(foto)
Giovanni Caruso, Matteo Iannitti, Riccardo Orioles
Qui è nato il coraggio della gioventù catanese. Qui strisciano i padrini mafiosi. E sindaci, prefetti, uomini dello stato non osano difendere Graziella contro i nazisti di prima e i mafiosi di ora
San Cristoforo a Catania è diviso in decine di rioni, ognuno con la sua storia, la sua identità e il suo capomafia. A San Cosimo comanda da sempre Maurizio Zuccaro, cognato di Enzo Santapaola. Un groviglio di viuzze e cortili attorno alla chiesa del Santo e a una bella piazza a scacchi bianchi e neri. Ai palazzi decrepiti e agli umilissimi bassi si alternano terrazze di lusso e appartamenti da favola. La manovalanza della mafia rinchiusa agli arresti domiciliari, il ricco professore a cui piace l’idea chic di abitare in quartiere, il boss con le stanze di lusso e le telecamere alla porta per sorvegliare la polizia.
In questa piazza dedicata a Niccolò Machiavelli ogni giorno uno sciame di ragazzini rincorre un pallone. Pochi frequentano la scuola. San Cosimo è il fortino del clan Santapaola. Ogni tanto una retata fa decine di arresti. Traffico di droga, estorsioni, usura, intestazione fittizia di beni, riciclaggio e ovviamente associazione a delinquere. Carne da macello spesso giovanissima. Lo Stato qui ha dimenticato lavoro, scuole, servizi sociali. Così il potere a San Cosimo comanda la mafia, libertà e uguaglianza sono parole vuote.
Graziella Giuffrida, partigiana, è nata all’angolo tra piazza Machiavelli e via Bellia. A diciott’anni si è trasferita a Genova con suo fratello per fare la maestra. Quando arrivarono i tedeschi si arruolò nelle Squadre di Azione Partigiana. L’arrestarono su un tram: Importunata dai tedeschi, ribellata, perquisita: aveva una pistola. L’ammazzarono il 24 marzo e trovarono il corpo in una fossa, con quello di altri quattro ragazzi, tre giorni dopo la liberazione, il 28 aprile del’ 45.
Ora una targa di marmo, sul muro di casa sua, la ricorda. Dall’altro lato della piazza, una fila di case confiscate ai mafiosi, abbandonate dopo la confisca. Darle alle associazioni? Le istituzioni hanno paura. Qui regna Santapaola Tra il coraggio della maestra e la vigliaccheria della mafia – e delle autorità – ci sono appena venticinque passi.
* * *
Certo, vi pare strano parlare così tanti anni dopo. Dove sono i nazisti? Basta qualche rapato di Forza nuova o Casa Pound a evocare la Wermacht? Non si sono più gli elmetti, le divise. Ma ci sono i vestiti eleganti, i carichi di eroina, le esecuzioni improvvise Hanno poco da invidiare a quelli che ammazzavano Graziella e le altre. Il nuovo nazismo di chiama mafia, e sono Ss e Gestapo come quelli. Quelli che la combattono si chiamano, una volta ancora, partigiani. Non hanno mitra ma lettere e parole, e immagini e inchieste, a partire dai beni confiscati. Hanno una legge che si chiama Legge La Torre, scritta da un partigiano morto in combattimento nella liberazione dei nostri quartieri.
* * *
Un anno fa raccontammo – un’altra inchiesta – la storia della mafia qui a san Cosimo. I beni confiscati, lasciati tranquilli lì a vicolo Testaì, in teoria confiscate dal Comune ma in pratica sempre dei Zuccaro-Santapaola. Lorenzo Saitta, “u schelutru”, nipote di Maurizio Zuccaro, abitava lì e dettava legge a tutti quanti. Lo presero nel porto di Cagliari, il 20 luglio 2009, mentre sbarcava dal traghetto di Barcellona. Adesso è al 41 bis, ma qui sta comandando ancora: il vicolo Testaì, il suo regno, sembra l’abbia fatto chiudere lui, con un cancello di ferro che dice a chi vorrebbe passare “Qua è Nosa Nostra, non è Catania”. E il Comune, come tutto lo Stato, acconsente.
Perciò qui la Resistenza consiste nel venire qui, con foto e inchieste a denunciare questa invasione. Sono i ragazzi dell’Arci, dei Siciliani giovani e altri ancora che, da buoni partigiani, si ribellano. “Signor prefetto, dottor questore, sindaco! Ci sentite? Oggi è Venticinque aprile! Anche a Catania, anche qui, soprattutto qui, a due passi da dove la ragazza Graziella affrontava i tedeschi, e a differenza vostra non aveva paura”.