di Laura Naka Antonelli
“Lavorare meno, lavorare tutti”. Viene riportata da diversi quotidiani nazionali e soprattutto locali dell’Emilia Romagna il progetto di legge presentata nella Regione che porta la firma del giurista Piergiovanni Alleva, consigliere regionale del L’Altra Emilia-Romagna.
Il progetto, che Alleva sta ultimando, sarà presentato in Assemblea legislativa. Obiettivo: sconfiggere la piaga della disoccupazione riducendo la settimana lavorativa da cinque a quattro giorni.
Le ore di lavoro settimanali scenderebbero da 40 a 32. In un’intervista rilasciata all’agenzia Dire, Alleva precisa che la riduzione permetterebbe di ottenere “un posto di lavoro in più ogni quattro lavoratori”, sottolineando che lo strumento legislativo per dare corpo alla sua idea esiste già. Si tratta, spiega il giurista, dei contratti di solidarietà espansivi rilanciati dal Jobs Act, la cui disciplina però “è inadeguata e lacunosa”.
A livello regionale “queste lacune potrebbero essere agevolmente e fruttuosamente colmate, con un impegno anzitutto politico nella promozione dei contratti di solidarietà e anche con un impegno finanziario che risulterebbe non troppo oneroso”.
Così Alleva, stando a quanto risulta dall’intervista rilasciata all’Agenzia Dire pubblicata sulla stessa pagina Facebook di L’Altra Emilia Romagna:
In Emilia-Romagna, “i lavoratori dipendenti sono circa due milioni e i disoccupati circa 160.000- spiega Alleva parlando alla ‘Dire’- il che significa che l’effetto occupazionale della ipotizzata riduzione di orario sarebbe più che doppio della disoccupazione esistente”, dal momento che un quinto di due milioni è pari a 400.000 persone. Dunque, la misura sarebbe “capace di assorbire interamente” la disoccupazione a livello regionale, “anche ammettendo come logico che per cause varie solo la metà o il 40% di questo effetto occupazionale si produca realmente”. Alleva cita la famosa riforma degli anni ’70, che portò da 48 a 40 le ore di lavoro, con l’istituzione della ‘settimana corta’ e l’abolizione dei sabati lavorativi. “Proprio questa misura portò un repentino beneficio occupazionale- ricorda Alleva- con la stipula, nel tempo successivo, di oltre un milione di nuovi contratti di lavoro necessari per sostenere i precedenti livelli produttivi”. La proposta di legge in Regione si muove sullo stesso solco: portare da 40 a 32 le ore di lavoro settimanali per creare posti di lavoro”. La semplice riduzione delle ore di in una singola giornata invece non basta, spiega ancora Alleva, perchè viene “facilmente riassorbita da misure organizzative, intensificazione dei ritmi di lavoro o riduzione delle pause”.
Ancora:
“dobbiamo affrontare sul serio il problema della disoccupazione e di quella giovanile in particolare. E c’è da fare soltanto una cosa: una riduzione mirata, consensuale e incentivata della settimana lavorativa, che dia luogo a un incremento occupazionale”. Accorciando la settimana, la legge firmata dall’ex Tsipras punta a ricavare “un posto di lavoro in più ogni quattro lavoratori”. In questo modo, “potremmo avere l’ambizione di eliminare la disoccupazione. Senza una misura importante, non arriviamo dove è necessario”. Lo strumento per creare questo scenario secondo Alleva “già esiste”, i contratti di solidarietà espansivi “recentemente rilanciati dal Jobs Act”, la cui disciplina però “è inadeguata e lacunosa”. A livello regionale, sostiene però Alleva, “queste lacune potrebbero essere agevolmente e fruttuosamente colmate, con un impegno anzitutto politico nella promozione dei contratti di solidarietà e anche con un impegno finanziario che risulterebbe non troppo oneroso”. Ad oggi, infatti, i contratti di solidarietà espansivi prevedono che i lavoratori di imprese non in crisi accettino una riduzione di orario per consentire all’azienda di assumere nuovi lavoratori, senza peroò alcuna misura compensativa. Anche per i datori di lavoro, sostiene Alleva, “il vantaggio è abbastanza limitato”. Se i nuovi assunti hanno meno di 29 anni, infatti, sui loro contratti l’azienda ottiene una “decontribuzione totale triennale”. Per i lavoratori di età superiore, invece, l’impresa ottiene un contributo a scalare dal 15 al 5% nell’arco dei tre anni. “Proprio qui- sostiene Alleva- si apre uno spazio per un intervento regionale”. Viale Aldo Moro dovrebbe cioè garantire una compensazione pari almeno alla metà del salario perso per la riduzione delle ore di lavoro, sfruttando anche le possibilità date dai servizi di welfare aziendale”
4 gennaio 2017