Paolo D’Aprile
Cari amici, qualche giorno fa per descrivere quello che accade in Brasile usavo a chiare lettere la parola Genocidio. La mia intenzione era proprio quella di definire come tale la morte di migliaia e migliaia di persone, sia per incuria, che per azione e/o omissione deliberata del governo Bolsonaro. Genocidio. Lo ripeto. Pochi giorni dopo anche Gilmar Mendes, membro della Corte Suprema, usava la stessa definizione: genocidio. Consigliava l’Esercito, inteso come istituzione dello Stato, a dissociarsi da ogni complicità di esecuzione. Contro di lui, gli strali dello stato maggiore e dei ministri militari. In questi giorni, in una lunga e accorata lettera aperta, anche Frei Betto usa la stessa parola, e non solo: chiede espressamente a tutti di divulgare la notizia, affinché il mondo lo sappia e il mondo ci aiuti a fermare il genocidio che colpisce a tradimento il nostro “querido e maravilhoso Brasil”.
LETTERA AGLI AMICI E ALLE AMICHE ALL’ESTERO
In Brasile è in atto un genocidio! Nel momento in cui scrivo, 16/07, il Covid-19, apparso qui nel febbraio scorso, ha già ucciso 76 mila persone. I contagi sono quasi due milioni. Domenica prossima, 19/07 arriveremo a 80 mila vittime fatali. E probabile che ora mentre leggi questo appello drammatico, siano già 100 mila.
Quando ricordo che nei vent’anni di guerra del Vietnam, sono state sacrificate 58 mila vite di soldati americani, si fa chiara la gravità di quello che avviene nel mio paese. Questo orrore causa indignazione e turbamento. E tutti sappiamo che le misure di precauzione e restrizione adottate in tanti altri paesi, avrebbero potuto evitare una mortalità così grande.
Questo genocidio non risulta dall’indifferenza del governo Bolsonaro. È intenzionale. Bolsonaro si compiace della morte altrui. Nel 1999, in qualità di deputato federale, durante un’intervista televisiva dichiarò: “attraverso le elezioni, in questo paese, non si cambierà mai niente, niente, assolutamente niente! Potrà cambiare qualcosa soltanto, purtroppo, se un giorno cominceremo una guerra civile, per completare il lavoro che il regime militare non ha fatto: uccidere per lo meno 30 mila persone”.
Durante la votazione per impeachment della presidente Dilma Rousseff, dedicò il suo voto alle memoria del più noto torturatore dell’Esercito, il colonnello Brilhante Ustra.
È talmente attratto dalla morte, che una delle sue principali politiche di governo è la liberazione del commercio di armi e munizioni. Quando, davanti al palazzo presidenziale, gli venne chiesto come si sentisse in relazione alle vittime della pandemia, rispose: “In questi dati io non ci credo” (27/03, 92 morti); “Tutti noi un giorno dobbiamo morire” (29/03, 136 morti); “E allora? cosa vuoi che faccia?” (28/04, 5017 morti).
Perché questa politica necrofila? Fin dall’inizio dichiarava che l’importante non era salvare vite umane, ma l’economia. Da ciò deriva il suo rifiuto di decretare il lockdown, osservare le indicazioni della OMS e importare respiratori e dispositivi di protezione individuale. É stato necessario che la Corte Suprema delegasse questa responsabilità ai governatori di ogni singolo stato e ai sindaci di ogni città.
Bolsonaro non ha rispettato neppure l’autorità dei suoi stessi ministri della salute. Dal febbraio scorso il Brasile di ministri ne ha avuti due, entrambi licenziati per rifiutarsi di adottare lo stesso atteggiamento del presidente. Ora a dirigere il ministero è il generale Pazuello, totalmente ignorante in questioni sanitarie; ha cercato di occultare i dati sulla evoluzione dei numeri delle vittime del coronavirus; si è circondato di 38 militari primi di ogni qualifica, assegnando loro importanti funzioni ministeriali; ha eliminato le conferenza stampa giornaliera attraverso la quala la popolazione avrebbe potuto ricevere importanti informazioni e consigli.
Sarebbe troppo lungo elencare in questa sede quante misure di elargizione di fondi per l’aiuto alle vittime e alle famiglie di bassa rendita (più di 100 mila brasiliani) sono state negate.
Le ragioni delle intenzioni criminali del governo Bolsonaro sono evidenti. Lasciare morire gli anziani per risparmiare sui fondi della Previdenza Sociale. Lasciare morire i portatori di malattie pregresse, per risparmiare i fondi del SUS, il sistema nazionale di salute. Lasciare morire i poveri, per risparmiare i fondi del “Bolsa Família” e degli altri programmi sociali destinati a 52,5 milioni di brasiliani che vivono sotto la soglia della povertà, e ai 13,5 milioni che si trovano in situazione di miseria estrema (sono dati del governo federale).
E ancora insoddisfatto di queste misure mortali, nel progetto di legge sanzionato il 3/07, il presidente ha vetato l’articolo che obbligava l’uso di mascherine negli stabilimenti commerciali, nei templi religiosi e nelle scuole. Ha vetato altresì l’imposizione di sanzioni e multe a chi non rispetti le regole; ha vietato l’obbligo del governo di distribuire mascherine alla popolazione più povera e vulnerabile, principale vittima del Covid-19, e ai carcerati (750 mila). Questo tipo di veto non annulla però le leggi locali che prevedono l’obbligatorietà dell’uso della mascherina.
Il giorno 8/07, Bolsonaro ha abrogato alcuni articoli di legge, già approvati al Senato, che obbligavano il governo a fornire acqua potabile, materiale di igiene e pulizia, installazione di internet e la distribuzione di ceste alimentari, sementi e utensili per la coltivazione della terra ai villaggi indigeni. Il veto presidenziale si è esteso anche ai fondi di emergenza destinati alla salute di quelle popolazioni, e parimenti alla facilitazione dell’accesso all’ausilio di emergenza di 600 reais (circa 100 euro) per tre mesi.
Ha vietato inoltre l’obbligo del governo di garantire assistenza ospedaliera, l’uso dei macchinari di respirazione e di ossigenazione sanguigna ai popoli indigeni e agli abitanti delle comunità afro-brasiliane “Quilombos”.
Gli indigeni e gli abitanti dei “Quilombos” sono stati decimati dalla crescente devastazione socio-ambientale, soprattutto in Amazzonia.
Per favore, divulgate al massimo questo crimine contro l’umanità. È necessario che le denunce di quello che accade in Brasile arrivino ai mass-media dei vostri paesi, ai social, al Consiglio dei Diritti Umani dell’Onu, al Tribunale Internazionale di Haia, così come alle banche e alle imprese che raggruppano gli investitori, tanto desiderati dal governo Bolsonaro.
Molto prima che The Economist lo facesse, nelle mie reti digitali chiamo il presidente con il soprannome di BolsoNero ( In portoghese “Nero” è il nome dell’imperatore Nerone, ndt ) che mentre Roma brucia suona la lira e fa pubblicità alla Clorochina, una medicina senza alcuna prova scientifica di efficacia contro il nuovo coronavirus.(1) Ma i suoi fabbricanti sono alleati politici del presidente…
Ringrazio il vostro solidale interesse nel divulgare questa lettera. Solamente la pressione proveniente dall’estero sarà capace di fermare il genocidio che martirizza il nostro “querido e maravilhoso” Brasil.
Fraternalmente
Frei Betto
(Frei Betto è frate domenicano e scrittore, consigliere della FAO e di movimenti sociali)
(1) Sul tema della realtà scientifica dei protocolli con idrossiclorichina ed altri farmaci in comparazione con le affermazioni generiche di Bolsonaro sulla Clorichina si veda l’articolo https://www.pressenza.com/it/2020/07/bolsonaro-e-loms-uniti-nella-stessa-lotta/ N.d.R.
18.07.2020