di Rinaldo Battaglia *
Se qualcuno oggi volesse capire quanto sarebbero state criminali le squadre che dopo l’8 settembre 1943 ripresero a combattere per Mussolini dovrebbe studiare il curriculum del battaglione 1° Camicie Nere M – IX Settembre, inquadrato nella divisione germanica Brandenburg. Dove M ovviamente sta per Mussolini.
Possiamo partire – per restare ‘solo’ sulle operazioni ‘maggiori – dal 22 marzo 1944 quando avvenne da parte loro, un rastrellamento nelle Marche, precisamente nella zona di Montalto di Cessapalombo (provincia di Macerata).
Dai primi di marzo un folto gruppo di ragazzi, quasi tutti originari di Tolentino, si erano fermato in zona perchè questi giovani non volevano rispondere al bando di chiamata alle armi della Repubblica Sociale Italiana (‘bando Graziani’ del 18 febbraio ’44) e intendevano costituire una nuova formazione partigiana anche se, in quel momento erano completamente privi di armi. Ma trovarono presto supporto e aiuto negli abitanti locali, stancati dal fascismo del Duce.
All’alba di quel 22 marzo poco meno di cento soldati, buona parte fascisti e per il resto tedeschi, guidati dal comandante Giulio Grassano e dal tenente Fischer (che sarà responsabile di altre stragi: il 16 settembre 1944 a Bergiola Foscalina e di Bardine di S. Terenzio – Fraz. di Fivizzano, il 19 agosto 1944), si mossero, portando con loro erano anche i 6 partigiani (catturati a Caldarola 3 giorni prima) che erano stati condannati a morte, e don Antonio Salvatori, casualmente incontrato lungo la strada e insultato, in quanto prete.
Nicola Peramezza, Mario Ramundo, Guidobaldo Orizi e Lauro Cappellacci, Aldo Buscalferri vennero subito uccisi durante il rastrellamento, mentre un altro Luigi Pisani e il comandante Achille Barlilatti vennero arrestati, duramente interrogati e torturati. Verranno uccisi il giorno dopo.
Tutti i giovani catturati, quattro alla volta, furono fucilati sulla mulattiera che portava a Montalto finché venne sospesa perché la strada era ingombra di cadaveri e persino impossibile il passaggio dei camion. Saranno 32 le vittime, complessivamente.
Si salvò invece Nello Salvatori soltanto ferito dal plotone delle camicie nere, che si finse morto e attese per tre lunghe ore che i fascisti si ritirassero e ricorderà, anni dopo, così quell’eccidio:
« …Quattro a quattro vengono barbaramente stroncate fiorenti giovinezze. Qualcuno non morto si lamenta pietosamente. I militi, impietriti, lo finiscono a colpi di pistola. È la volta del quarto turno, il mio. Percorro pochi metri, che mi separano dal luogo della fucilazione con l’anima nella più grande agitazione. Non faccio neppure in tempo ad arrivare che una scarica di “automatico” parte. Non so neppure io come cado a terra, colpito da alcune pallottole non mortali al fianco, al braccio, alla gamba destra. Inizia, così, per me una protezione divina. Non mi preoccupo delle ferite quantunque non poco sanguinanti. Tutta l’attenzione è di non lamentarmi e di non muovermi per evitare il colpo di grazia. Il freddo è intenso.
Il sangue che esce dalle ferite mi comincia a spaventare. Altri quattro compagni cadono e mi coprono. Anche il sangue di essi scorre copioso, mi macchia il volto, la testa, la schiena, tutto. Brevi istanti passano, poi sento togliermi i cadaveri di sopra. Si saranno forse accorti di me che sono ancora vivo? Mi daranno il colpo di grazia? Riconcentro tutto me stesso a comparire morto. Mi prendono fortunatamente quei compagni che attendono per essere fucilati. Mi trascinano per qualche spazio, poi sento mancarmi il terreno e scivolo velocemente per una scarpata.
Altri fucilati mi cadono bruscamente sopra e sento di qualcuno l’ultimo respiro. Il pericolo di ricevere il colpo di grazia è passato. Mi resta da vedere se gli assassini se ne sono andati. Attendo immobile sulla neve circa tre ore. Sento venir gente. Mi accorgo che non sono fascisti. Raccogliendo, allora, tutte le mie forze lentamente mi alzo, emozionato nel vedere un mucchio di compagni inerti. La gente spaventata indietreggia, piange, si lamenta. Penso subito che nel mucchio ci deve essere qualcuno salvo come me. Mi metto a chiamarli ad uno ad uno:(…) Tutti morti!»
Le salme dei caduti vennero subito trasferite nella cappella del cimitero di Montalto per poi essere lì tumulate. Solo dopo la Liberazione, furono riportate nel Famedio al cimitero di Tolentino.
Antonio Scurati, il grande storico studioso di Mussolini, più volte ha scritto che ‘una delle menomazioni spirituali dell’umanità del nostro tempo è l’aver smarrito il senso della Storia’. Come dargli torto: ma la colpa è ‘nostra’ che non conosciamo la ‘nostra’ Storia.
Altrimenti come ci potrebbero essere giornalisti, politici, mezzi busti sempre in tv che ‘osannano’ il fascismo? O che non si dichiarano ‘antifascisti’? La Storia insegna, siamo noi – soprattutto, noi italiani – che non impariamo.
22 marzo 2024 – 80 anni dopo
* Coordinatore della Commissione Storia e Memoria dell’Osservatorio