-Redazione- La testimonianza di Filippo, un ricercatore italiano che, andato ad Istanbul per un congresso, è rimasto coinvolto in una aggressione da parte della polizia durante una delle tante repressioni di piazza. La lettera mostra uno spaccato di quello che è successo realmente a piazza Taksim.
“Salve, sono Filippo un ricercatore universitario e la scorsa settimana mi trovavo ad Istanbul, insieme ad altri colleghi per partecipare ad un congresso scientifico che si teneva nella città. Terminati i lavori io e i miei amici abbiamo deciso di fermarci per il weekend per godere delle bellezze della città.
Sabato sera però è accaduto quello che non avrei mai voluto accadesse. Sono stato uno dei tanti ragazzi ad aver ricevuto violenze da parte della polizia. Ho assistito a scene che faccio fatica anche solo a descrivere.
Passeggiavo in uno dei quartieri più affollati di Istanbul, nei dintorni della Torre di Galata, quindi ben lontani dalla “calda” piazza Taskim, quando è iniziata una vera e propria, e aggiungerei immotivata, caccia all’uomo.
Un appunto su piazza Taskim. Il corteo che ho incontrato poco prima dell’attacco della polizia era costituito da gente assolutamente pacifica, gente normale, niente black block, niente caschi o volti coperti, niente spranghe né bombe carta. Solo un fiume di persone di tutte le età, la maggior parte di loro con garofani rossi nei pugni, che batteva le mani sfilando per Istiklal Caddesi. Il corteo è poi arrivato nei pressi di Torre di Galata intorno alle 20:30, dopo che in piazza Taskim nel tardo pomeriggio era scattata la solita violenta repressione della polizia, di cui si ha notizia, credo, tramite i media.
Quello che i media non raccontano a sufficienza, a mio avviso, sono i fatti ai quali ho assistito, anzi di cui sono stato vittima.
Una volta finito il corteo, la persone affollavano i bar e i locali che danno sulla strada, quando la polizia è intervenuta ed ha iniziato a sparare gas a chiunque tentasse di scappare. Ho visto poliziotti entrare e sparare gas anche all’interno di molti locali dove alcuni di noi tentavano di rifugiarsi.
Ho visto poliziotti prendere la mira puntando al corpo delle persone e sparare candelotti di gas (trattasi di tubi di metallo da un pollice di diametro lungo circa 10cm), a distanza di 10-20 metri. Forse meno.
In poco tempo è stato il caos. Nella fuga da uno dei locali colpiti, siamo stati invitati dal gestore di un bar a nasconderci dentro il suo negozio. Molta gente come noi, si è rintanata nei bagni sperando che la follia che si consumava per le strade finisse presto.
L’unico ricordo che ho di quel momento è il terrore negli occhi di tutti e i colpi di tosse convulsa delle persone intossicate dal gas. Dall’interno del locale dove eravamo rifugiati, si sentivano rimbombare i colpi degli spara gas, ad un certo punto anche io ho iniziato a star male e sono uscito in strada alla ricerca di ossigeno.. non ce la facevo più.
Dopo pochi secondi sono crollato a terra in preda ai crampi allo stomaco, vomito e bruciore nei polmoni. Attorno a me vedo persone che emettevano dei “versi” impressionanti, a causa del dolore provocato dal gas inalato. Ho ancora nella mente l’immagine di un signore di mezza età che stava lamentandosi disperatamente quasi stesse morendo. Intorno a me solo lacrime e grida di soccorso.
Mezz’ora dopo la situazione si è calmata, la gente del posto è uscita dalle case ed ha iniziato a soccorrere i feriti per strada. Ho visto persone scendere in strada e sollevare di peso i feriti a terra per portarli via per metterli in salvo. Io stesso sono stato raccolto da due ragazze (una delle due parlava inglese) che hanno spruzzato limone ed aceto sugli occhi e sulla faccia e provato a versare nella mia bocca del latte.
Dopo aver invano aspettato l’ambulanza e con il timore che ripartissero le cariche e i pestaggi da parte della polizia, le due ragazze hanno deciso di portarmi in ospedale con l’auto di un loro amico che sapeva come muoversi in quella zona e mi hanno portato in un piccolo pronto soccorso vicino Karakoy.
Quella notte non ci sono state le retate dei poliziotti negli ospedali. Arrivato al pronto soccorso sono stato accolto dagli infermieri o medici, non saprei, e dopo diverse ore di mascherina con l’ossigeno, ho iniziato a riprendere un ritmo respiratorio normale e a riavere l’uso degli arti. Alle 2 del mattino sono stato dismesso e sono riuscito a tornare in albergo.
Questo è solo un sunto di quel sabato sera. Ma non è solo il mio dramma personale che voglio raccontare. Vorrei che in Italia si iniziasse a sapere cosa sta succedendo ad Istanbul realmente. Non si tratta di scontri tra manifestanti e polizia in piazza, non è solo questo. Anche la domenica prima dell’aggressione, il giorno in cui sono arrivato ad Istanbul dal settimo piano del mio albergo vicino Ramada Plaza ho assistito ad una vera e propria guerra nelle strade: blindati della polizia lanciati a tutta velocità addosso alla folla.
Quello che sta accedendo è una sorta di repressione che mi fa venire in mente pagine di storia risalente alla prima metà del secolo scorso. E’ una cosa disumana tutto quello che avviene. Non si possono intossicare persone in questo modo, solo perché trovano il coraggio di uscire di casa, mossi dalla solidarietà nei confronti di chi pacificamente protesta e molto spesso è a terra ferito.
Vorrei che qualcuno mi aiutasse a rendere omaggio a queste persone. Vorrei che qualcuno scrivesse (io non sono così bravo a scrivere ed in questo momento neanche troppo lucido per farlo..) e raccontasse cosa stanno subendo gli abitanti di Istanbul. Vorrei che qualcuno mi aiutasse a raccontare, ad informare, ripeto, aldilà delle notizia “ancora scontri tra polizia e manifestanti nella notte”.
Rientrato in Italia, nell’ascoltare i miei racconti, molti amici hanno commentato “non avevamo la percezione che la situazione fosse questa”, a mio avviso tutto ciò è grave. Così come è grave che la Sig.ra Bonino, il nostro ministro degli esteri, non abbia ancora preso una posizione o quantomeno rilasciato una dichiarazione di condanna per questi fatti. Il mio timore è che questi fatti, in Italia non li conosciamo. Il mio timore è che tutto questo prosegua senza che nessuno faccia, dica o addirittura sappia niente”.
30 giugno 2013-