Il prezzo medio degli immobili al metro quadrato risulta un indicatore di previsione elettorale molto accurato
di Federico Fubini
A questo punto alle prossime elezioni i partiti dovrebbero rivolgersi agli agenti immobiliari. Costano meno – se ci si limita a consultarli – e hanno indicazioni più preziose di quelle di certi sondaggi condotti al telefono fisso. Non che sia una novità nella storia d’Italia. In quartieri operai come la Garbatella di Roma o Sesto San Giovanni, alle porte di Milano, il reddito degli abitanti, il valore dei loro appartamenti e le loro preferenze politiche erano già strettamente correlati settant’anni fa: più i salari erano bassi, meno costavano le case e più spesso il voto andava a forze di opposizione che promettevano cambiamento. In modo uguale e contrario l’alto pregio dei palazzi del centro si legava a una preferenza per partiti che promettevano continuità. Chi era benestante non vedeva ragione di tentare un salto nel buio. La conservazione degli assetti politici era legata alla possibilità che un numero sufficiente di elettori lo fossero, o sperassero di diventarlo.
Plus ça change. Un esame dei risultati nei singoli municipi e circoscrizioni mostra che nelle principali città d’Italia – con notevoli eccezioni – il prezzo degli immobili a metro quadro in ciascuna zona è un indicatore sorprendentemente preciso. Può prevedere chi vincerà nelle urne, come mostra il grafico in pagina. Più è basso il valore delle case in alcune aree, più il Movimento 5 Stelle cresce sul Pd in confronto ai quartieri vicini. Più è alto, più Forza Italia si rafforza sulla Lega quando le due corrono separate. E viceversa, ovviamente. Le correlazioni fra mercato immobiliare e risultati delle amministrative sono evidenti a Milano, Torino e Roma; sono visibili a Bologna, benché attenuate; saltano completamente a Napoli, dove il prezzo di un metro quadro ad uso abitativo non sembra allineato nei quartieri lungo il binomio sistema-antisistema.
Il «Corriere» ha tentato un test sugli esiti del voto di lista a Roma, Napoli, Torino e Bologna per i consigli municipali o di circoscrizione, il livello amministrativo sotto ai comuni; per Milano, sono stati presi i risultati di lista per municipio sul voto per il sindaco. Abbiamo incrociato questi dati con il valore di mercato di un metro quadro per abitazione civile di tipo «normale» sulle stesse aree, in base alle definizioni e stime dell’Agenzia delle Entrate(aggiornate al secondo semestre 2015).
Le due serie – case e voti – sembrano spesso l’una l’ombra dell’altra. Alla circoscrizione 1 di Torino, Centro-Crocetta, i prezzi delle case fra i 2200 e i 3000 euro a metro quadro alti fra i più cari della città; in quella zona il centrosinistra oggi al governo nel comune e nel Paese vale nelle urne più del doppio rispetto a M5S, suo principale sfidante sia in città che nel Paese (48,96% contro 20,20%, vedi grafico). Ma se ci si sposta appena sei chilometri a nord-est verso il quartiere di Madonna di Campagna, il panorama diventa irriconoscibile. È un tragitto di meno di un quarto d’ora, ma sembrano passati anni luce sia per la politica che per il mercato immobiliare. Il prezzo medio di un’abitazione «normale» lì è dimezzato a 1250-1800 euro a metro quadro. Allo stesso tempo il consenso per M5S sale del 50% e quello per il Pd scende del 10%: le due prime forze del Paese erano separate da 30 punti in centro, eppure qui lo sono appena di cinque. Ancora più impressionante come nei quartieri intermedi fra questi due estremi il Pd cali e M5S salga, rispetto al centro città, man mano che il prezzo delle case sale o scende. A Pozzo Strada-San Paolo gli immobili costano un terzo meno che in centro ma un quinto più che a Madonna di Campagna: e il Pd rispetto al centro perde il 12% dei voti, mentre M5S guadagna il 35%. Soprattutto, si consuma un duello interno al centro-destra che a Torino si presentava separato: Forza Italia è sopra alla Lega solo dove le case costano di più.
Milano e Roma non vanno diversamente. Nel municipio 1 di Milano, il cuore della città attorno a Brera e al Duomo, le abitazioni «normali» costano fra 7.400 e 8.800 euro al metro quadro e infatti M5S non arriva al 5% (mentre il centrosinistra batte il centrodestra). Al contrario nel municipio 2, un’ampia zona fra la stazione centrale e Crescenzago, il prezzo degli immobili è meno della metà rispetto al centro e non stupisce che M5S più che raddoppi i suoi voti. Il picco il movimento di Beppe Grillo lo raggiunge però nel municipio 9, una zona molto eterogenea: ci sono gli appartamenti di extra-lusso di Porta Nuova a 11.700 euro al metro, ma la massa critica è data da Niguarda-Bignami-Parco Nord a duemila euro al metro. Lì 5 Stelle non a caso supera il 12%.
A Roma, stesse tendenze. Il valore delle case è il piatto di una bilancia che all’estremità opposta ha il consenso per il partito di maggioranza nel Paese: i due piatti non stanno mai entrambi insieme in alto, né in basso. Nel municipio 1, centro storico, i prezzi delle case possono superare i 7000 euro al metro e il Pd quasi doppia i 5 Stelle al 39% (qualcosa di simile si ripete ai Parioli). Ma a Pigneto-Centocelle, dove le case costano la metà, M5S stacca il Pd di cinque punti; il movimento di Grillo è invece appena di un soffio sopra a Garbatella-Ostiense, dove il costo dell’abitazione è molto sotto al centro eppure un po’ sopra le periferie più lontane. A Bologna il Pd sembra più vicino alle sue radici popolari e sale (con M5S) dove il mercato immobiliare è più debole. L’eccezione solo Napoli, dove il prezzo delle case e la politica di quartiere sembrano variabili indipendenti. Ma quella è tutta un’altra storia.
7 giugno 2016