Ad ogni regime autoritario che faccia dell’oscurantismo il paradigma della condizione femminile deve corrispondere una campagna internazionale di mobilitazione delle coscienze e di sostegno umanitario. Con questo auspicio, rivolgiamo un appello a tutti i governi e agli organismi internazionali, affinché mettano al centro dei loro programmi il dovuto ausilio alla popolazione afghana, attivando ogni necessario meccanismo di protezione internazionale per le donne e i profughi di questo Paese.
Così scriveva Jane Austen nell’incipit di “Orgoglio e pregiudizio”, nell’anno 1813, parlando della condizione della donna in quel tempo, nella occidentalissima Inghilterra: “È una verità universalmente riconosciuta che uno scapolo provvisto di un ingente patrimonio debba essere in cerca di moglie. Per quanto al suo primo apparire nel vicinato si sappia ben poco dei sentimenti e delle opinioni di quest’uomo, tale verità è così radicata nella mente delle famiglie dei dintorni, da considerarlo legittima proprietà dell’una o dell’altra delle loro figlie”.
Così scriveva, ancora, Azar Nafisi in “Leggere Lolita a Teheran” (pag. 292), parlando della condizione femminile nell’Iran di Khomeini e commentando il libro della Austen: “All’inizio della rivoluzione avevo sposato un uomo che amavo… Quando nacque mia figlia, cinque anni dopo, eravamo già tornati ai tempi di mia nonna: la prima legge a essere abrogata… fu quella che proteggeva la famiglia e garantiva i diritti della donna a casa e sul lavoro. L’età minima per il matrimonio venne di nuovo abbassata a nove anni – o meglio, otto e mezzo lunari, ci dissero. L’adulterio e la prostituzione dovevano essere puniti con la lapidazione. E, infine, le donne per legge valevano esattamente la metà di un uomo”. Erano i tempi della rivoluzione che portò l’ayatollah al potere e che condusse con sé questo tipo di decisioni. Le uniche donne nel regime più liberale diventate personaggio pubblico, sulla scorta delle loro conoscenze e capacità, subirono l’esilio (ove già fuggite all’estero) o la pena di morte.
C’è da domandarsi cosa scriverà la letteratura di domani quando registrerà il regresso delle condizioni umane, specie delle donne, a causa dell’ingresso dei Talebani a Kabul e se in quella letteratura resterà traccia della impotenza dell’Occidente tutto.
Lungi dal proporre la occidentalizzazione dei costumi come panacea di ogni male, Magistratura democratica resta convinta che ogni regime autoritario che passi dall’oscurantismo della condizione della donna debba essere approfondito oggetto di una campagna internazionale di mobilitazione delle coscienze e di sostegno umanitario.
Consapevoli della complessità della questione e della difficoltà di soluzioni che non passino da iniziative politiche militari, Magistratura democratica, nel plaudire a tutte quelle associazioni umanitarie, nazionali e non, che si pongono a sostegno delle condizioni delle donne afghane, auspica che tutti i governi e gli organismi internazionali mettano al centro dei loro programmi il dovuto ausilio alla popolazione afghana ed attivino ogni necessario meccanismo di protezione internazionale per le donne e i profughi di questo Paese.
15/08/2021