Fatima da Silva
(foto) Brasilia, palazzo del Congresso nazionale. La furia devastante dei bolsonaristi durante il tentato golpe
Il neopresidente e la maggioranza del Paese hanno subito reagito al tentato golpe, e c’è piena unità nelle istituzioni. Ma la situazione è ancora delicata per iI rapporto con le Forze Armate e la martellante propaganda della destra eversiva attraverso i social. Il 24 gennaio attese le dimissioni di 8.000 militari da posizioni apicali nell’amministrazione, il destino dell’Amazzonia determinante nelle relazioni internazionali
L’8 gennaio 2023, una settimana dopo l’insediamento del nuovo presidente della Repubblica Federale del Brasile, Luís Inácio Lula de Silva, la capitale del Paese ha vissuto scene di terrore: militanti di estrema destra, sostenitori dell’ex presidente Jair Bolsonaro, scontenti della sconfitta alle elezioni del 2022, hanno occupato il centro del potere della città e invaso le sedi del potere legislativo (Congresso Nazionale), esecutivo (Palazzo Planalto) e giudiziario (Corte Suprema).
Il vandalismo dell’invasione e l’uso di tecniche terroristiche hanno lasciato un vero e proprio scenario di guerra all’interno di quegli enti pubblici, senza toccare vite umane perché il giorno dell’azione era una domenica, e funzionari e agenti pubblici non erano al lavoro.
In una pronta risposta, il governo appena eletto, ancora in fase di composizione e nomina ufficiale dei gruppi di lavoro, ha deciso di promuovere un intervento nell’area della sicurezza pubblica del Distretto Federale (DF), un’unità della Federazione brasiliana che ospita la città di Brasilia, secondo una norma prevista dalla Costituzione. Il provvedimento, già ratificato dalla Camera dei Deputati (il 09/01) e dal Senato della Repubblica (il 10/01), aveva lo scopo di controllare le forze di sicurezza cittadine, appunto costituzionalmente responsabili del controllo esteso della capitale, e che hanno mostrato la loro connivenza con le azioni di terrore e vandalismo promosse.
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In continuità con la misura governativa, la Corte Suprema Federale ha deciso la rimozione e l’incarcerazione del segretario alla sicurezza pubblica del DF (ex ministro della Giustizia del governo Bolsonaro) e del governatore della città (anch’egli alleato dell’ex presidente). Per altri funzionari pubblici che in quella tragica domenica hanno partecipato alle azioni o sono ritenuti responsabili di omissioni è scattato lo stato di fermo, come per lo stesso comandante generale della Polizia militare del DF. Le disposizioni sono state adottate per garantire la sicurezza della sede e dei funzionari pubblici dei Tre Poteri della Repubblica.
Le azioni di vandalismo e terrorismo dell’8 gennaio indicano, in qualche modo, una mancanza di controllo delle forze di sicurezza del Paese che coinvolge anche le Forze Armate. Questi settori hanno sempre avuto un’adesione molto esplicita al progetto di potere imbracciato dall’ex presidente Bolsonaro.
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La Procura Generale (PGR) ha presentato denuncia alla Corte Suprema (STF) contro 39 persone accusate di aver partecipato agli atti antidemocratici dell’8 gennaio. Con il documento, il sostituto procuratore generale della Repubblica Carlos Frederico Santos chiede la condanna di quanti hanno invaso il Senato e la detenzione preventiva di tutte le persone coinvolte. Ha inoltre richiesto il blocco di beni per un valore di 40 milioni di reais per riparare i danni causati dalla depredazione.
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Il sostituto procuratore difende anche il decreto relativo alle misure cautelari contro gli imputati, come il divieto di lasciare il Paese senza autorizzazione giudiziaria, nonché il mantenimento dei post sui social network che dimostrano la partecipazione degli imputati agli atti.
Commentando gli atti di violenza dell’8 gennaio, Paulo Pimenta (ministro capo della Segreteria per la Comunicazione della Presidenza) ha sottolineato che la risposta della società è stata molto forte. “Se è possibile dire che c’è un bilancio positivo in tutto questo è che penso che la democrazia ne esca rafforzata”. Tuttavia, la situazione richiede ancora una certa cautela, anche perché l’impulso di questi settori molto radicalizzati della società non accenna a diminuire, e dunque rende necessaria e permanente la vigilanza del nuovo governo.
La pronta risposta del Presidente Luiz Inácio Lula da Silva (Partido dos Trabalhadores, in sigla PT)) contro i sediziosi e la dura reazione del ministro della Corte Suprema (STF) Alexandre de Moraes hanno contenuto l’escalation golpista.
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Un sondaggio pubblicato dall’agenzia Ipec mostra che il 54% dei brasiliani si fida dell’uomo del PT. D’altra parte, il 41% delle persone consultate ha dichiarato di non fidarsi di lui e il 4% non ha risposto o non ha espresso un parere. La maggior parte di coloro che ripongono fiducia nel presidente Lula sono uomini (59%), hanno più di 60 anni (63%), hanno un’istruzione primaria (65%) e vivono nel Nord-Est (77%). La percentuale di coloro che non si fidano è più alta tra le donne (45%). Si tratta di giovani brasiliane tra i 25 e i 34 anni (46%), con un’istruzione superiore (49%) e residenti nella regione meridionale (53%). Il dato più positivo è che il 55% degli intervistati ritiene che il governo di Lula sarà buono o eccellente. Per il 21% sarà cattivo o terribile. Coloro che ritengono che l’amministrazione sarà regolare sono il 18%. Questa aspettativa non può essere frustrata.
La risposta del presidente Lula alla tentata eversione ha portato a un’immediata unità tutte le istituzioni brasiliane. Ciò contribuirebbe a isolare politicamente Bolsonaro e a rafforzare la figura politica di Lula, dimostratosi abile nel gestire la crisi.
Ma sarebbe un errore confondere l’isolamento di Bolsonaro con quello dell’estrema destra. Nelle reti social, il dispositivo predisposto per manipolare l’opinione pubblica e coordinare le azioni bolsonariste permane, nonostante tutte le misure adottate finora contro i propagatori di fake news e i finanziatori di quanto accaduto domenica. Le narrazioni costruite nelle reti bolsonariste attribuiscono la depredazione del Palazzo del Planalto, del Congresso e del STF a comuni provocatori, scollegandoli da Bolsonaro, che si è recato a Miami proprio perché ciò fosse possibile, e insistono sulla tesi dei brogli elettorali.
Ora una delle maggiori sfide di Lula è quella di allontanare i golpisti senza affrontare i legalisti e le Forze Armate.
Due variabili sono state decisive per dissuadere l’ex presidente Jair Bolsonaro dal firmare il decreto di “stato di emergenza” contro il Tribunale elettorale supremo (TSE). La prima è stata la presa di posizione pubblica dei presidenti degli Stati Uniti, Joe Biden, e della Francia, Emmanuel Macron, contro qualsiasi tentativo di colpo di Stato. I militari brasiliani sono sensibili alle relazioni internazionali, perché sono studiosi di geopolitica e sanno che il governo Bolsonaro diventerà una minaccia per il mondo, a causa della questione della deforestazione dell’Amazzonia e della vicinanza di Bolsonaro al presidente russo, Vladimir Putin. La seconda variabile è stata l’unione dei tre poteri – esecutivo, legislativo e giudiziario – per ripudiare il vandalismo e difendere la democrazia.
Dal punto di vista della legittimità, il governo Lula è protetto. Tuttavia, la governance e la governabilità sono ancora un “compito a casa”.
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E dipenderanno dalla competenza dei ministri, dalle loro iniziative in uno scenario di risorse scarse che richiede creatività e azioni ad alto impatto e a basso costo. I titolari dei diversi portafogli, soprattutto quelli di nuova creazione, stanno ancora mettendo in ordine i loro cassetti; attendono le dimissioni dei membri della squadra di Bolsonaro, tra cui 8.000 militari in posizione di comando, previste per il prossimo 24 gennaio.
Fatima da Silva, segretaria generale CNTE/CUT, la Confederação Nacional dos Trabalhadores em Educação (confederazione nazionale dei sindacati dell’istruzione) e Central Única dos Trabalhadores (la principale confederazione sindacale nazionale dei lavoratori)
19 Gennaio 2023