Invito alla pubblicazione. iskrae
Domenico Maceri
Poco dopo la recente incriminazione per frode e corruzione di Bob Menendez, senatore del New Jersey, 31 colleghi democratici alla Camera Alta hanno dichiarato che dovrebbe dimettersi. Donald Trump, ex presidente degli Stati Uniti, è stato incriminato quattro volte, due in tribunali statali e due in tribunali federali, ma nessuno dei repubblicani ha indicato che dovrebbe abbandonare la sua corsa per un secondo mandato presidenziale. Persino i suoi avversari alla nomination hanno sostenuto Trump, asserendo che se lui vincerà le primarie, lo voteranno alle presidenziali del 2024. L’unico candidato alla nomination a prendere le distanze da Trump è stato Chris Christie, ex governatore del New Jersey, il quale è stato fischiato dal pubblico per il suo “tradimento” a Trump.
I repubblicani si consideravano il partito della legge e l’ordine ma con Trump alla loro guida hanno dimenticato il rispetto per la legge o forse facevano finta di crederci. In effetti, quando l’ex presidente deve affrontare cause giudiziarie, fanno di tutto per sminuire i suoi guai legali, concentrandosi esclusivamente sugli aspetti politici. Una delle dichiarazioni che spesso viene menzionata è che gli elettori dovrebbero decidere non solo se l’ex presidente sia colpevole ma ovviamente anche se concedergli un secondo mandato alla carica più importante.
Trump è riuscito a inocularsi politicamente da cause giudiziarie, ricandidandosi per la nomination del partito e la sua speranza di un eventuale ritorno alla presidenza. Difatti, l’ex presidente sembra avere la nomination quasi in tasca. I sondaggi gli darebbero il 50 percento dei voti alle primarie anche se gli scrutini sono ancora distanti. I suoi avversari non sembrano intimidirlo affatto e per questo non si è presentato ai primi due dibattiti organizzati dalla Fox News. Queste due occasioni sarebbero state buone opportunità per attaccarlo ma l’unico a approfittarne è stato Christie. L’ex governatore del New Jersey fino adesso non avrebbe che pochissime chances e spera di avere successo nelle primarie del New Hampshire per non perdere tutte le speranze ma si trova al quarto posto nei sondaggi.
Trump non controlla solo le primarie alla nomination ma anche il partito in generale, specialmente con la sua capacità di usare il suo nome e di influenzare le liste dei candidati per la Camera e in leggera misura anche per il Senato. L’endorsement di Trump alle primarie vale oro poiché la stragrande maggioranza dei distretti parlamentari sono delineati in modo che il vincitore delle primarie uscirà anche vittorioso all’elezione generale.
Il potere di Trump si vede in grande misura con l’intimidazione che esercita con massima efficacia. I membri del suo partito che “sgarrano” vengono puniti non solo politicamente ma anche minacciati dai suoi sostenitori. Il senatore repubblicano Mitt Romney dello Utah, che ha votato per i due impeachment di Trump (2019, 2021) e dunque minacciato dai sostenitori dell’ex presidente, ha dovuto spendere 5 mila dollari al giorno per la protezione della sua famiglia. Molti altri alla Camera continuano a tacere temendo gli attacchi di Trump anche per il fatto che non si potrebbero permettere enormi spese per proteggere le loro famiglie, non avendo le risorse economiche di Romney.
Questo uso di linguaggio incendiario che spesso conduce alla violenza era già in evidenza nella campagna elettorale del 2016 e continuò anche durante la sua presidenza. Negli ultimi tempi, sentendosi assediato dalle incriminazioni, il volume è aumentato. Di questi giorni attacca quasi ogni giorno la procuratrice dello Stato di New York Letitia James che ha incriminato Trump e la sua azienda di frode. Proprio davanti al tribunale dove ha luogo il processo l’ex presidente l’ha attaccata, accusandola di razzismo, incoraggiando chi l’ascolta a “perseguitarla”. Trump ha persino attaccato direttamente il giudice del processo Arthur Ergoron e la sua stretta collaboratrice. L’attacco è stato troppo per il giudice che ha imposto a Trump un bavaglio di discutere nei social media e in persona i suoi collaboratori. Un post nel sito Truth Social di Trump è stato rimosso. Il giudice ha minacciato serie conseguenze ma non ha incluso la James e se stesso come meritevoli di protezione.
Trump sa benissimo che le sue parole hanno conseguenze. Gli assalti al Campidoglio il 6 gennaio 2021 sono l’esempio più evidente come ha confermato Cassidy Hutchinson, stretta collaboratrice di Mark Meadows, braccio destro dell’ex presidente alla Casa Bianca (2020-2021). In un’intervista alla Public Broadcasting System (Pbs) la Hutchinson ha dichiarato che Trump riconosce il peso del suo linguaggio che di questi giorni sta diventando sempre più apocalittico.
Né i tribunali né i leader del suo partito sono stati capaci di controllare il linguaggio incendiario che è divenuto tipico per Trump. Spesso le sue parole echeggiano estremismi che fanno pensare ai nazisti. In una delle più incendiarie dichiarazioni Trump ha detto che i migranti stanno “avvelenando il sangue del paese”, con ovvi richiami alle parole espresse da Adolf Hitler sugli ebrei. Trump ha persino dichiarato che il capo di Stato maggiore durante la sua amministrazione e quella di Joe Biden, il generale Mark Milley, recentemente pensionato, meriterebbe essere “giustiziato”. E non ha risparmiato nemmeno Biden con frasi assolutamente indecenti accusandolo di essere “un gran figlio di…….”.
L’attuale inquilino alla Casa Bianca, riconoscendo che il Partito Repubblicano nelle mani di Trump si sta muovendo verso l’autoritarismo, ha dichiarato recentemente che l’ala estremista rappresenta una minaccia alla democrazia. Ha ragione ed è per questo che lui si era candidato nel 2020 per proteggere la democrazia dalle correnti dittatoriali di Trump come ci dimostra anche la sua ammirazione per Vladimir Putin e Kim Jong Un. La situazione adesso è peggiorata a mano a mano che il sistema giudiziario sta cercando di imporre limiti a Trump. Lui risponde con numerosi avvocati ma soprattutto asserendo che le cause contro di lui iniziate dopo il 2021 sono tutte di natura politica, vedendosi come il portabandiera del suo partito. Dimentica che da presidente aveva immunità ma una volta uscito dalla Casa Bianca le sue azioni potenzialmente illegali sono rimaste senza difesa. Difficile per lui digerire la nuova situazione che potrebbe cambiare diametralmente in caso di una sua vittoria alle presidenziali del 2024. In tale eventualità Trump avrebbe molti più poteri che lui non esiterebbe a usare per punire i suoi “nemici” e allo stesso tempo mettere in serio pericolo la democrazia.
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Domenico Maceri, PhD, è professore emerito all’Allan Hancock College, Santa Maria, California. Alcuni dei suoi articoli hanno vinto premi della National Association of Hispanic Publications.