di Manlio Dinucci
Mentre l’attenzione politico-mediatica era concentrata in Italia sulla campagna elettorale, la lancetta dell’«Orologio dell’apocalisse» – il segnatempo simbolico che sul Bollettino degli Scienziati atomici statunitensi indica a quanti minuti siamo dalla mezzanotte della guerra nucleare – è stata spostata in avanti a 100secondi a mezzanotte. E’ il livello più alto di allarme da quando l’«Orologio» fu creato nel 1947 (come termine di paragone, il massimo livello durante la guerra fredda fu di 2 minuti a mezzanotte).
La notizia è però passata in Italia quasi inosservata o segnalata come una sorta di curiosità, quasi fosse un videogioco.
Si ignora il fatto che l’allarme è stato lanciato da un comitato scientifico di cui fanno parte 13 Premi Nobel.
Essi avvertono:
«Siamo di fronte a una vera e propria emergenza, uno stato della situazione mondiale assolutamente inaccettabile che non permette alcun margine di errore né ulteriore ritardo». La crisi mondiale, aggravata dal cambiamento climatico, rende «realmente possibile una guerra nucleare, iniziata in base a un piano oppure per errore o semplice fraintendimento, che metterebbe fine alla civiltà».
La possibilità di guerra nucleare – sottolineano – è stata accresciuta dal fatto che, l’anno scorso, sono stati cancellati o minati diversi importanti trattati e negoziati, creando un ambiente favorevole a una rinnovata corsa agli armamenti nucleari, alla loro proliferazione e all’abbassamento della soglia nucleare.
La situazione – aggiungono gli scienziati – è aggravata dalla «cyber-disinformazione», ossia dalla continua alterazione della sfera dell’informazione, da cui dipendono la democrazia e il processo decisionale, condotta attraverso campagne di disinformazione per seminare sfiducia tra le nazioni e minare gli sforzi interni e internazionali per favorire la pace e proteggere il pianeta.
Che cosa fa la politica italiana in tale situazione estremamente critica?
La risposta è semplice: tace. Domina il silenzio imposto dal vasto arco politico bipartisan responsabile del fatto che l’Italia, paese non-nucleare, ospiti e sia preparata a usare armi nucleari, violando il Trattato di non-proliferazione che ha ratificato. Responsabilità resa ancora più grave dal fatto che l’Italia si rifiuta di aderire al Trattato sulla proibizione delle armi nucleari votato a grande maggioranza dall’Assemblea delle Nazioni Unite.
All’Articolo 4 il Trattato stabilisce:
«Ciascuno Stato parte che abbia sul proprio territorio armi nucleari, possedute o controllate da un altro Stato, deve assicurare la rapida rimozione di tali armi».
Per aderire al Trattato Onu, l’Italia dovrebbe quindi richiedere agli Stati uniti di rimuovere dal suo territorio le bombe nucleari B-61 (che già violano il Trattato di non-proliferazione) e di non installarvi le nuove B61-12 né altre armi nucleari.
Inoltre, poiché l’Italia fa parte dei paesi che (come dichiara la stessa Nato) «forniscono all’Alleanza aerei equipaggiati per trasportare bombe nucleari, su cui gli Stati uniti mantengono l’assoluto controllo, e personale addestrato a tale scopo», per aderire al Trattato Onu l’Italia dovrebbe chiedere di essere esentata da tale funzione. Lo stesso avviene con il Trattato sulle forze nucleari intermedie affossato da Washington.
Sia in sede Nato, Ue e Onu, l’Italia si è accodata alla decisione statunitense, dando in sostanza luce verde alla installazione di nuovi missili nucleari Usa sul proprio territorio. Ciò conferma che l’Italia non ha – per responsabilità del vasto arco politico bipartisan – una politica estera sovrana, rispondente ai principi della propria Costituzione e ai reali interessi nazionali. Al timone che determina gli orientamenti fondamentali della nostra politica estera c’è la mano di Washington, o direttamente o tramite la Nato.
L’Italia, che nella propria Costituzione ripudia la guerra, fa così parte dell’ingranaggio che ci ha portato a 100 secondi dalla mezzanotte della guerra nucleare.
27 gennaio 2020