di Giorgio Bongiovanni
Si chiamava Raed Al Bahre aveva 25 anni ed era palestinese. Raed viveva a Kufr Zebad, un piccolo villaggio di 1500 anime sulle aspre collinette della provincia di Tulkarem dove lavorava insieme al padre e ai fratelli nella tipografia di famiglia. Ieri sera, intorno alle ore 19, Raed si era recato al Checkpoint di Jbarah dove ad attenderlo c’era la cugina. Raed le stava consegnando delle olive come dono per sua nonna che vive a Tira, in Israele (al di là del muro di separazione). Lì dove le fertili terre palestinesi hanno ceduto il posto dei palazzi in cemento costruiti dalle mani israeliane neocolonialiste. Un regalo per quella donna anziana che lo ha cullato da piccolo e che a causa dell’occupazione e dell’avanzare degli anni non ha potuto veder crescere come una nonna dovrebbe poter fare con il proprio nipote. Un umile gesto di amore. L’ultimo, a dire la verità. Sì perché Raed è stato inspiegabilmente fermato dalle forze di sicurezza israeliane al checkpoint che, insospettite, lo hanno accusato di tenere in mano un coltello. I soldati hanno quindi fatto fuoco esplodendo diversi colpi. Il ragazzo si è accasciato a terra ed è morto dissanguato, l’esercito infatti non ha chiamato i soccorsi, lasciando che morisse in un lago di sangue. Una volta deceduto si sono limitati a coprire il cadavere con un sacco nero, quelli che in genere si usano per la spazzatura. Come un cane Raed è stato assassinato dai criminali fascisti del cosiddetto Stato di Israele. Uno Stato che si identifica come messianico, voluto da Dio. Un Dio tiranno, indifferente verso i deboli, verso i perseguitati, adorato dagli israeliani come lo adorava Hitler. Questo è oggi Israele. “L’unica democrazia del medio oriente”, come la descrive la stampa occidentale. Una farsa. A ben vedere, con determinati atti, si rivela essere una democrazia governata da assassini, fanatici, che così facendo sputano sulla parola del Signore, da loro così “rispettato” e “adorato”.
Esprimiamo la nostra solidarietà alla famiglia e ai nostri cronisti di ANTIMAFIADuemila Karim El Sadi e Jamil El Sadi, parenti della giovane vittima. E’ stata una coincidenza che un nostro cronista condivida un legame di parentela con il martire, non siamo complottisti o demagoghi, non è stato uno sfregio alla nostra redazione. Semmai, nel segreto delle preghiere per chi è credente, cercheremo di capire perché accadano queste cose. Quella che invece non può essere definita una coincidenza è la modalità in cui è caduto vittima il povero ragazzo. Un modus operandi adottato più e più volte da Israele. L’esecuzione a sangue freddo di Raed, infatti, non rappresenta un caso isolato ma risulta essere una pratica particolarmente diffusa lungo i checkpoint o durante i controlli di esercito e polizia israeliani. Prima di ieri l’ultima vittima era stata una donna, al checkpoint di Qalandiya, il 18 settembre scorso. Il caso peggiore era avvenuto il 21 marzo scorso quando quattro palestinesi furono uccisi in 24 ore. Secondo Amnesty International ed altre associazioni per i diritti umani solamente nell’ultimo anno sono centinaia i casi come questo, dove l’esercito israeliano, in territorio occupato, ha agito (e continua ad agire) con eccessivo uso della forza contro civili palestinesi disarmati o che non rappresentano una minaccia per i soldati o per chiunque altro.
Ci auspichiamo, in futuro, che l’Europa intervenga con determinazione contro la tirannia dello stato israeliano affinché la popolazione palestinese possa finalmente respirare aria di libertà.
19 Ottobre 2019