Enrico Vigna
Così, il ministro degli Esteri russo ha sintetizzato la situazione, sottolineando che l’Occidente è evidentemente innervosito dal fatto che il popolo serbo sostiene il presidente A. Vučić, e che Mosca è sempre pronta ad aiutare il popolo amico serbo.
E’ evidente che l’Occidente non era pronto ad accettare i risultati delle elezioni in Serbia e il sostegno che la stragrande maggioranza del popolo di quel paese ha dato al presidente Vučić, ha dichiarato a “RIA Novosti” il ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov.
Per questo motivo è stato tentato di “organizzare una Maidan serba” e la presa illegale del potere, ma la Serbia ha ricordato gli eventi in Ucraina del 2014 e come lì si è concluso il colpo di stato, motivo per cui non sono state molte le persone alle proteste di piazza.
Nell’intervista, il ministro degli Esteri russo, ha sottolineato che “i cittadini serbi non si fidano di quei politici che a parole si oppongono alla violenza e che nelle loro azioni si comportano in modo completamente opposto, ignorando i risultati della volontà popolare e provocano le forze dell’ordine. Ma la situazione nella Repubblica di Serbia è stabile, le autorità del paese mantengono fermamente la situazione sotto controllo, comprendendo chiaramente che questo è attualmente l’obbiettivo primario per l’interesse nazionale … ”.
Quando un giornalista gli ha chiesto se poteva confermare che i servizi russi avevano effettivamente avvertito Belgrado dell’imminente scoppio di disordini, come ha dichiarato il primo ministro serbo Ana Brnabić, Lavrov ha sottolineato che “Mosca è sempre pronta ad aiutare gli amici serbi, il nostro dialogo con la Serbia è caratterizzato dall’apertura e dall’attenzione allo sviluppo della cooperazione in vari campi, compreso quello della sicurezza…”.
In una altra intervista per la televisione “Russia 24“, il capo della diplomazia russa ha ribadito che l’Occidente ha cercato di costringere la Serbia a scegliere: o l’adesione alle sanzioni contro la Russia, oppure un colpo di stato in Serbia.
Questa tesi è stata avanzata anche dall’ambasciatore della Federazione Russa a Belgrado, A. Bocan-Kharchenko, il quale ha affermato che: “…dietro le proteste c’è l’Occidente, le rivolte sono legate al fatto che Vučić non ha voluto imporre sanzioni alla Russia. I partecipanti alle manifestazioni avevano un piano preordinato per indebolire il potere del presidente della Serbia dopo le elezioni, ma lui, non può essere sostituito in un colpo solo. Io stesso l’ho informato che paesi occidentali erano dietro le proteste e gli scontri, e le stavano sostenendo, ma che noi avremmo fatto di tutto per sostenere la Serbia, fornendo dati a Vucic che non possono essere confutati e che chiariscono in modo netto che le rivolte a Belgrado dopo le ultime elezioni, sono state organizzate secondo il “principio Maidan…Oggi, dopo questa prova, il presidente della Serbia gode di ancora più sostegno da parte del popolo… ” ha detto Bocan-Harchenko in interviste alla stampa.
Parole che sono state confermate poi dallo svolgersi dei fatti. Gli organizzatori di queste manifestazioni avevano un piano per rovesciare le istituzioni legittimamente votate. Sicuramente proteste e manifestazioni continueranno, utilizzando le forze di opposizione minoritarie, ma il “golpe” violento e fulmineo è fallito. Il governo di Belgrado, ha ribadito che non permetterà nessun tipo di forme di violenza e l’escalation della situazione, aggiungendo che le proteste se degeneranno troveranno risposte calme ma risolute e che “nessun obiettivo o piano del Maidan avrà successo, questo è assolutamente certo…“.
Dopo che la Brnabić ha rivelato che servizi di sicurezza russi avevano avvertito Belgrado dei piani occidentali, ha confermato che da questa situazione sono stati avviati colloqui e confronti non solo riguardanti le proteste ma anche di prospettive di intensificazione della cooperazione con la Russia.
Il governo di Vučić mantiene una posizione solida e l’Occidente ha subito un colpo di arretramento dei suoi obiettivi, avendo capito che per ora è molto difficile, quasi inattuabile, far crollare la posizione di Vučić e questo l’ha portato a intensificare le minacce e i ricatti in particolare sulla questione del Kosovo Metohija, che è il secondo obiettivo fondamentale per la destabilizzazione della Serbia.
L’opposizione di “Serbia contro la violenza” (SPN) è composta da partiti che non significano nulla da soli e che, utilizzando cinicamente la tragedia accaduta nella scuola di Belgrado lo scorso anno, accusaono il governo dell’incidente. Uno dei suoi maggiori leader, Djilas, ha pagato le sue incapacità e danni quando era al potere come sindaco di Belgrado. Lui e la sua cerchia non avevano nulla di cui magnificare nelle ultime elezioni, non presentando alcun piano, programma o proposte basati su cose concrete, piani economici, soluzioni anche parziali. La loro strategia è stata incentrata tutta sul cambio di governo e sulla diffusione delle proteste, sostenuti e finanziati dall’Occidente e facendo leva su un personale violento e bande intrise di teppismo.
Il movimento “Serbia contro la violenza” si caratterizza come un’opposizione “totalmente filo occidentale”, tutte le sue posizioni sulle questioni basilari per il futuro della Serbia, sono completamente appiattite e allineate alle posizioni esterne, dalla questione del Kosovo e Metohija, alla NATO, alle sanzioni alla Russia, ad una politica di non allineamento, indipendente e sovrana, basata prima di tutto sull’interesse nazionale. Probabilmente, è più che altro per questo che Vučić ha ricevuto la stragrande maggioranza dei voti, in particolare nel Kosovo Metohija, dove ha ottenuto insieme al Partito Socialista, la maggioranza assoluta dalla provincia autonoma.
I serbi hanno intuito che, finché il governo difende e cerca di mantenere queste politiche, la situazione può rimanere “più o meno pacifica”, e si possono evitare scenari di guerra, che nel popolo serbo, è un opzione che vive solo come imposizione straniera ultima, seppur presente.
Con il sostegno di oltre il 70% dei serbi del Kosovo che hanno sostenuto Vučić e le forze governative, che è un riconoscimento ampio, significativo, ora sarà l’Occidente a dover forzare la situazione per cercare di costringere Belgrado a riconoscere l’indipendenza, cosa che finora questo tentativo non ha avuto successo. Sicuramente l’Occidente continuerà a lavorare per portare in qualche modo l’opposizione al potere, le proteste continueranno, ma ora la cosa più importante è che la dirigenza della Serbia ha resistito in modo efficace e che il “Maidan serbo”, è per ora fallito.
Al di là di come la si pensi, questo è un dato di fatto oggettivo.
Enrico Vigna portavoce del Forum Belgrado Italia