di Eleonora Fagnani
Nonostante i numerosi procedimenti penali volti a colpire il sistema di corruttela che sembrerebbe muovere parte degli appalti post sisma della ricostruzione privata, la rete criminale e di infiltrazioni mafiose potrebbe essere ben lontana dall’essere ricostruita per intero.
Nell’ambito del processo che vede imputato l’imprenditore aquilano Stefano Biasini, e con lui Francesco Ielo, Antonino Vincenzo Valenti e Massimo Maria Valenti, accusati di essere vicini al clan Caridi-Zindato-Borghetto, la testimonianza di Francesco Oliveiro, collaboratore di giustizia ritenuto dagli inquirenti personaggio di spicco della ‘ndrangheta, a capo della cosca Belvedere Spinello di Crotone, avrebbe portato alla luce nuovi legami tra malavita organizzata e piccoli imprenditori edili del territorio.
Nello specifico, il collaboratore di giustiza – teste d’accusa nel processo – avrebbe riferito di altri contatti tra malavita organizzata e imprenditori locali, di cui non si conosce l’identità, finalizzati all’uso di materiali per l’edilizia. Contatti mossi proprio su iniziativa degli stessi imprenditori. Da quanto dichiarato dal pentito al pm titolare dell’inchiesta, Fabio Picuti, nel corso di un’audizione protetta secondo procedure di segretezza, sarebbero stati alcuni imprenditori locali, infatti, a rivolgersi allo stesso Oliveiro in cerca di soldi, mezzi ed operai.
Le affermazioni del pentito hanno ripercorso quelle già depositate in fase d’istruttoria, già note, dunque, agli investigatori. Si tratta, comunque, di informazioni tutte da verificare, nonostante lo spessore criminale del teste sia stato confermato dalla deposizione di un agente della Squadra Mobile.
Secondo il teste, la ‘ndrangheta avrebbe agito per tramite di persone incensurate cercate nell’ambito di ditte locali. L’apertura di una partita Iva era il primo tassello per insinuarsi negli appalti privati post-sisma. Proprio all’Aquila il collaboratore di giustizia, che aveva numerose ditte di riferimento, avrebbe intrattenuto riunioni con appartenenti ai clan De Stafano, Tegano e Libri, intestatari di attività.
Nonostante la rilevanza della testimonianza, il nucleo accusatorio del processo Biasini è rimasto sostanzialmente inalterato. Ruota attorno alle intercettazioni da cui emergerebbero -stando agli inquirenti – legami tra Santo Giovanni Caridi, referente della cosca ‘ndranghetista reggina, e lo stesso imprenditore aquilano.
Sarebbe stato Biasini a fare da tramite per l’inserimento del clan nel lavori post-sisma. Accuse, queste, tutte respinte al mittente dagli imputati, che hanno sempre negato di aver avuto consapevolmente relazioni con persone legate alla malavita organizzata.
Il processo è stato aggiornato a fine gennaio.
22 Novembre 2015