Dati allarmanti da uno studio della Cgia di Mestre. Più della metà delle spese di una famiglia vanno a cibo, bollette e trasporti, con ricadute pesanti anche per il sistema economico
Redazione
Più della metà delle spese di famiglia se ne vanno in cibo, bollette e benzina: con l’inflazione del dopo il Covid che si mangia gli stipendi, non c’è più spazio per molto altro. Il dato impietoso arriva da uno studio della Cgia di Mestre.
Dunque le spese “obbligate” sostenute mensilmente nel 2023 dalle famiglie italiane – quelle che riguardano indicativamente l’acquisto di cibo, carburante e bollette – hanno raggiunto i 1.191 euro, pari al 56% della spesa totale che, invece, in valore assoluto si è attestata a 2.128 euro.
Un’incidenza in calo rispetto al dato del 2022 (57,1%), ma decisamente superiore alle quote che si registravano prima della pandemia del Covid.
A causa dell’aumento dell’inflazione e della conseguente erosione degli stipendi osservata in questi anni, molte famiglie, spiega la Cgia, sono state “costrette a concentrare gli acquisti in particolare per ‘vivere’, e per recarsi e tornare dai luoghi di lavoro o di studio”.
A pesare di più soprattutto alimentari e bevande. Scomponendo i 1.191 euro di spesa mensile obbligata, si osserva che 526 euro sono riconducibili all’acquisto di beni alimentari e bevande analcoliche, 374 per la manutenzione della casa, bollette e spese condominiali, e 291 per i trasporti, ovvero per il pieno dell’auto e per gli abbonamenti su bus/tram/metro/treni. A questi 1.191 euro vanno sommati 937 euro che, invece, sono ascrivibili alla cosiddetta spesa complementare, che fa salire la spesa complessiva media nazionale a 2.128 euro.
Scorporando i dati per aree geografiche, emergono forti differenze di spesa tra il Nord e il Sud del Paese. Se a Nordovest la spesa complessiva mensile nel 2023 è stata pari a 2.337 euro, nel Mezzogiorno ha toccato i 1.758 euro (una differenza del 24,7%) Per quanto riguarda le spese “obbligate”, invece, è il Mezzogiorno a registrare un’incidenza di queste ultime sulla spesa totale più elevata in Italia. Se nel Nordovest e nel Nordest la quota sul totale è del 55% circa, al Sud sfiora il 60% (59,4).
Un risultato che la Cgia spiega con il fatto che la spesa media per i beni alimentari del Mezzogiorno non ha eguali tra le altre ripartizioni geografiche. Se in termini monetari la spesa mensile media più importante nel 2023 per cibo, bollette e carburante è stata registrata dalle famiglie del Nord – in Trentino Alto Adige con 1.462 euro, in Lombardia con 1.334 euro e in Friuli Venezia Giulia con 1.312 euro – l’incidenza percentuale delle spese obbligate sul totale è stata più elevata nelle regioni meridionali – Calabria con il 63,4%, Campania con il 60,8% , Basilicata con il 60,2%).
Tutto ciò ha evidenti ricadute sul sistema economico. Come infatti evidenziano i ricercatori a essere preoccupati sono anche artigiani e piccoli commercianti, che vivono prevalentemente dei consumi delle famiglie, in particolare di quelle che risiedono nelle aree in cui sono ubicate fisicamente queste piccole realtà economiche. Se gli acquisti diminuiscono e la maggior parte di essi è destinata a coprire le spese “obbligate”, anche i fatturati delle piccole realtà artigianali e commerciali ne risentono negativamente.
La questione salariale, va ricordato, è una delle questioni che sta alla base dello sciopero generale del 29 novembre proclamato da Cgil e Uil.
23 novembre 2024