole d’ordine del dibattito degli ultimi tempi: disaccoppiamento e reindustrializzazione USA
L’obiettivo degli USA sostanzialmente è invertire il processo di globalizzazione che lei stessa aveva avviato e governato, e ridisegnare le filiere produttive globali in modo da escludere i paesi ostili
un nuovo mondo diviso in blocchi
Che però, è più facile da dire che da fare
Come dopo 20 anni di minchiate suprematiste pare si sia cominciato a comprendere anche in occidente infatti, la Cina già da tempo non è più il paese dove si delocalizzano pezzi di produzione a basso valore aggiunto per far contenti gli imprenditori veneti
La Cina è una vera superpotenza industriale, dove in 40 anni di investimenti sono state create competenze e infrastrutture che non possono essere replicate con un decreto legge
ed ecco così che in molti su questa cosa del disaccoppiamento hanno cominciato a nutrire qualche dubbio
l’esempio più eclatante, del quale abbiamo già parlato innumerevoli volte è quello di apple
Guidati da un po’ di sano wishful thinking, i giornalisti occidentali a un certo punto avevano cominciato a parlare un giorno si e l’altro pure di apple che stava delocalizzando verso quella che è stata definita l’alt asia, l’asia alternativa alla Cina, a partire da vietnam e india
Si erano dimenticati di controllare cosa stesse delocalizzando
In pratica solo grandi fabbriche di assemblaggio, stile foxconn
Il pezzo a minor valore aggiunto della filiera. quello dal quale la Cina aveva iniziato il suo percorso verso la modernità ormai qualche decennio fa
Per il resto, hanno fatto sapere da apple, scordatevi del disaccoppiamento: per fare altrove quello che facciamo oggi in Cina, nella migiore delle ipotesi, servirebbero anni e anni e una quantità di investimenti spropositata
Ma le grandi corporation che ormai non possono fare più a meno della Cina sono solo una parte del problema
perchè ad avere qualche dubbio sono anche gli alleati USA
Nel ridisegnare le filiere in quello che si chiama friendshoring infatti, gli USA hanno adottato una vecchia massima: gli stati non hanno amici, ma solo interessi
E gli USA hanno messo i loro interessi davanti a tutti gli altri. forse troppo
Con il CHIPS ACT e l’inflation reduction act l’amministrazione Biden infatti ha fatto sapere al mondo che non c’era parità nel mondo delle nuove filiere distribuite tra alleati
Gli USA sarebbero stati al centro, e agli altri sarebbero toccati gli avanzi
Il protezionismo di matrice trumpiana nella sua variante democratica si è rivelato così arrogante da destare qualche mal di pancia anche in quel particolare modello di zerbini noti come classe dirigente europea
sopratutto, in Francia e in Germania, che da allora hanno cercato di impedire che la porta della Cina si chiudesse definitivamente
Il risultato di tutte queste perplessità, e questa alleanza tra pezzi importanti di europa e corporation multinazionali si è manifestato in modo piuttosto evidente al Forum di Davos
Collaborare in un mondo frammentato, è stata intitolata l’ultima edizione
qualche mese prima, a latere del g20 di Bali, questi mal di pancia avevano portato a quello che Andrew Korybko ha definito la “nuova distensione”, e cioè un primo timido tentativo da parte di USA e Cina di abbassare i toni e provare a ricondurre il conflitto nell’ambito di una competizione, che per quanto feroce, allontanasse gli spettri di una vera e propria escalation
la nuova distensione però evidentemente poggiava su gambe piuttosto graciline
Poco dopo infatti è bastato un incidente del tutto futile affinchè la situazione tornasse nuovamente a precipitare
l’episodio è nientepopodimeno che quella grandissima minchiata del pallone spia cinese
Un incidente del tutto futile, ma che le fazioni più anticinesi dell’elite americana hanno deciso di strumentalizzare al massimo per ostacolare il dialogo
Risultato: la storica visita di Blinken a Pechino è stata annullata, e i bollenti spiriti sono tornati ad ardere impetuosi
a questo punto, sostengono numerosi analisti, Pechino si è convinta che degli USA non ci si poteva fidare
ma non solo
Con ogni probabilità devono anche aver valutato che dietro alla voce grossa di Washington ci fosse sempre meno sostanza
e così hanno deciso di passare al contrattacco, e di lanciare un segnale chiaro che in caso di escalation non si sarebbero tirati indietro ed erano pronti allo scontro
nell’arco di qualche settimana i cinesi hanno sfornato una serie di documenti al vetriolo contro la politica degli USA: prima denunciandone l’iniquità del sistema economico, poi l’aggressività della politica estera, e infine il mancato rispetto dei diritti umani
ma sopratutto, dopo 40 anni di rigoroso understatement di matrice denghiana, hanno deciso che era arrivata l’ora di presentarsi al mondo come una grande potenza compiuta, che non ha più paura di prendersi tutte le sue responsabilità a livello internazionale, e di farsi promotrice di un nuovo ordine globale in grado di affiancare, se non addirittura sostituire tout court, quello ormai in disfacimento a guida USA
gli eventi cruciali nell’affermazione di questa nuova postura sono stati 4
prima c’è stata la pubblicazione della global security initiative, dove la Cina ha messo nero su bianco le coordinate fondamentali del nuovo ordine globale: dal ritorno al rispetto della carta delle nazioni unite, a un nuovo ruolo per le organizzazioni multilaterali regionali, passando perla denuncia delle sanzioni economiche unilaterali come strumento per la risoluzione delle controversie internazionali
poi sono arrivati i 12 punti del piano di pace per l’Ucraina, che ha cominciato a far riemergere alcune crepe all’interno del blocco occidentale, con gli USA che l’hanno rigettato con sdegno, mentre un pezzo importante di europa, e in qualche misura pure zelensky, si sono dimostrati decisamente meno tranchant
poi, è stato il turno del capolavoro diplomatico del decennio: il ritorno al dialogo tra Iran e Arabia Saudita, con la mediazione cinese. un evento di portata storica, che permette di cominciare a intravedere la fine di una guerra fredda devastante che, con la complicità USA, condanna il medio oriente al caos sistemico da oltre 40 anni
un successo clamoroso, che per la prima volta traduce in qualcosa di tangibile l’impianto generale della global security initiative cinese, a partire da un nuovo ruolo per le grandi potenze, che invece di strumentalizzare i conflitti regionali per rafforzare le loro ambizioni egemoniche, fanno di tutto per ergersi ad arbitri imparziali in grado di garantire gli interessi di entrambe le fazioni in gioco
E infine, la storica missione di Xi Jinping a Mosca. alla quale di nuovo, vari pezzi di occidente hanno reagito in modo diverso: gli USA gettando la maschera e negando ogni possibilità di cessate il fuoco a prescindere, i paesi europei mettendo in agenda nuove missioni a Pechino: prima macron, poi sanchez, poi borrell, e alla fine pure la più falca tra i falchi, miss Von Der Leyen
a rimescolare le carte, oltre alla cazzimma cinese, nel frattempo ci s’è messo un altro episodio di portata epocale
La crisi delle banche
Che potrebbe essere soltanto all’inizio
Come abbiamo già spiegato svariate volte, al netto delle specificità di ogni singolo caso, la fragilità strutturale di tutto il sistema è una conseguenza della corsa al rialzo dei tassi di interesse
Una corsa che a sua volta è stata scatenata da un altro fattore epocale: il ritorno dell’inflazione
E che c’azzecca l’inflazione con il decoupling e con la terza guerra mondiale?
Semplice
Se c’è una cosa che negli ultimi 15 anni ha tenuto a bada l’aumento dei prezzi dei beni di consumo, nonostante le politiche monetarie espansive, è stato proprio che quei beni li producevano in asia a basso costo. e in particolare in cina
disaccoppiare economie occidentali e cinese significa già, e significherebbe ancora di più in prospettiva, trovarsi ad affrontare una spinta inflazionistica insostenibile
E non ce lo possiamo permettere
La persistenza dell’inflazione impedirebbe alle banche centrali di arrestare, o quanto meno di rallentare, la corsa al rialzo dei tassi, che per quanto iniqua e spesso anche inefficace, è ad oggi l’unico strumento di cui si sono dotate per combattere l’inflazione
E per un sistema bancario drogato da 15 anni di denaro facile e a costo zero, che ha alimentato una bolla speculativa dietro l’altra, continuare la corsa al rialzo dei tassi di interesse equivale a suicidarsi
E non peserebbe su tutti allo stesso modo
La dimostrazione ci arriva direttamente da cosa è successo dopo la crisi del 2008: nonostante la crisi fosse stata scatenata dagli USA, a rimetterci alla fine siamo stati noi europei, che in 15 anni abbiamo visto crollare la nostra ricchezza dal 30% della ricchezza globale a poco più del 15, mentre gli USA aumentavano la loro dal 25 a oltre il 30
Un esempio concreto di cosa intendiamo quando parliamo di dittatura del dollaro
Il discorso della Von Der Leyen di ieri, è il risultato di tutti questi fattori
Ora, indugiare nell’ottimismo sarebbe da folli: l’europa, ammesso e non concesso che esista, ha già dato prova di essere disposta a sacrificare il suo interesse sull’altare delle ambizioni egemoniche del padrone a stelle e strisce
Sicuramente però gli ostacoli verso la costruzione di un blocco omogeneo da scagliare come un uomo solo contro l’ascesa del gigante asiatico si stanno rivelando più consistenti del previsto
Se per un anno abbiamo sempre sostenuto che non si trattava di chiedersi se sarebbe scoppiata la terza guerra mondiale, ma quando, oggi forse abbiamo qualche motivo in più per tornare a chiederci se sia davvero così ineluttabile
E forse, anche se potremmo dare un qualche contributo anche noi, il 99%
Da tutti i punti di vista, per tutti i motivi che vi abbiamo elencato, chi ha più da perdere da disaccoppiamento ed escalation bellica siamo proprio noi. tutti noi. la gente comune. quella che campa del suo lavoro
Visto che come sembra i giochi sono tutt’altro che chiusi, sarebbe il caso di far sentire la nostra voce
a partire dalla costruzione di un primo media coerentemente al fianco della pace, e del 99%. aiutaci a costruirlo. aderisci alla campagna di sottoscrizione di ottolinatv su GoFundMe ( https://gofund.me/c17aa5e6 ) e su PayPal ( https://www.paypal.com/donate/… )
E chi non aderisce è ursula Von Der Leyen