Nella foto di apertura i prefetti Francesco Paolo Tronca e, a destra, Franco Gabrielli.
L’Italia dei prefetti. L’Italia commissariata. L’Italia renzizzata. Ma fino a qualche anno fa si parlava di Italia “cosentinizzata”. E’ un Paese ancora democratico, il nostro? Oppure a responsabilità limitata, dove il voto popolare è ormai un inutile optional, viste anche le ascese al potere degli ultimi tre leader non eletti? “Un paese sudamericanizzato”, è un commento che circola tra non pochi addetti ai lavori: e per consacrare tutto questo non resta che l’ultimo passo, la repubblica presidenziale. Come sempre auspicato, ad esempio, da Silvio Berlusconi, e vaticinato da uno che aveva la vista molto lunga, il Venerabile Licio Gelli.
Per ora, godiamoci l’antipasto. A base di prefetti. Un vero diluvio sul cielo di Roma, in attesa del Santo Giubileo. Ad affiancare il prossimo Dream Team ideato per mettere le ali ai progetti del super Prefetto di Roma Franco Gabrielli – l’ex badante di Ignazio Marino, tornato a bisturi & viaggi nella sua amata Philadelphia – scenderà infatti in campo uno squadrone di sei subcommissari. Un vero e proprio Dream Team 2, tutto formato da prefetti doc. Ecco la formazione ai nastri di partenza: Pasqualino Castaldi, Giuseppe Castaldo, Livio Panini d’Alba, Iolanda Rolli, Ugo Taucer, Clara Vaccaro.
Per la prestigiosa squadra allenata da Gabrielli, invece, i nomi più gettonati sono quelli di Marco Rettighieri alla strategica Mobilità (ma non viene dalle fila della sempre chiacchieratissima Italferr, la gallina dalle uova d’oro delle nostre ferrovie fin dai tempi della prima TAV made in Chicchi Pacini Battaglia?), il vertice del Coni Giovanni Malagò per tener dietro alla candidatura di Roma in vista delle Olimpiadi 2024, Carlo Fuortes per valorizzare i beni culturali, Gloria Zavatta per ripulire Roma dalla monnezza (spesso – come a Napoli – criminale), Mauro Causi ex Marino band per occuparsi di conti & bilanci, Alfonso Sabella, il magistrato altro ex Marino band alla Legalità (come se non dovesse essere un prerequisito per tutto…). Mentre ha cominciato a circolare il nome di un altro pezzo da novanta, l’ex ministro degli Interni Annamaria Cancellieri, prefetto di carriera, “inciampata” (e allora scaricata da Renzi segretario pd, che ne chiedeva le dimissioni) nella Ligresti story.
Ecco un paio di commenti raccolti al Viminale. “E’ la solita logica dell’apparire di Renzi a dominare la scena. Tra commissariamento di Roma e Giubileo, con due squadre, si creerà una gigantesca confusione, con sovrapposizioni multiple di competenze. Si vuol seguire a tutti i costi il modello Expo, luccicante ma con tanti aspetti controversi”. “L’invasione di figure prefettizie non è salutare per la democrazia – viene ancora commentato – né prevista dalla legge. Il comune commissariato non può diventare una giunta bis, con assessori bis, addirittura duplicando un’altra squadra messa su dal prefetto per la stessa città e obiettivo il Giubileo. Si rischia un papocchio clamoroso, un ingorgo istituzionale ai confini della realtà”. Ma dentro i confini della città eterna. Dove è appena iniziato il processo per Mafia Capitale, la burocrazia capitolina resta compatta nei ranghi del Campidoglio e si affilano i coltelli per le elezioni di primavera. Che potrebbero segnare la nascita del tanto sognato Partito della Nazione, con il candidato maximo di Renzi e Berlusconi, ossia Alfio Marchini, nuovo “re de Roma”.
“Il derby dei due prefetti, caos sulle competenze tra Gabrielli e Tronca”, titola Repubblica del 4 novembre. Due figure forti a confronto, in gara per la “salute pubblica” del Cupolone.
Una carriera tutta Prefetture & Servizi, quella di Gabrielli, scandita dalle strategiche tappe alla direzione del Sisde prima, e della rinnovata Aisi poi. Quindi prefetto a L’Aquila, martoriata dal terremoto; poi vice commissario vicario per l’emergenza Abruzzo, per oltre un anno fianco a fianco con il numero uno della Protezione civile Franco Bertolaso, l’uomo di tutti i miracoli ma anche dei “massaggi” all’Olgiata con gli amici di merende (tra cui i mattonari che ridevano per le macerie aquilane). Poi prende il posto dello stesso Bertolaso, fresco pensionato, al vertice della Protezione civile, Gabrielli: una poltrona che mantiene per sei anni, dal 2009 al 2015 (con la chicca dell’operazione Costa Concordia) quando viene nominato da Renzi come commissario-salvatore della capitale.
TRONCA & TRONCHETTO
Tutto prefettura & fuoco il percorso professionale di Tronca. Dopo un lungo iter nei gabinetti prefettizi di Milano e dintorni, infatti, passa a dirigere il “Dipartimento dei Vigili del Fuoco del soccorso pubblico e della difesa civile”. Ma rischia di bruciarsi nel 2011 per una delle solite storie all’italiana: per accompagnare il figliolo e un suo amico ad un Roma-Inter di Coppa Italia (11 maggio 2011) mette a disposizione vettura e autista del corpo, che dovrebbero invece occuparsi di qualcos’altro. Scende in campo il sindacato dei vigili che, senza mezzi termini, denuncia il fatto e fa di più, puntando l’indice “su due attici che sarebbero stati assegnati a Tronca in via Piacenza, a due passi dal Quirinale. Alloggi di servizio – viene precisato – che non gli spetterebbero”. La questione viene ripresa anche dall’Unità, allora non di stretta osservanza renziana, diretta da Conchita De Gregorio. E trova spazio anche in un’interrogazione in Senato del pd Gasbarra, ovviamente rimasta senza risposta.
Bazzecole, pinzellacchere nei percorsi invece spesso accidentati – e costellati da non poche pietre, a volte macigni – dei prefetti di casa nostra. Prefetti e anche questori che in tutta Italia non hanno “mai visto” l’estendersi dei tumori mafiosi. Proprio a Milano il fenomeno ‘ndrangheta è stato regolarmente ignorato, fino alle inchiesta dal pm Ilda Boccassini, capaci di sollevare il coperchio su anni di connection malavitose: ma prima tutto ok, per i vertici istituzionali. Idem nel centro nord, con prefetti e questori pronti a mettere la mano sul fuoco: mafie da noi? Neanche a parlarne. Quando anche i bimbi ormai sanno che è a partire dai primi anni ’90 che la camorra, per fare un solo esempio, ha cominciato a mettere radici nella verde Umbria o nelle meravigliose terre di toscana (dalla lucchesia, con il quartier generale dei fratelli Sorrentino da Torre del Greco, a Montecatini, col gioiello del Kursaal palleggiato tra il clan Galasso da Poggiomarino, in Campania, e il Venerabile Licio Gelli). Ma secondo lorsignori, tutto in ordine, candido e immacolato, nessuna infiltrazione.
Fino all’era Cosentino. Con Nick ‘O Mericano, alias Nicola Cosentino, a tenere ben stretto il registro delle nomine prefettizie in tutta Italia, ai tempi del premierato Berlusconi, e a gestire il valzer delle nomine. Così rivelano alla prefettura di Napoli: “Per almeno un paio d’anni Cosentino ha diretto l’orchestra, e infatti è possibile ricostruire una articolata mappa di prefetti scelti per tutta Italia, e localizzati soprattutto in alcune regioni, come Calabria e Liguria. E così è stata ‘normalizzata’ la situazione di tanti comuni sciolti per mafia, dove sono arrivati commissari ancora peggiori dei precedenti amministratori”.
E proprio al vertice della prefettura di Napoli approda una star come Alessandro Pansa, negli anni bollenti dei rifiuti: freschissima l’assoluzione proprio per quello scandalo, insieme all’ex presidente della Regione e commissario straordinario per l’emergenza rifiuti Antonio Bassolino, oggi in pole position per la ri-candidatura a sindaco di Napoli tra i progressisti (sic). Solo lambito da qualche polemica, l’inossidabile numero uno della Polizia Pansa, per via di un cugino (Roberto Pansa) dalle amicizie border line, socio d’affari con commercialisti e commercianti dell’area stabiese col pallino degli ipermercati. Nubi in Prefettura, poi, con una certificazione antimafia che non arriva mai: quella targata Ntv che vuol tenere a battesimo il suo Italo, il super treno made in Della Valle-Montezemolo-Punzo. Ma è proprio da casa Punzo (oggi alle prese con non poche grane con la sua creatura Cis e la gemmazione Interporto) che per mesi ha tardato ad arrivare il disco verde: strano, per un treno superveloce che fa concorrenza alle Ferrovie…
E oggi, in piazza del Plebiscito, a Napoli, va avanti l’era Pantalone: con un prefetto Gerarda che sulla tragica emergenza camorra osserva: “sì, qualche problemino lo abbiamo, a Napoli, c’è un po’ di delinquenza”. Poi spiega: “tutto è perchè oggi alla camorra manca un leader carismatico”. Una perfetta analisi prefettizia: un assist per il futuro numero uno Genny ‘a carogna?.
Se Napoli sta male, Caserta non è stata meglio. Con un prefetto che ha chiuso un occhio – anzi tutti e due – sulle incredibili vicende dell’ospedale civile di Caserta, diretto dai clan. Tutto ok, secondo quella prefettura, le sue relazioni sgomberano il campo da ogni sospetto. Fino allo scioglimento dell’Asl decretato dalla magistratura, che ha finalmente sollevato il coperchio sulle connection tra affaristi, camici bianchi e guappi che dettavano legge in quella Asl di Terra di Lavoro. Prima ancora, a Caserta, l’era della Stasi. Non si trattava del servizio segreto ed Ddr, ma del parlamentare Pdl, di stretta osservanza cosentiniana, Maria Elena Stasi.
Torniamo ancora al Viminale, per un ultimo commento. “La tela del ragno dei prefetti è stata una strategia di perfetta matrice democristiana, quando ministri dell’Interno erano sempre dc. E per l’ultimo arco di tempo della prima repubblica, tutti regolarmente campani: Gava, Scotti, Mancino. Adesso, dopo le nomine di Cosentino, soffia il vento siciliano, con Angelino Alfano che in questi due anni ha costruito la sua ragnatela. Ma non si riesce a capire che quello dei prefetti è ormai uno strumento super sorpassato? Che non è più questa la strada per decidere le sorti di una città o per decretare lo scioglimento di un comune?”.
Tornando alla capitale per il fine tour, ricordate che il prefetto Giuseppe Pecoraro minimizzava i rischi di infiltrazione dei clan nel tessuto istituzionale capitolino? Mise in piedi un “osservatorio” per monitorare la situazione (e pare che oggi veda la luce – a buoi strausciti dalle stalle – un rapporto da centinaia di pagine). Forse per commentare meglio quello che il “Mondo di Mezzo” stava facendo da anni. Ma a sua insaputa.
7 novembre 2015
1 Comment
vorrei far presente che elena stasi e’ quella che firmo’ il certificato anitmafia della aversana petroli contro il parere della procura di santa maria capua a vetere e quella firma e’ costata a noi viareggini 32 vitttime innocenti dato che la aversana petroli era la beneficiaria del carico di gpl che devasto’ la nostra citta’ e con il beneplacido di trenitalia tutti promossi elena stasi, mauro moretti etc han solo provocato 32 vittime bisogna premiarli e dirgli grazie quando si dice la meritocarzia italiana