Caos totale attorno alla questione ucraina.
Tatiana Santi
La diplomazia internazionale si scalda e i Paesi occidentali gareggiano a fare la voce grossa contro la Russia, rea di difendere gli interessi dei propri connazionali in Crimea.
Per approfondire il tema ci siamo rivolti a Sergio Romano, editorialista del “Corriere della Sera” e di “Panorama”, scrittore e diplomatico, che dal 1985 al 1989 ha ricoperto il ruolo di Ambasciatore d’Italia a Mosca.
– Perché secondo Lei l’Unione Europea sembra essersi dimenticata dell’accordo firmato il 21 febbraio con Yanukovich, il quale prevedeva che l’opposizione rendesse le armi e sgomberasse la piazza?
– Credo che l’Europa sia imbarazzata, perché certamente ricorda che l’accordo fu concluso con Yanukovich. La signora Ashton ha pubblicato in alcuni giornali europei, fra cui il Corriere della Sera, un articolo subito dopo in cui dava la sensazione di capire che un eventuale accordo sull’Ucraina passa necessariamente attraverso un dialogo con la Russia. In altre parole, non ha voluto rievocare l’episodio di Yanukovich, però ha dato la sensazione che aveva perfettamente capito quali fossero i termini della questione.
Credo che anche la signora Merkel si stia muovendo nello stesso modo. Anche se non lo si dice esplicitamente, la convinzione che, se possibile, l’accordo si deve fare con la Russia mi pare sia abbastanza diffusa.
– Non ritiene gli Stati Uniti e l’Unione Europea, che oggi si stupiscono della reazione russa e la condannano, responsabili della situazione creatasi in Ucraina?
– Credo che abbiano commesso degli errori. La parola responsabilità la userei con una certa parsimonia, perché siamo tutti un po’ responsabili in politica internazionale. Anche la Russia ha commesso delle mosse non necessariamente delle più opportune.
A mio avviso in Europa ci si rende conto che forse certe dichiarazioni europee, minacce di sanzioni contro Yanukovich hanno finito per legittimare le reazioni della piazza. In altre parole l’Europa desiderava certamente con molta forza un accordo, ma quando sosteneva la piazza contro Yanukovich un po’ troppo esplicitamente, finiva per incoraggiare la piazza a respingere qualsiasi accordo pur di ottenere ancora di più. Questo è stato l’errore commesso dall’Unione Europea.
Putin con i suoi silenzi invece mi pare abbia scelto la via giusta. Non sono sicuro che abbia scelto una via altrettanto giusta con l’invio di truppe in Crimea. I suoi silenzi sono stati abbastanza opportuni e saggi.
– I leader del G7 annullano i preparativi per il G8 di Sochi previsto a giugno. Inoltre John Kerry minaccia l’isolamento politico di Mosca. Come commenterebbe la reazione dei leader del G7 e degli Stati Uniti?
– Ho l’impressione che l’Unione Europea e gli Stati Uniti in questo momento non siano tanto preoccupati per ciò che accade in Crimea, ma soprattutto per quello che potrebbe accadere in Ucraina. Io spero che siano degli ammonimenti dovuti al desiderio di apparire attivi di fronte alle proprie opinioni pubbliche. Tutti i governi hanno bisogno di dare alle loro società la sensazione che stanno controllando la vicenda con dinamismo ed energia.
Misure inopportune se ne contano parecchie in questa vicenda. A me per esempio non è piaciuta la decisione della Camera russa di autorizzare la forza, non era necessaria. È stata anche quella una misura declamatoria. Le misure di questo tipo non sono mai opportune nella politica internazionale.
– Sulla crisi ucraina è intervenuto anche il governo italiano. Come commenterebbe la posizione presa dall’Italia?
– L’Italia è sempre stata in questa vicenda piuttosto riservata. Naturalmente avevamo i nostri problemi interni e questo impediva di assumere posizioni internazionali forti. Era evidente ancora all’epoca del precedente ministro degli Esteri Bonino, che l’Italia considerava una linea più prudente. Non mi è sembrata mai d’accordo con le posizioni più radicali della Polonia. La posizione italiana è più forte, perché è sostanzialmente molto simile a quella della signora Merkel. Ci sono almeno due paesi dell’area europea che non vogliono rendere le relazioni con la Russia più difficili.
– Quali sono secondo lei i possibili scenari futuri della questione ucraina?
– È necessario che a Kiev si chiarisca la situazione. Se a Kiev continuano a parlare in termini di nazionalismo frustrato, questo non facilita la soluzione del problema. L’interesse generale è l’integrità territoriale dell’Ucraina. La Russia deve avere il diritto di conservare una posizione speciale in Crimea e occorre mettersi attorno al tavolo e lavorare alla soluzione dei problemi finanziari dell’Ucraina. Alla fine della vicenda resteremo con il problema vero nelle nostre mani: quello dei 40 o 50 miliardi di dollari necessari per fare uscire l’Ucraina dalla crisi. Prima ci si rende conto a Kiev del vero problema, più sarà facile raggiungere la soluzione. Parlare di denaro ora non è possibile. Il giorno in cui ci fosse un governo saremo costretti a parlarne, non soltanto nell’interesse dell’Ucraina, ma anche nell’interesse dell’Unione Europea e della Russia. Alla fine anche il Fondo Monetario Internazionale non può rimanere insensibile di fronte ad un paese in bancarotta.
3 marzo 2014,