Foto: © Paolo Bassani
di Saverio Lodato
Le foto dei “mandanti”, i nomi dei “mandanti”, le malefatte dei “mandanti” , la logica che da sessant’anni in Italia ispira le azioni sconce dei “mandanti”, sono destinate a restare gelosamente custodite negli archivi del Potere? Non saranno mai svelate? Resteranno avvolte da nuvole nere di mistero? Prima di rispondere, proviamo a capovolgere la domanda, formulandola così: ma l’Italia vi sembra un paese disposto a fare i conti con il suo passato? Vi sembra che ci siano le condizioni per imprimere finalmente un’accelerazione definitiva a un’ “operazione verità” che dovrebbe essere di portata gigantesca, se non altro per il tempo che è passato all’insegna della cancellazione del sia pur piccolo brandello di memoria, per lo spiegamento di forze che per decenni si è specializzato nella sistematica demolizione di quell’ ansia di giustizia che a ondate ricorrenti sembrava voler fare la sua parte?
Ma guardatela la storia d’Italia. Con tutti i suoi nomi e tutte le sue lapidi.
Prendetevi l’elenco delle stragi e metteteci accanto quello dei processi durati decenni. Vi sentireste di dire che, alla fine, i colpevoli furono assicurati alla giustizia?
Prendete quello dei grandi delitti di Stato, in cui a morire erano sempre i servitori disinteressati, e confrontatelo con le sentenze passate in giudicato. Vi sentireste di dire che è possibile affermare con definitiva certezza quali furono gli assassini e perché fu armata la loro mano?
Prendete le svariate mafie presenti nel Paese e vedete se esista oggi una sola regione, dicasi una, una sola città, dicasi una, che siano immuni dal loro condizionamento.
Prendete i depistaggi, i misteri inestricabili, gli armadi zeppi di documenti che restavano chiusi, i documenti falsi spacciati per veri, le perquisizioni che si arrestavano davanti a un termosifone, le casseforti violate dalla manine misteriose, i diari e le agende delle vittime che è sempre stato impossibile ritrovare, le dichiarazioni degli uomini politici di tutte le stagioni della repubblica tanto in contrasto fra loro sugli stessi fatti da elidersi a vicenda, e chiedetevi se sia davvero azzardato affermare che la storia d’Italia è una storia prevalentemente criminale.
Chiedetevi in quale altro Paese nel mondo, la magistratura sia stata analogamente messa periodicamente sul bancone degli accusati, come accadde, accadeva e continua, ancora oggi, ad accadere in Italia. E chiedetevi anche quanti paesi stranieri, occidentali e orientali che siano, operano sul campo italiano con spiegamento di forze d’intelligence muovendosi come se fossero in casa propria. Metteteci pure il Vaticano, con la sua caterva di misteri, di scandali, di casi irrisolti, e avrete, alla fine, una pallidissima idea del perché l’Italia è quello che è.
Volere scoprire l’identità dei “mandanti” è, per definizione, un reato di lesa maestà. Sua Maestà Il Mandante, non appartiene, infatti, ai gradini bassi della piramide sociale, manifestandosi e crescendo a dismisura proprio all’ombra delle istituzioni e della politica. Bene che vada con la loro compiacenza, peggio se con la loro complicità, compiacenze e complicità che spesso hanno perfino sedotto il fior fiore dei capi di Stato.
Volere scoprire l’identità dei “mandanti” significa tradire aprioristicamente il campo del Potere, tout court. E il Potere – si sa- essendo dalla memoria lunga, sa essere cattivo e vendicativo.
Chi cerca i “mandanti” in Italia, non sappiamo dirla diversamente, viene visto alla stregua di un “figlio di NN”, e per ciò trattato di conseguenza, in quanto non si riconosce in nessuna di tutte quelle grandi “famiglie” italiane che sanno così bene garantire potere, carriera, successo, ricchezza, escort, impunità, condoni, prescrizioni, leggi su misura, comparsate televisive, ville “a propria insaputa”, latitanze facili, paginate di interviste, e tutto ciò che occorre alla bisogna, ai loro numerosissimi affiliati.
Insomma: chi cerca i “mandanti” non è altro che un bastardo che sputa nel piatto dove mangia, che si arroga il diritto presuntuoso di volere fare da solo, che pretende di cambiare regole del gioco che da secoli sono andate bene a tutti, che, in definitiva, non sa stare nel posto per cui è pagato.
La storia l’abbiamo raccontata così come la vediamo noi. E il racconto non ci pare che contenga forzature, semmai andrebbe arricchito con tantissimi altri esempi che per ragion di spazio siamo stati costretti a tralasciare.
Indipendentemente da come la pensate, vorrete convenire con noi che, se questo quadro ha un minimo di verosimiglianza, si spiega perfettamente il silenzio istituzionale, sordo – e sordido -, intorno alla figura di Nino Di Matteo il Pubblico Ministero che si è ritrovato a essere, di fronte agli occhi dell’opinione pubblica, il rappresentante di quella ricerca dei mandanti che acceca di odio i rappresentanti delle istituzioni?
E si spiega perfettamente anche il vento che arriva da Caltanissetta dove, nell’infruttuosa (almeno sino ad oggi) ricerca dei “mandanti” della strage di Via D’Amelio, è risuonata per l’ennesima volta la parola “archiviazione”.
In conclusione: cosa diremmo dell’ Italia?
Diremmo che l’Italia è un Paese per “mandanti”, iI Paese ideale per i “mandanti”.
Voi che ne pensate?
saverio.lodato@virgilio.it
10 Gennaio 2016