Sono 74 le risoluzioni delle Nazioni Unite contro Israele, tutte rimaste lettera morta.
Mahmud Hamad*
Dalla sua nascita, nel 1948, Israele ha inequivocabilmente dimostrato che non vuole la pace respingendo o trovando il modo di rendere inutile qualsiasi tentativo di mediazione volto a trovare una soluzione alla difficile situazione in Palestina. Israele ha continuato ad espellere i palestinesi che si oppongono all’occupazione e a creare insediamenti ebraici illegali nei territori occupati. Il risultato di questi comportamenti è stato quello di riuscire a ottener e conservare ciò che ha sempre desiderato di più: Gerusalemme Est e la Cisgiordania.
Quella di porre fine alle espulsioni è solo l’ultima richiesta che la comunità internazionale ha fatto ad Israele, la cui sfida all’ONU e alle altre istituzioni internazionali risale alle sue origini. Sui libri delle Nazioni Unite possiamo trovare una raccolta di risoluzioni, che non ha eguali, che criticano Israele e che restano lettera morta.
L’ONU, erede della società delle Nazioni è nata, dopo la seconda guerra mondiale, ufficialmente per risolvere le controversie internazionali sul piano diplomatico evitando così violenze e spargimenti di sangue. Quest’organizzazione soprannazionale dovrebbe ricoprire il ruolo di arbitro e, in quanto tale, essere imparziale fra le parti contendenti, facendo rispettare le risoluzioni e altre decisioni che possano risolvere una situazione instabile esistenti fra due o più nazioni. In realtà, la storia ci ha dimostrato che così non è e che l’ONU funziona solo quando alcuni paesi, Stati Uniti in testa, hanno interessa a farla funzionare.
L’ONU ha spesso creato commissioni di vigilanza o d’inchiesta su vari fatti accaduti in Palestina quindi è sempre stata a conoscenza della situazione reale e, infatti, il Consiglio di sicurezza ha emesso 74 risoluzioni riguardanti la Palestina e/o Israele mentre altre 29 risoluzioni sono state bloccate dal veto degli USA perché erano sfavorevoli a Israele. Gli USA sono membri permanenti dell’ONU, insieme a Russia, Francia, Inghilterra e Cina e, oltre ad avere il diritto di veto, hanno anche richiesto e ottenuto delle modifiche attenuanti, motivo per cui molte risoluzioni emanate dal Consiglio di sicurezza e riguardanti Israele non sono imperative.
A questo va aggiunto che Israele si è quasi sempre opposto alla presenza di osservatori internazionali o dell’ONU e quando ciò non è stato possibile ne ha intralciato l’opera anche con la forza come avvenuto nel 1948 allorchè i sionisti uccisero il conte Bernadotte inviato speciale dell’ONU o nel 2002 quando rifiutò la commissione d’inchiesta su Jenin.
Le questioni fondamentali che riguardano la questione palestinese sono contenute nelle risoluzioni approvate prima del 1967, esse si riferiscono al problema dei rifugiati, allo status di Gerusalemme e alla definizione dei confini di Israele e vengono tutte dal 1948.
Le risoluzioni delle Nazioni Unite chiedono Israele di restituire le case o di dare un compenso in denaro ai 750.000 profughi del 1948-9 e di rinunciare Gerusalemme come sua capitale considerandola come un separatum corpus, una città internazionale né araba né israeliana. Infine, la spartizione originale della Palestina fatta dalle Nazioni Unite aveva assegnato ad Israele una porzione di territorio pari a circa tre quarti della sua estensione corrente; il territorio aggiuntivo è stato ottenuto a spese dei palestinesi nelle conquiste negli anni fra il 1945 e il 1948.
Oltre a queste principali problematiche le risoluzioni delle Nazioni Unite contro Israele nel corso degli anni hanno riguardato gli attacchi illegali ai suoi vicini; le violazioni dei diritti umani dei palestinesi tra cui deportazioni, demolizioni di case e altre punizioni collettive; la confisca di terre palestinesi; la creazione di insediamenti illegali; e il rifiuto di rispettare la Carta delle Nazioni Unite e la Quarta Convenzione di Ginevra del 1949 relativa alla protezione delle persone civili in tempo di guerra.
Israele, grazie alle protezione degli Stati Uniti e di alcune potenze europee, continua impunito in tutte le sue aperte violazioni del diritto internazionale portando avanti un sistema di apartheid di cui fanno parte anche esecuzioni sommarie e punizioni collettive e, oggi, può anche permettersi di organizzare, presso la sede dell’ONU, un summit degli ambasciatori contro la campagna di Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni per analizzare le strategie da mettere in campo per difendersi da tale campagna!
* Associazione amicizia italo palestinese
1 giugno 2016