Il nostro primo obiettivo, per queste ragioni, resta quello della rottura della passività e della stagnazione sociale per giungere ad un movimento generale di lotta contro le politiche di austerità e chi le sostiene; questo obiettivo comporta sia la iniziativa concreta sia la definizione della piattaforma. Questo obiettivo è in contrasto pratico e teorico con il regime di pace sociale governato dal sistema PD, dal governo e dalla alleanza corporativa di CGIL, CISL, UIL e Confindustria.
La Rete 28 Aprile opera dunque in aperto e visibile contrasto con il regime di pace sociale ed con i suoi gruppi dirigenti politici e sindacali.
La Rete è dunque impegnata nella costruzione di un ampio fronte sociale, assieme a tutte le forze antagoniste politiche, sindacali e ai movimenti sociali e ambientali, per un movimento generale contro le politiche d’austerità, il patto sociale.
Riduzione d’orario, salario, reddito, abbassamento della età pensionabile, estensione del pubblico nei servizi sociali, rilancio della scuola e della sanità pubblica, nazionalizzazioni, blocco dei licenziamenti, rottura di ogni subordinazione contrattuale della condizione di chi lavora, questione Europa, rottura delle compatibilità e delle subordinazioni della politica economica e sociale al rispetto dei dettami della Bce e dell’Unione europea: sono questi i principali punti sui quali costruire sia una piattaforma generale alternativa alla austerità e al patto corporativo, sia il documento congressuale alternativo.
La lotta alla precarietà, alla flessibilità e allo sfruttamento sono da un lato parte della piattaforma e della lotta generale, anche rilanciando l’iniziativa contro le leggi e i contratti che dal Pacchetto Treu in poi hanno massacrato i diritti del lavoro. Da un altro però devono diventare una guerriglia rivendicativa che apre conflitti ovunque possibile. Decisiva la iniziativa dei e verso i migranti. La Rete sostiene esplicitamente le lotte che rompono la tregua, dei migranti della logistica ai tranvieri di Bologna e Firenze.
Particolarmente grave è la situazione dei lavoratori e delle lavoratrici del settore pubblico. I loro contratti e i salari sono ormai bloccati da anni e tale blocco è stato recentemente prorogato con un consenso parlamentare che ha perfino travalicato la maggioranza di governo. Nei settori pubblici continua a dilagare la precarietà, mentre i servizi pubblici (come ad esempio la scuola e la sanità) sono soggetti a pesanti tagli e a operazioni di privatizzazione con gravi ricadute sull’occupazione e sulla qualità e la quantità dei servizi ai cittadini.
Un’attenzione particolare, forse nuova per la Rete e più in generale per le sinistre sindacali, va prestata alla questione delle e dei pensionate/i. Non solo sostenendo la necessità di difendere e di rilanciare la previdenza pubblica, in via di smantellamento, me anche comprendendo il nuovo e importante ruolo che i pensionati e le pensionate a volte hanno nel sostegno alle famiglie colpite dalla crisi e dalla caduta dell’occupazione.
L’accordo sulla rappresentanza è un vero e proprio spartiacque nella storia politica e sociale del paese. Ogni minimizzazione della sua gravità o è in malafede, o è la manifestazione di una illusione politica comprensibile ma in fondo priva di realismo, quella di poter continuare ad operare così come si è operato in questi anni. Dobbiamo costruire una grande campagna di informazione su questo accordo, che la CGIL ha approvato violando lo Statuto e che i militanti non conoscono.
Il modello sindacale a cui fa riferimento questo accordo è quello aziendalistico americano, inquadrato nella concertazione burocratica e autoritaria del nostro paese. Definire questo accordo patto sociale è una semplificazione superficiale che ne attenua la portata. Questo accordo è un patto di complicità assoluta tra sindacati riconosciuti e imprese.
Questo accordo è la estensione ovunque delle relazioni sindacali Fiat. Per questo è particolarmente grave e significativo che proprio il gruppo dirigente FIOM e la ex minoranza della “Cgil che vogliamo” sostengano e perfino rivendichino questo accordo. La concertazione non è più triangolare ma bipolare tra parti sociali unite da un lato e casta politica e governo dall’altro. È il successo del modello corporativo CISL che assorbe totalmente la CGIL, che non a caso sempre più spesso manifesta senza angosce assieme ai padroni.
Ma la gravità dell’accordo sta ovviamente nel suo carattere autoritario e incostituzionale. Chi non accetta la complicità non ha diritti sindacali, dentro e fuori CGIL, CISL, UIL e UGL.
Dunque rispetto a questo accordo non si può semplicemente dissentire, ci si deve opporre. Bisogna rendere inesigibile il patto sulla esigibilità. Bisogna agire sul piano della vertenzialità nei luoghi di lavoro, su quello della lotta politica e su quello della iniziativa istituzionale, rilanciando la campagna per una legge sulla rappresentanza che cancelli l’accordo, assieme a tutte le forze politiche, sociali ed ai movimenti che si oppongono al patto che istituzionalizza le politiche d’austerità.
Una parte grande del mondo del lavoro è oggi fuori da CGIL, CISL, UIL e UGL. Non solo quello non sindacalizzato, precario, migrante. E non solo quella minoranza che aderisce ad altre organizzazioni sindacali. Ma anche quella parte del lavoro sindacalizzato che lotta agisce in generale fuori dal contesto confederale, se si escludono i metalmeccanici.
Le lotte per il lavoro di fronte alla chiusura delle aziende sono le uniche sinora ad avere una preponderanza di direzione CGIL, CISL e UIL e, non a caso, si sono quasi tutte concluse con l’accettazione della chiusura delle aziende.
La Rete deve dunque operare per estendere le pratiche di autorganizzazione unitaria nel mondo del lavoro. Come esempio abbiamo la lotta della scuola ove i coordinamenti dei precari sono stati decisivi nel solo movimento che ha ottenuto un parziale successo.
La Rete lotta per affermare il sindacalismo democratico e vertenziale, dei lavoratori e delle lavoratrici. Lottiamo contro la burocratizzazione e la degenerazione della vita interna del sindacalismo confederale.
Il maccartismo e la repressione del dissenso, la centralità crescente delle funzioni e delle entrate di servizio e del bilateralismo, la rigida selezione dei gruppi dirigenti sulla base della fedeltà hanno raggiunto livelli, almeno per la CGIL, estranei alla storia e alla esperienza del sindacalismo italiano.
Quindi la lotta contro il sindacalismo degli enti bilaterali deve essere centrale per la Rete. Dobbiamo affermare il principio che un sindacato vive solo del contributo degli iscritti, e che le iscrizioni devono essere periodicamente rinnovate.
La lotta e la denuncia contro la burocrazia sindacale, parte della casta politica che sostiene il governo di larghe intese, deve essere visibile per incontrare il malessere e la sfiducia dei lavoratori; mai dobbiamo apparire come coloro che hanno qualcosa da difendere nel palazzo sindacale, ma anzi dobbiamo essere i primi a contestarlo.
Il nostro obiettivo è quello di mettere in rete e organizzare, anche dopo il congresso tutte e tutti coloro che in CGIL non accettano, non si arrendono alla deriva corporativa e complice e vogliono lottare. Non siamo interessati alla testimonianza e neppure alla “correntina” che sta nelle nicchie del potere. La nostra battaglia vuole essere parte di una battaglia più generale per la ripresa del conflitto sociale nel nostro paese.
In sintesi gli elementi della lotta congressuale sono:
• Una posizione chiara e semplice sugli obiettivi del lavoro oggi, contro la austerità e la complicità sindacale. Un documento piattaforma spendibile subito.
• La condanna della passività e della degenerazione burocratica di CGIL, CISL, UIL, la rivendicazione di lotta e democrazia e di indipendenza dal governo e dai partiti, PD in particolare.
• La richiesta formale, prima dell’avvio del congresso, di regole democratiche, trasparenza anti brogli, par condicio tra le posizioni.
Sarà necessario un piano di lavoro, di organizzazione e di responsabilità, da definire prima della ferie, che copra tutto il territorio nazionale. Il gruppo dirigente nazionale deve poter intervenire là ove ci sono ritardi, assenze o incomprensioni che impediscano l’avvio del lavoro organizzato dei collettivi della Rete. L’assemblea su questo dà preciso mandato al gruppo dirigente nazionale della Rete, che va verso un necessario e inevitabile avvicendamento e che va allargato a nuove forze, soprattutto delegate e delegati nei luoghi di lavoro.
Va lanciata una campagna di adesione e di sottoscrizione.
Il nostro sito, che mantiene costante e crescente consenso, deve diventare definitivamente il nostro primo strumento di intervento e di comunicazione. Ma decisiva è la presenza fisica dei militanti della Rete nelle lotte e rispetto ai luoghi di lavoro.
L’annuncio del documento alternativo e dei suoi contenuti e scopi deve essere sintetizzato in un volantino che dovrà essere distribuito ovunque con un piano verificato a livello nazionale.
01 Luglio 2013