«Smotrich deve pagare il prezzo dei suoi ripetuti appelli al genocidio dei palestinesi». È il titolo (feroce) dell’editoriale di Haaretz, il prestigioso quotidiano liberal di Tel Aviv, che così ieri giudicava il ruolo e l’attività politica dell’attuale Ministro delle Finanze.
Piero Orteca
Fascista e omofobo, per sua ammissione
«Sono un fascista omofobo, ma sono un uomo di parola…non lapiderò i gay…», confessa Smotrich. Notizia Ansa gennaio 2023. Senza pietà invece per i palestinesi, bombardandoli. Il noto esponente dei Sionisti Religiosi, uno dei partiti estremisti su cui si regge il governo Netanyahu, è tornato a chiedere «la distruzione totale di Gaza», senza lasciare nessuno spazio ad ambiguità o interpretazioni. Lo ha fatto durante una manifestazione, svoltasi proprio mentre in Israele stava per arrivare il Segretario di Stato Blinken, che cercherà, affannosamente, di far concludere un difficile accordo con Hamas, sul cessate il fuoco e la liberazione degli ostaggi.
Suprematismo ebraico e la diaspora Usa
Quello di Smotrich è stato un messaggio ‘trasversale’, rivolto prima di tutto all’Amministrazione Biden, che ogni giorno che passa sembra sempre più rassegnata alla prevista (e catastrofica) battaglia di Rafah. Haaretz non usa mezzi termini: Smotrich, visto come la pensa, si dovrebbe dimettere. «O, come membro del Gabinetto di sicurezza – prosegue ancora il giornale – dovrebbe essere immediatamente licenziato per le sue ultime dichiarazioni. Questo è il modo in cui si comporterebbe qualsiasi Paese adeguatamente governato. Tanto più un Paese contro il quale la Corte internazionale di giustizia dell’Aja ha emesso misure provvisorie, che gli impongono di astenersi dal genocidio. inclusa una che lo obbliga ad affrontare adeguatamente anche l’incitamento al genocidio».
Alibi politico a Netanyahu
Smotrich ha gettato benzina sul fuoco e la sua presa di posizione rischia di essere un boomerang per Israele. Ma, ha fornito un alibi politico a Netanyahu. Per resistere alle pressioni americane sull’assalto di Rafah. Su questo tema il leader estremista è stato chiaro: «Non ci sono lavori che possono essere fatti a metà – ha detto – e per Rafah, Deir al-Balah e Nuseirat ci vuole una distruzione totale. Cancellerai il ricordo di Amalek sotto il cielo -ha concluso – non c’è posto per loro sotto il cielo». Le ultime notizie sono che il massiccio attacco prima o dopo si farà, e che dovrebbe essere particolarmente sanguinoso. L’altro ‘assist’ di Smotrich viene offerto alle accuse sudafricane presentate all’Aja. E qui gli analisti di Haaretz ricordano che il ricorso si basava anche su «una serie di dichiarazioni pericolose e provocatorie da parte di una lunga lista di personaggi pubblici israeliani – dal Presidente al Primo ministro, ad altri Ministri e membri della Knesset, fino a cantanti famosi e personalità dei media».
Democrazia e Stato di diritto
Ma soprattutto, si citava il sistema legale del Paese, che non era intervenuto per fare rispettare le regole del diritto internazionale, a un governo che sembrava quasi infischiarsene. Il fatto – scrive testualmente Haaretz – «che il sistema legale non ha punito gli istigatori, come indicativi dell’intenzione di commettere un genocidio». Secondo gli specialisti del quotidiano israeliano, proprio la debolezza dell’azione legale dimostrata dal Procuratore generale, Gali Baharav-Miara, e dal Procuratore di Stato, Amit Aisman, costituisce uno dei punti dell’accusa all’Aja.
Magistratura al rallentatore
Dopo le raccomandazioni della Corte di giustizia Internazionale, Baharav-Miara ha cominciato ad agire contro le dichiarazioni incendiarie di funzionari governativi e uomini politici. Bisognerà vedere, come si comporta adesso nel caso Smotrich, cioè davanti all’esponente che tiene praticamente sotto ricatto il Presidente Netanyahu.
‘Il marcio Israele di oggi’
«Nel marcio Israele di oggi – conclude l’editoriale di Haaretz – un uomo come Smotrich non solo non si sente minacciato, ma osa anche minacciare di lasciare il governo se Israele firmerà un accordo che libererà gli ostaggi, rinviando così l’operazione di Rafah. Ciò è accaduto mentre presentava la posizione del suo partito sull’accordo».
E a confermare le parole di Haaretz, è poi arrivata la ‘chiusa’ del Ministro delle Finanze, proprio a proposito dell’attacco a Rafah, rivolta evidentemente a Netanyahu: «Ero disposto a pagare un prezzo politico allora e sono disposto a pagare un pesante prezzo pubblico anche questa volta». Cioè, con le sue dimissioni manderebbe il governo a casa se si rinunciasse all’assalto. Ad Haaretz, aspettano.
2 Maggio 2024