In breve
Uomo politico di riconosciuta coerenza, protagonista della scena italiana e internazionale, il più popolare segretario del Partito comunista italiano oggi viene ricordato soprattutto per la sua denuncia della “questione morale”. Tratto distintivo del suo pensiero fu, tuttavia, intendere il comunismo in uno con la democrazia e con la libertà e se ora, al di là della retorica celebrativa, non ci sono più partiti di massa che possano dirsi depositari del suo lascito, è forse ancora più importante tornare a riflettere su questa figura originale di politico e di comunista.
Guido Liguori, è docente di Storia del pensiero politico presso l’Università della Calabria e presidente della “International Gramsci Society Italia”. È autore tra l’altro dei seguenti libri, tradotti o in corso di traduzione in diverse lingue: Sentieri gramsciani (2006), La morte del Pci (2009), e, per la nostra casa editrice, Gramsci conteso. Interpretazioni, dibattiti e polemiche 1922-2012 (2012, prima edizione: 1996) e l’antologia di Palmiro Togliatti Scritti su Gramsci (2013, prima edizione 2001). Ha curato con Pasquale Voza il Dizionario gramsciano 1926-1937 (2009). ______________________________
pagine 431
€ 14,00
“Da ragazzo c’era in me un sentimento di ribellione. Contestavo tutto. Avevo letto Bakunin e mi sentivo un anarchico”
Il libro
Chi è stato in realtà Enrico Berlinguer, il segretario più amato (ma anche contestato e travisato) del Pci? A trent’anni dalla sua morte drammatica e in un mondo radicalmente cambiato, Chiara Valentini ne ricostruisce una storia politica e umana più densa e intrigante di quanto si era potuto fare finora. Dall’infanzia ferita da un dramma familiare a un’adolescenza ribelle, all’incontro con i comunisti e con Togliatti, si snodano la vita e la carriera di questo politico diverso. La sua è la vicenda di un uomo che ha voluto sfidare le rigidità di un mondo diviso in blocchi con la passione del rischio con cui affrontava le tempeste di mare nella sua Sardegna. Dopo il colpo di stato polacco, aveva tagliato i ponti con l’Urss in modo definitivo. Aveva osato progettare il comunismo nella democrazia, un’ipotesi intollerabile sia a Mosca sia a Washington. Aveva cercato di cambiare l’Italia con il compromesso storico, e forse ci sarebbe riuscito senza il rapimento e l’assassinio di Aldo Moro. Aveva dimostrato di avere la vista lunga indicando nella questione morale e nella degenerazione dei partiti “ridotti a macchine di potere e di clientela” il problema più drammatico dell’Italia. Se lo “strano comunista”, come lo definiva la stampa Usa, non fosse morto troppo presto, forse anche la storia della sinistra e dell’Italia sarebbe stata diversa.
Chiara Valentini
Chiara Valentini, giornalista e saggista, responsabile dei servizi culturali di “Panorama” e poi inviato speciale dell’“Espresso”, ha pubblicato vari libri, fra cui: La storia di Dario Fo (Feltrinelli, 1977), Berlinguer (Mondadori, 1989; Feltrinelli, 2014), Il nome e la cosa. Viaggio nel Pci che cambia (Feltrinelli, 1990), O i figli o il lavoro (Feltrinelli, 2012). È autrice de Le donne fanno paura (il Saggiatore, 1997), uno dei primi libri ad aver messo in luce le discriminazioni delle italiane e La fecondazione proibita (Feltrinelli, 2004). È stata caposervizio cultura e inviato speciale di “Panorama” e poi de “L’Espresso”, cui attualmente collabora.
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A cura di Paolo Ciofi e Guido Liguori
Enrico Berlinguer torna d’attualità, oggi, perché voleva cambiare il mondo. E il valore della sua ricerca e della sua azione è tanto più rilevante perché nel cuore dell’Occidente capitalistico ha posto la questione della costruzione di una civiltà più avanzata, oltre il capitalismo, in cui il socialismo si coniughi con la democrazia e l’uguaglianza con la libertà. Ora viviamo in un’altra epoca, ma i problemi di quel mondo che Berlinguer con la sua lotta voleva cambiare restano. Anzi, per molti versi si sono aggravati. Questa antologia offre i maggiori testi (relazioni, articoli, discorsi, interviste) di Berlinguer nel lungo periodo (1969-1984) in cui si trovò alla guida del Partito comunista italiano. Ripercorrendo attraverso la loro lettura il suo non facile cammino alla guida del Pci in un periodo tra i più drammatici e difficili della nostra storia nazionale, si comprende come chiunque voglia misurarsi in Italia e in Europa con il compito, impervio ma necessario, di cambiare la società, da Berlinguer non possa prescindere. E da lui dovrà riprendere il cammino. Berlinguer era un rivoluzionario, un combattente che non ha mai detto: «Arrendiamoci, non c’è nulla da fare, non ha senso parlare di rivoluzione».
Enrico Berlinguer (1922-1984) nacque in Sardegna, da una famiglia antifascista. Attivo politicamente nel Partito comunista italiano già nell’ultimo periodo del secondo conflitto mondiale, dal dopo- guerra al 1956 fu il massimo dirigente delle organizzazioni giovanili comuniste. Assolse in seguito a vari incarichi nel Pci, fino a essere eletto nel 1969 vicesegretario del partito, designato a succedere a Longo, gravemente malato. Eletto segretario del Pci dopo il XIII Congresso del 1972, Berlinguer guidò i comunisti italiani nella fase dei maggiori successi elettorali e politici, ma anche nei difficili anni della crisi economica e del terrorismo. Nel 1973 propose la politica del compromesso storico e poi, in crescente polemica coi comunisti sovietici, lanciò la politica dell’«eurocomunismo», che notevole seguito ottenne a livello internazionale. Dopo gli anni dei controversi «governi di solidarietà nazionale», a fine anni ’70 Berlinguer propose la politica dell’alternativa democratica, in opposizione alla Democrazia cristiana. Morì improvvisamente mentre alla testa del suo partito stava conducendo una strenua lotta in difesa degli interessi dei lavoratori, della scala mobile e del parlamento, che vedeva minacciato dal decisionismo e dalla teoria della governabilità propugnati da Bettino Craxi. I suoi funerali, a cui presero parte una folle immensa e personalità politiche di tutto il mondo, e il grande successo del Pci alle successive elezioni europee, testimoniarono del grande consenso ottenuto dalla sua politica e della sua crescente popolarità.
Paolo Ciofi, saggista e politico, è presi- dente di “Futura Umanità. Associazione per la storia e la memoria del Pci”. Impegnato da alcuni anni nella ricerca sui temi delle trasformazioni del lavoro e dei fondamenti di una nuova sinistra unita, ha pubblicato tra l’altro Il lavoro senza rappresentanza (2004, nuova edizione 2011), Viaggio nell’Italia del lavoro (2008) e per la nostra casa editrice La bancarotta del capitale e la nuova società (2012). Nel Comitato centrale del Pci dal 1969 al 1986, segretario regionale e della Federazione romana, è stato parlamentare e vicepresidente della Regione Lazio.
Guido Liguori, è docente di Storia del pensiero politico presso l’Università della Calabria e presidente della “International Gramsci Society Italia”. È autore tra l’altro dei seguenti libri, tradotti o in corso di traduzione in diverse lingue: Sentieri gramsciani (2006), La morte del Pci (2009), e, per la nostra casa editrice, Gramsci conteso. Interpretazioni, dibattiti e polemiche 1922-2012 (2012, prima edizione: 1996) e l’antologia di Palmiro Togliatti Scritti su Gramsci (2013, prima edizione 2001). Ha curato con Pasquale Voza il Dizionario gramsciano 1926-1937 (2009). Sul segretario del Pci ha pubblicato Berlinguer rivoluzionario. Il pensiero politico di un comunista democratico (2014).