di Beatrice Bardelli
Il nostro presidente del Consiglio dei ministri, Matteo Renzi, che nessun italiano ha mai votato al
Parlamento, sta diventando sempre più aggressivo, arrogante ed offensivo. Verso i parlamentari delle opposizioni e verso i cittadini che sostengono il No al referendum. Che lui vede e tratta come “nemici” da sconfiggere e non come “avversari politici”. Per la prima volta nella storia repubblicana abbiamo un presidente del Consiglio che personalizza la politica, divide gli italiani e spacca l’Italia in due. Un atteggiamento diabolico nel senso etimologico del termine.
E’ stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Mi sono indignata e ho detto “basta! Dopo avere ascoltato le pesanti offese che Renzi, nel suo ruolo di presidente del Consiglio, ha rivolto a Brunetta, nel suo ruolo di parlamentare dell’opposizione (capogruppo alla Camera per Forza Italia), mi è scattata la molla di scrivere. La cosa che so fare meglio. Perché la gente rifletta sui reali pericoli che la nostra democrazia sta correndo.
Non passa giorno che Renzi non lanci battute salaci ma anche pesanti offese contro chi non la pensa come lui. Mai un presidente del Consiglio ha avuto un tale comportamento spudoratamente anti-istituzionale. Neppure Berlusconi che di sbagli e di gaffe ne ha fatte. Ma Presidenti del Consiglio come De Gasperi, Andreotti, Moro, D’Alema, Prodi, al di là delle critiche che possiamo fare sui loro “governi”, non hanno mai personalizzato la diatriba politica fino al punto di dividere la popolazione in due fazioni contrapposte. Con Matteo Renzi, per la prima volta nella storia della nostra Repubblica, si sta frantumando l’unità politica dello Stato ovvero quel senso di appartenenza alla stessa “casa comune” che contempla al suo interno tutte le differenze “partitiche” che la democrazia costituzionale ha previsto. I presidenti del Consiglio hanno sempre rappresentato pubblicamente, ma anche in Parlamento, l’autorità del proprio ruolo istituzionale che veniva sempre prima dell’appartenenza al proprio partito. Ripeto, pubblicamente, davanti agli occhi di tutti, anche se poi ognuno di loro poteva sostenere gli interessi di parte del proprio schieramento politico. Con Renzi siamo lontani anni luce (un altro pianeta!) dal comportamento scrupolosamente rispettoso verso i membri dell’Assemblea Costituente del presidente del Consiglio, Alcide De Gasperi, che abbandonava il banco del Governo, riservato al Comitato direttivo della Commissione dei 75, per evitare che la sua presenza istituzionale potesse influenzare qualcuno. Eliminando, in questo modo, ogni possibile interferenza governativa nella elaborazione della nuova Costituzione e rendendo possibile “quella approvazione quasi unanime del 27 dicembre (1947, n.d.r.) che fa della Costituzione un elemento cardine della convivenza civile nel nostro paese» come ha scritto Pietro Scoppola. Nonostante il suo sviscerato anticomunismo d’influenza americana ed il clima da guerra civile successivo alle elezioni del 18 aprile 1948, quando vinse la DC e fu nominato primo Presidente del Consiglio della storia della Repubblica, Alcide De Gasperi è ricordato dalla Storia come “statista” nel significato etimologico di “persona che ha una profonda esperienza, teorica e pratica, dell’arte di governare uno stato”, parola che spesso viene abbinata all’aggettivo “insigne”. Potrà mai un Matteo Renzi passare alla Storia del nostro paese come “statista” e per di più “insigne”?
Il nostro presidente del Consiglio è intervenuto a gamba tesa, usando prepotentemente tutto il peso politico del suo doppio ruolo di presidente del Consiglio e segretario del PD per eliminare tutti i parlamentari che gli ostacolavano la strada per conquistare il “suo” traguardo. Ovvero la “sua” mission. Arrivare alla approvazione sia della riforma, meglio nota come deforma, costituzionale che dell’Italicum, la nuova legge elettorale peggiore perfino della Legge Acerbo voluta da Mussolini. E che Renzi ha voluto far approvare ricorrendo al voto di fiducia proprio come Mussolini.
Mala tempora currunt!
Direbbero i latini. Nella tanto dispregiata Prima Repubblica, i presidenti del Consiglio rispettavano nella prassi istituzionale il proprio ruolo di autorità di governo prima ancora del dovere di obbedienza al proprio partito. Caso eclatante è stato il IV governo di Giulio Andreotti durante il quale, nel maggio 1978, fu approvata una legge, la Legge sull’aborto (n. 194), che il politico-cittadino Andreotti, cattolicissimo, non avrebbe mai voluto far approvare né tantomeno firmare. “La giornata più nera della mia vita è stata quella in cui ho firmato la legge sull’aborto” confesserà anni dopo. Ma non intervenne con un diktat personale sulla scelta di voto dei parlamentari, neppure di quelli iscritti al suo stesso partito, la Democrazia Cristiana.
Pares o paria?
Oggi, invece, il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, sta portando l’Italia sull’orlo di uno scontro civile così acceso, aggressivo, violento e preoccupante, di cui non si ha memoria nella storia della Repubblica italiana. Neppure lontanamente paragonabile alle feroci posizioni assunte dai sostenitori del sì e del no alla libera scelta di interruzione di gravidanza ed al divorzio. Perché allora lo scontro avveniva sul piano politico-culturale-partitico, in modo orizzontale, tra partiti che sostenevano anche con estrema forza visioni opposte. Allora i cittadini italiani si sentivano rappresentati da questo o quel partito di cui condividevano la posizione. Pares inter pares. Oggi no. Oggi, non c’è parità garantita tra i cittadini. Perché chi non appartiene alla sfera verticistica di Matteo Renzi che rappresenta da una parte il PD, di cui è segretario politico, dall’altra, l’autorità istituzionale di presidente del Consiglio, non si sente “pares” ma “paria”. Nel senso di “fuori casta”, proprio il contrario di quello che va sbandierando Renzi ai quattro venti, ovvero che “Chi vota No al referendum difende la casta”. Che saremmo “noi”, i cittadini che difendono la propria “sovranità popolare” che questa riforma vuol cancellare. Per questo, noi che sosteniamo il NO ci sentiamo abbandonati dall’istituzione, non ci sentiamo difesi nei nostri diritti costituzionalmente garantiti perché siamo quotidianamente aggrediti da calunnie, offese e bugie pronunciate da chi dovrebbe essere anche il “nostro” presidente del consiglio (scritto con la minuscola!). Un presidente minuscolo che sta dimostrando la sua assoluta inadeguatezza a governare un paese e la sua assoluta incapacità di restare equidistante da quello che ha trasformato in un vero e proprio “campo di battaglia” personale. Mai un Presidente del Consiglio ha imposto ai sindaci italiani iscritti al “suo” partito di schierarsi pubblicamente a sostegno della propria posizione personale. Ovvero a sostegno del SI’ al referendum costituzionale. Una vergogna. Sia la richiesta di Renzi sia la risposta di chi, pur essendo istituzionalmente il rappresentante di tutti i cittadini, si è schierato dalla parte del signorotto del paese. Per questo, l’altro giorno, a Pisa, il presidente nazionale dell’Anpi, Carlo Smuraglia, ha detto pubblicamente che, se i “sindaci del SI’” si presenteranno a Roma, alla loro prima assemblea nazionale, con la fascia tricolore, verranno denunciati.
Effetto domino.
La scesa in campo dei “sindaci del SI’” ha scatenato la reazione dei “governatori del NO”, i presidenti delle Regioni Lombardia, Veneto e Liguria. Ha scatenato le reazioni inconsulte delle Feste dell’Unità dove è stato impedito l’accesso ai Comitati del NO ed ha negato la parola persino all’ANPI, primo sostenitore del NO, a quella di Bologna. La propaganda per il Sì è diventata la propaganda personale di Renzi la cui presenza sui media sta diventando insopportabile. Insopportabile è anche la presa di posizione a sostegno del Sì di alcuni Rettori di Università italiane. In questi luoghi “alti” della cultura e della ricerca dove la diversità ha sempre rappresentato una grande ricchezza si sta procedendo ad impedire agli studenti sostenitori del NO di dibattere. Si vuole imporre, si dice, la “par condicio”. Una beffa tripla perché chi sostiene il NO al referendum non può contare su uno schieramento di truppe cammellate al servizio del signorotto del paese né tantomeno sull’appoggio dei media, tv e quotidiani, a parte qualche lodevole eccezione. Dove sta la “par condicio”? Personalmente sono molto preoccupata della piega autoritaria ed aggressiva che sta prendendo la fazione del Sì guidata da Renzi, che ne è il fondatore ed il portavoce nazionale, che ha a sua disposizione tutti gli strumenti che gli derivano dal suo doppio ruolo, politico e istituzionale. Una battaglia durissima, uno scontro voluto categoricamente da Renzi tra Davide (noi) e Golia (lui). Perché Renzi vuole lo scontro a tutti i costi. Per questo Renzi è diabolico. E’ il diavolo dell’attuale situazione politica italiana. Rigorosamente, nel senso etimologico del termine.
Diavolo. Riporto liberamente dal sito http://www.etimoitaliano.it/2005/10/limportanza-delletimologia.html.. Il termine diavolo deriva dal verbo greco dia-bàllein dove “dia” significa “attraverso” e “bàllein” significa “mettere”. Il significato del verbo composto, quindi, significa “separare”, “porre barriera/frattura”, “calunniare”. Il diavolo, quindi, è colui che crea, attraverso la menzogna, separazione, frattura e inimicizia tra uomo e Dio, tra uomo e uomo. E’ colui che crea, attraverso l’inganno una frattura nell’anima del singolo individuo. L’esatto contrario di dia-bàllein è il verbo syn-ballein che significa “unire, armonizzare, mettere insieme”. Da syn-ballein deriva il termine “simbolo” che nel linguaggio comune è inteso come un’immagine che ci riconduce e ci unisce ad una realtà più grande”. Se ci si vuol divertire a sostituire l’espressione “colui che” con quella di “Matteo Renzi” si rimane fulminati dalla chiarezza della frase. Ovvero: “Matteo Renzi crea, attraverso la menzogna, separazione, frattura, inimicizia tra uomo e uomo”. Una verità fulminante. Conosciamo bene le bugie che Renzi ha sciorinato e continua a sciorinare ad arte, con il supporto di consulenti d’oltreoceano e di uno staff pubblicitario di altissima qualità professionale capace di “piazzare” il peggiore prodotto sul mercato trasformandolo in “perle”. A danno dei cittadini, che Renzi tratta come consumatori acritici delle sue sempre più numerose bugie. Ma l’antidoto c’è. Basta leggere il testo della Costituzione riformato e paragonarlo con il testo originale (v. allegato in fondo all’articolo).
“Davide” vincerà. E’ scritto nella storia.
Parafrasando le parole attribuite al giovane Davide nel racconto biblico di “Davide e Golia” potremmo dire: ” Tu vieni a me con le tue bugie che imponi con le armi che ti permette il tuo ruolo di potente, ma io vengo a te nel nome delle Madri e dei Padri costituenti e di tutte quelle partigiane e partigiani che sono morti per garantirci un mondo di libertà e di uguaglianza. In questo giorno, 4 dicembre, loro ti daranno in mano mia (la scheda elettorale) e io ti abbatterò votando NO”.
REFERENDUM-COSTITUZIONALE-La-Costituzione_-testi-a-fronte_2016
16ottobre 2016