L’arte della guerra
Manlio Dinucci
Mentre l’attenzione politico-mediatica si concentra su Bruxelles, dove si sta decidendo il futuro della Grecia, si continua a ignorare che a Washington si sta decidendo il futuro dell’Europa. Tramite la Nato sotto comando Usa, di cui fanno parte oltre i tre quarti dei paesi Ue. Lo confermano gli ultimi fatti, passati praticamente sotto silenzio.
A Poggio Renatico (piccolo comune del ferrarese con circa 10mila abitanti), è appena divenuto operativo il primo centro del nuovo Sistema di comando e controllo aereo Nato. Oltre all’impianto fisso, dispone di «capacità dispiegabili, che il Comandante supremo alleato in Europa (Saceur) può usare per condurre complesse operazioni aeree ovunque nell’area Nato o fuori area». Una volta completato, il Sistema di comando disporrà in Europa di oltre 20 centri, attraverso cui il Saceur – sempre un generale Usa nominato dal Presidente – potrà lanciare operazioni di guerra aerea in un’area di oltre 10 milioni di km quadrati, dall’Europa orientale all’Asia e all’Africa.
Poiché non bastano più gli oltre 1000 miliardi di dollari annui che i paesi dell’Alleanza destinano alla spesa militare, gli Stati uniti (il cui solo bilancio del Pentagono ammonta al 4,5% del pil) premono sugli alleati europei perché portino la loro spesa militare al 2% o più del pil, obiettivo raggiunto solo da Gran Bretagna, Grecia ed Estonia. Ora però la buona notizia: la Romania si è ufficialmente impegnata a portare la spesa militare a tale livello entro il 2017, dando agli alleati l’esempio di come «aumentare l’investimento nella difesa».
In quale direzione gli Usa spingano l’Europa è detto chiaramente nel documento «The National Military Strategy of the United States of America 2015», pubblicato in giugno dal Pentagono. Gli Stati uniti, che sono «il paese più forte del mondo», hanno concentrato nell’ultimo decennio «le loro campagne militari contro le reti estremiste violente» (Al Qaeda, Isis e altre). Cambia però ora la loro strategia: «Oggi, e nel futuro prevedibile, dobbiamo rivolgere maggiore attenzione alle sfide poste da attori statali, che hanno la crescente capacità di ostacolare la nostra libertà di movimento nelle diverse regioni e minacciano la nostra patria».
Il più pericoloso «attore statale» è la Russia che, «usando la forza per conseguire i propri scopi, mina con le sue azioni militari la sicurezza regionale». Ancora più esplicito il generale Martin Dempsey, candidato alla massima carica militare Usa, secondo il quale «la Russia, potenza nucleare, pone la più grande minaccia alla sicurezza nazionale degli Stati uniti». Pericoloso «attore statale», secondo il documento strategico, è anche «la Cina, le cui azioni stanno accrescendo la tensione nella regione Asia/Pacifico».
Pur essendo valutata ancora bassa, «la probabilità che gli Usa siano coinvolti in una guerra interstatale con una maggiore potenza sta crescendo». Siamo dunque a una nuova guerra fredda, per certi versi più pericolosa della precedente, che si sta allargando alla regione Asia/Pacifico.
E l’Europa viene di nuovo trasformata dagli Stati uniti tramite la Nato in prima linea del confronto Ovest-Est, con la collaborazione delle oligarchie politiche ed economiche europee che, pur in concorrenza l’una con l’altra, si compattano quando si tratta di difendere l’«ordine economico mondiale» dominato dall’Occidente. Quello che oggi grandi «attori statali» mettono in discussione con le loro iniziative, come la Banca per lo sviluppo creata dai Brics (Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica) al summit di Ufa (Russia), che – scrive Euronews – «sarà una delle più grandi banche del mondo».
14 luglio 2015