Remocontro
Su Pagine Esteri di oggi una importante analisi di Michele Giorgio sui rapporti tra la Siria di Assad e la Russia di Putin. Oltre le apparenze e il debito contratto nel sostegno alla devastante guerra civile interna mista tra forze democratiche e eversione jihadista.
«La Siria è stato l’unico dei paesi arabi a schierarsi in modo netto e senza esitazioni dalla parte di Mosca. Altri, come Emirati e Arabia saudita, che pure sono alleati di ferro dell’Occidente, hanno comunque adottato posizioni vaghe che non sono piaciute agli Stati uniti», la premessa.
L’alleanza irrinunciabile con il Cremlino
«Nessuna sorpresa, la posizione espressa da Assad era scontata», ribadisce Michele Giorgio riassumendo l’attualità dell’altro ieri. L’intervento militare dal 2015 in poi che ha ha garantito a Damasco la superiorità militare necessaria per sbaragliare varie milizie di opposizione, islamiste e jihadiste, e recuperare il controllo di buona parte del territorio siriano. Non ancora di tutto. In cambio la Russia si è assicurata una importante roccaforte militare nel Mediterraneo e una base per le sue politiche, anche economiche, in Medio oriente.
La guerra ucraina che si incancrenisce
Le voci siriane ufficiali ribadiscono appoggio pieno alla Russia e nei ranghi di Mosca combatterebbero anche mercenari siriani. «Però dietro le quinte a Damasco si interrogano sul pericolo di dover fare i conti con le pesanti sanzioni statunitensi ed europee contro la Russia e di dover affrontare un isolamento internazionale ancora più rigido». Sulla Siria la durezza punitiva Usa del Caesar Act che colpiscono milioni di civili varate dopo il 2011, quando cominciarono ampie proteste a Daraa e in altre città siriane contro Bashar Assad, sfociate nella sanguinosa guerra civile.
Caesar Act e Califfato
«Senza dimenticare la costituzione del Califfato dell’emiro dell’Isis Abu Baker al Baghdadi su ampie porzioni di territorio siriano e iracheno». Ed ecco alcuni retroscena decisivi. Fonti ben informate nella capitale siriana. «Damasco non può prendere le distanze da Mosca, sua alleata strategica assieme a Teheran, però avrebbe preferito evitare i riflettori e le conseguenze del conflitto in Ucraina e assecondare l’evoluzione del lento ma costante riavvicinamento ai paesi arabi, anche quelli suoi avversari». Un processo di normalizzazione di rapporti che va avanti contrastato dagli Stati uniti che ancora continuano a non riconoscere della vittoria militare dell’esercito siriano sulle milizie avversarie, e che di fatto ancora puntano alla rimozione dal potere di Assad.
Normalizzazione araba e distanze Usa
Mosse siriane di politica estera seminascoste dalla crisi ucraina. Il presidente siriano in visita ad Abu Dhabi poche settimane fa, «segno del reinserimento della Siria nell’ovile diplomatico del mondo arabo». Con Abu Dhabi che ha deciso di guidare gli sforzi del Consiglio di cooperazione del Golfo, il GCC, a favore di Damasco. Doppio colpo per Assad nel favorire le tensioni tra Washington e Abu Dhabi segnate clamorosamente dal recente rifiuto del principe ereditario Mohammed bin Zayed di parlare con il presidente Joe Biden che voleva premere sui rapporti che gli Emirati mantengono forti con la Russia.
Astensione araba all’Onu e gli affari
L’astensione di tutto il mondo arabo alla condanna Onu alla Russia, con la sola eccezione del Qatar che, su spinta americana, si oppone anche alla normalizzazione delle relazioni con Damasco. Abu Dhabi e altri Paesi vicini molto più pragmatici e realisti crede di dover venire a patti con l’inevitabile. Ed altri come Bahrain, Egitto e Sudan presto -prevede Michele Giorgio–, potrebbero presto ospitare il presidente siriano. «Assad ne è compiaciuto ma sa che non può fare affidamento solo sull’appoggio di Abu Dhabi» dice al manifesto l’analista Mouin Rabbani. «È vero che le sanzioni occidentali contro la Russia potrebbero danneggiare la Siria ma gli Emirati non potranno mai assicurare la sopravvivenza del regime di Damasco nel modo in cui ha fatto la Russia».
Troppi errori Usa alle spalle
«La Siria non ha alcun interesse a prendere le distanze da Mosca e la situazione ricorda la rottura dei rapporti tra il movimento islamico Hamas con Damasco e Tehran nel 2011-12. Hamas si aspettava di essere riconosciuto e ricompensato per aver abbandonato la Siria e l’Iran ma non ne ricavò alcun vantaggio».
Un precedente che spinge Assad a tenersi stretta Mosca
30 Marzo 2022